La guera del cordone ombelicale

Aumentano le donazioni alle "banche" private, polemica sulle nuove norme del governo

Difficile resistere alla promessa di mettere in banca la salute di un figlio, lasciargli in eredità i mattoni per ricostruire qualsiasi organo e blindare il suo futuro, conservando quelle cellule staminali che promettono di curare ogni malattia. Ecco allora che a colpi di brochure e marketing vola il business dei laboratori privati che conservano il sangue del cordone ombelicale (che di staminali è ricco), mentre le strutture pubbliche restano al palo.

E se la legge vieta che le banche private sorgano sul suolo italiano, prosperano nel nostro paese le società di intermediazione che si occupano di affittare un posto in una struttura straniera. L’ultima occasione di polemica è la nuova ordinanza del ministero della Salute, che reitera la possibilità di spedire all’estero il sangue del cordone ombelicale. Solo nelle banche private straniere è possibile infatti avere la garanzia che il sangue donato verrà usato esclusivamente per il proprio figlio. Nelle strutture pubbliche (18 nel nostro paese) la sacca di cellule staminali sarà messa a disposizione di chi ne ha bisogno e più si avvicina ai criteri di compatibilità per il trapianto. Una "donazione solidaristica" che non sembra godere di grande favore nel nostro paese. Su 560mila bambini che nascono ogni anno in Italia, 2.623 coppie di genitori nel 2007 hanno deciso di destinare il cordone a una banca pubblica. Sui dati delle private non c’è altrettanta certezza. «Al ministero della Salute spiega Simonetta Pupella del Centro nazionale sangue – arrivano circa 700 richieste al mese per il trasferimento delle sacche all’estero.

E il ministero non ha particolari motivi per rifiutare. Rispetto agli anni precedenti, l’andamento è sicuramente in aumento». La donazione autologa (cioè riservata al proprio bambino) passa spesso attraverso aziende di intermediazione che si occupano di spedire le sacche all’estero. Il costo iniziale oscilla intorno ai 1000-2000 euro, cui si aggiunge una quota annuale di I00-200 euro. In alcuni casi, come a San Marino, i genitori stipulano il contratto direttamente con la banca. «I soldi comprano ogni cosa commenta amara Carolina Sciomer, presidentessa dell’Adisco, Associazione donatrici italiane di sangue di cordone ombelicale. «Siamo al punto in cui i nonni regalano ai nipoti il sangue del cordone invece della catenina». A giustificare la delusione dei "donatori solidali "ci sono le indicazioni delle società scientifiche internazionali. «Tutte le associazioni di medici sono contrarie a questo tipo di scelta» spiega William Arcese che insegna ematologia all’università di Tor Vergata e dirige l’unità di trapianto delle cellule staminali nel Policlinico romano. «Dei cordoni donati, solo il 35-40% supera i controlli di qualità.

E solo il 3% delle sacche congelate viene usato per un trapianto nei 10 anni successivi. I genitori in caso di bisogno hanno il 97% delle probabilità di ritrovare le staminali del figlio». Queste cellule sono utilizzabili per curare le malattie del sangue di tipo neoplastico. «Tutte le promesse che fanno leva sul futuro della scienza – sostiene Arcese – sono pure strategie di marketing». All’aggressività dei privati, il sistema sanitario pubblico non oppone dati lusinghieri. «Non rubiamo spazio alla solidarietà. Semplicemente, riceviamo donazioni di cordoni che finirebbero per essere buttati» spiega Giuseppe Mucci, amministratore delegato del Bioscience Institute di San Marino (non una società di intermediazione, ma una banca vera e propria). Gli ospedali dove è possibile raccogliere il sangue del cordone sono solo 200 in Italia. Le banche pubbliche non coprono neanche tutte le regioni. E la Lombardia a fine febbraio ha lanciato una campagna per cercare di aumentare le donazioni alle strutture pubbliche.

«La conservazione autologa – dichiarò in quell’occasione l’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia – costa e non ha un’efficacia dimostrata. Illudere così la gente è un reato».