Rassegna stampa -“Intervista a Paolo Ravasin”

HA LA SCLEROSI, RIFIUTA I RICOVERI «I MEDICI MI LASCERANNO MORIRE»
Immobile da quattro anni: «Accettano le mie volontà»

TREVISO – Paolo Ravasin nella sua stanza della casa di cura di Monastier riceve l’eucarestia da una suora laica. Nel cassetto del comodino tiene «In nome di Dio» di David Yallop, libro che parla della misteriosa fine di Papa Luciani. E’ consapevole che nei letti come il suo si intersecano i temi della morte, del rapporto con la religione e con le leggi dello Stato.
Combatte sdraiato, immobile dal 2004, la battaglia contro la sclerosi laterale amiotrofica che da dieci anni sta divorando il suo corpo, ma anche contro l’accanimento terapeutico. «Lasciatemi scegliere come morire».
Si è sottoposto ad un intervento di tracheotomia grazie al quale è attaccato ad un macchinario che gli permette di respirare; senza di questo,morirebbe nel giro di pochi minuti. Dopo la candidatura alle scorse amministrative trevigiane con la lista civica di Giampaolo Sbarra, il 48enne di Ponte di Piave fa sentire le sue parole che rimbombano forte, come quelle di PiergiorgioWelby e Luca Coscioni prima di lui. E da qualche giorno, come quelle del padre di Eluana Englaro.
Ravasin, cosa chiede in questo momento?
«Chiedo il rispetto della volontà dei malati da parte dello Stato e del Vaticano. Meritiamo più considerazione».
Sotto quali punti di vista?
 «Prima di tutto, per quanto riguarda la libertà. Ci tengono attaccati a questi macchinari costosissimi sui quali ci guadagnano anche, quando vorremmo solo poter scegliere liberamente su quello che ci rimane da vivere. Ma chiedo più attenzione anche per quel che riguarda l’assistenza. Troppo spesso accade che non ci sia sufficiente preparazione da parte del personale per i casi come ilmio; nella casa cura dove mi trovavo in precedenza il respiratore si era spento 18 volte in due anni, dovevo spiegare io agli infermieri cosa dovevano fare per accudirmi. Non è accettabile ».
 Qual è il suo rapporto con la Chiesa?
 «Io ho bisogno della misericordia di Gesù, non di quella del Vaticano. Sono comunque un cattolico praticante».
 Per lei è già stato steso un testamento biologico nel quale rifiuta l’alimentazione, la respirazione forzata e l’ idratazione artificiale quando le sue condizioni di salute peggioreranno. Sembra determinato nella sua lotta.
 «Sì. Quando sarà il momento, vorrei che venissero staccati i macchinari che mi tengono in vita. Vorrei spegnermi serenamente come Piergiorgio Welby, perché la fine che mi aspetta è quella di morire di fame e di dolore».
 Ha chiesto ai medici della casa di cura che rispettino la sua volontà. Cosa le hanno risposto?
 «Di sì, c’è un accordo. E adesso sono in attesa di girare un video nel quale leggo le mie richieste, per avere un documento più tangibile. E’ da mesi che aspetto di poter fare quel video».
 Nel frattempo rifiuta le cure per altri problemi di salute.
 «Poco tempo fa ho avuto una grave broncopolmonite, ma ho rifiutato il ricovero: sapevo che facendo questa scelta sarei potuto andare incontro alla morte. I medici hanno rispettato la mia decisione».
 L’associazione Luca Coscioni a Treviso e Venezia sollecita i politici affinché si legiferi per la validità del testamento biologico.
 «Sarebbe un piccolo passo in avanti. Noi malati meritiamo più rispetto. Loro sono le persone di cui mi fido».
 In questi giorni l’attenzione dei media è concentrata sul caso di Eluana Englaro, che pur essendo differente presenta delle analogie con il suo.
 «Molti quando parlano di noi ribadiscono l’importanza della vita. Vorrei spiegare a loro che questa non è vita, che noi malati non siamo liberi».