Le trombe stonate del giudizio

Luigi Montevecchi

Corte di CassazioneUna sentenza della Cassazione mette in discussione il diritto del paziente a rifiutare le cure. E contraddice quanto già espresso dalla stessa Corte
Il Nuovo testamento e il Libro dell’apocalisse non c’entrano: le trombe sono quelle di Falloppio, e il giudizio non è quello divino, ma della Corte di cassazione penale.

La vicenda si riferisce al caso della signora R.M. che subì l’asportazione di una tuba per via laparoscopica, senza averne dato esplicita autorizzazione al chirurgo. I giudici hanno depositato la sentenza in cui hanno escluso la rilevanza penale della condotta del medico che sottoponga a intervento un individuo senza il consenso dell’avente diritto, «nel caso in cui l’intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto». La decisione della Corte nasce dopo un conflitto di giurisprudenza sollevato dalla IV sezione penale della stessa Cassazione, con il quesito «se abbia o meno rilevanza penale la condotta del sanitario che in assenza di consenso informato del paziente sottoponga il medesimo a un trattamento chirurgico nel rispetto delle "regole dell’arte" e con esito fausto». Con la sentenza 438/08 la Corte aveva infatti puntualizzato che il «consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura come vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi ne- gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione».

In un’altra recente sentenza (45126/08) la IV sezione penale della Corte di cassazione affermava: «… la mancanza del consenso del paziente o l’invalidità del consenso determinano l’arbitrarietà del trattamento medico chirurgico e, quindi, la sua rilevanza penale, in quanto compiuto in violazione della sfera personale del soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul proprio corpo». Come esce dunque la Corte da questa contraddizione? Leggendo la sentenza si comprende come le motivazioni dell’annullamento vertono su alcune considerazioni più condivisibili (quando si afferma che il ricorso al presidio penale debba essere considerato una extrema ratio) altre meno, quando si sostiene l’autolegittimazione dell’atto medico in quanto tale, perché socialmente e giuridicamente tutelato per agire in favore del miglioramento della salute dei cittadini (non considerando che il presupposto è valido in presenza di un esplicito consenso dell’avente diritto, e non solo in mancanza di un esplicito dissenso). Al medico, si legge nella sentenza 45126/08 della Cassazione «non è attribuibile un generale diritto di curare»; se si prescindesse da questa considerazione «non avrebbe alcun rilievo la volontà del- l’ammalato, che si troverebbe in una posizione di soggezione su cui il medico potrebbe ad libitum intervenire, con il solo limite della propria coscienza».

Se così non fosse si potrebbe – a solo titolo di esempio – approfittare di un banale intervento di appendicectomia per sottoporre un paziente obeso a una restrizione gastrica con associato by pass duodeno-digiunale per il trattamento chirurgico della sua patologia, senza chiedergli l’autorizzazione e senza il rischio di essere condannati penalmente, a patto di aver eseguito correttamente l’operazione. Seguendo tale orientamento giurisprudenziale sembra delinearsi il rischio che possa progressivamente indebolirsi l’autonomia decisionale del cittadino, sempre più esposto alle finalità terapeutiche altrui, espresse ora dal medico, ora dallo Stato, oppure dai dettami di una confessione religiosa non condivisa. È importante riflettere su tale rischio, per non vanificare le richieste e gli sforzi di chi, in Italia, vorrebbe finalmente una legge moderna e rispettosa delle esigenze di tutti i cittadini sulle disposizioni anticipate di trattamento. E chissà che – se dovesse prevalere il silenzio e la disinformazione – qualcuno non ci riesca.

Luigi Montevecchi
Medico chirurgo e consigliere dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica