“Mia sorella Oriana morta d’eutanasia” – Gli ultimi giorni della Fallaci

di Francesco Olivo

52337-1208509328-6-l(Immagine fornita da Flickr)

Paola: "Fu lei a chiederci di farla finita"  La replica dell’ospedale: "Una falsità"    Torino – «Oriana è morta  con l’eutanasia».  Ne è sicura  Paola Fallaci,  sorella della giornalista scomparsa due  anni fa. Lo dice senza giri  di parole in un’intervista a  Sky Tg24 e lo conferma alla  Stampa: «Tornò a Firenze  per morire, era uno scheletro,  in barella. A New York  le avevano fatto delle radiazioni  tremende. Soffriva  molto e ha chiesto un’iniezione  di morfina, sapendo  benissimo che non si sarebbe  più risvegliata, lo sapevano  anche alla clinica». Paola Fallaci dice la  sua anche su «Un cappello  pieno di ciliege» il libro postumo,  uscito da pochi  giorni: «Non doveva essere  pubblicato, è incompleto  manca la parte relativa  al Novecento, quella alla  quale lei teneva di più».  L’accusa è diretta al figlio   Edoardo Perazzi, nipote  prediletto ed erede unico  di Oriana: «Quando i parenti  di un grande artista  hanno in mano il manoscritto  non resistono alla  tentazione di guadagnarci  un sacco di soldi».   

Tesi che viene smentita  da Gianni Vallardi, l’uomo  che seguì la Fallaci per la  Rizzoli: «Oriana voleva che  fosse pubblicato. Prima di  morire mi disse "del libro  fate quello che volete", capisco  lo stato d’animo di Paola,  ma sono sicuro di quello  che dico».   Si commuove Paola Fallaci  quando ricorda gli ultimi  giorni della sorella: «In  clinica le chiedemmo se  avesse voluto un’iniezione  per porre fine a quelle sofferenze,  lei rispose con un filo  di voce, "no! Voglio continuare  guardare dalla finestra  il campanile di Giotto".  Poi però il dolore si fece insopportabile, il campanile  non riusciva più a vederlo,  così ci implorò: "fate qualcosa,  aiutatemi"».

Quell’aiuto,  secondo Paola, era  la morfina, che le fu somministrata  in dosi tali da mandarla  in stato di incoscienza,  «questa si chiama in un  solo modo: eutanasia».   Eppure contro la pratica  della «dolce morte» la  Fallaci si era scagliata duramente.  Commentando  il caso di Terry Schiavo  aveva parlato di «giudici  becchini». «É vero – spiega  la sorella – era contraria,  ma a differenza della  ragazza americana, lei  era lucida quando chiese  di farla finita»   La famiglia Fallaci è piena  di esperienze di questo  tipo: «Mia madre era malata  terminale di cancro, fu  proprio Oriana a chiedere  di fare l’iniezione di morfina  e dopo qualche giorno  spirò in stato di incoscienza.  

Lo stesso avvenne con il  nostro babbo. Anche io ho il  cancro, e quando sarà il momento  farò la stessa scelta».   Il rapporto con la sorella  è stato travagliato e affettuoso  fino all’ultimo, «un giorno  Oriana mi disse, "Paola, ho  un tumore al   cervello accompagnami  a New  York". Io non   me la sentii, intanto  perché,  anche se lei non   lo sapeva, io stessa avevo il  cancro, e poi perché temevo  che con il suo caratteraccio  mi avrebbe cacciata di casa  e mi sarei trovata in mezzo  alla strada. Lei si offese tremendamente».  

Ad assisterla  furono mandati degli infermieri,  che subirono trattamenti  poco amichevoli, «non  li prese a calci solo perché   era troppo debole.  In effetti  stava malissimo,  il console  italiano, che  era andata a visitarla,  la trovò a terra in fondo alle scale».  Le rivelazioni di Paola Fallaci  sulla morte della sorella  vengono smentite dalla direzione  della clinica Santa  Chiara di Firenze, dove la  scrittrice fu ricoverata: «É  vero: chiese di non soffrire  più, ma non si è assolutamente  fatto ricorso all’eutanasia  – spiega Francesco Matera,  amministratore delegato dell’istituto  -, ricordo perfettamente  quelle ore drammatiche,  le abbiamo somministrato  dei farmaci per alleviare il  dolore, come la morfina o altri  antidolorifici, nei casi dei  malati terminali è una pratica  normalissima».   (Ha collaborato  Gianpiero Calapà)

Leggi le dichiarazioni del dott. Viale (Consigliere Generale Ass. Coscioni) in riferimento a questo articolo