“Fine di una lunga tortura”. “No, un omicidio”.

ROMA – C’è chi la definisce «La fine di una lunga tortura, di un calvario» e chi invece la bolla come un «omicidio autorizzato». Chi un’invasione di campo dei giudici, chi una sentenza giusta che copre un vuoto legislativo. 
Sul corpo di Eluana si divide ancora una volta l’Italia, su quella morte chiesta dai genitori disperati dopo anni di coma senza speranza seguendole indicazioni date dalla figlia in gioventù, si riapre il dibattito sui temi etici. Torna la polemica sul diritto di ogni essere umano a scegliere se e quando smettere di vivere, nutrirsi e di curarsi, sul testamento biologico, la possibilità di lasciare scritte le proprie volontà se un giorno non si sarà in grado di dire il proprio volere. Torna per voce dei Radicali, dei senatori Pd Anna Finocchiaro e Ignazio Marino la richiesta di una legge sul testamento biologico, perché non siano i giudici come accade oggi a dover decidere sul destino dei cittadini, ma loro stessi. Mentre i cattolici insistono: «Interrompere la vita non è mai potere dell’uomo».
Si divide l’Italia, ma si spacca anche l’opposizione tra ala cattolica e laica. I partiti di governo a file serrate condannano infatti senza mezzi termini la sentenza che autorizza a sospendere l’alimentazione forzata con una sonda senza la quale Eluana sarebbe morta da anni e il Vaticano la bolla come »gravissima perché interrompere la vita non è mai in potere dell’uomo e il dovere della società civile è di assistere i più deboli».
E questa linea è seguita dagli esponenti cattolici di entrambi gli schieramenti visto che l’Udc parla «forse di fine di un calvario, forse di un omicidio autorizzato» e la teodem Pd Baio che insiste «quella di Englaro è comunque una vita» mentre la forzista Bertolini la giudica «una decisione abnorme, un pericolosissimo precedente». D’accordo il ministro democristiano Rotondi: «Si comincia con la morte dolce e si finisce al suicidio assistito».
Chi invece conosce il dolore di vedere il proprio compagno chiedere la morte inchiodato ad un letto dalla malattia, e lo ha seguito nelle sue scelte, è di tutto altro avviso. «Giustizia è fatta», dice Mina Welby, «ora ci vuole una legge sul testamento biologico».
Idea che riunisce le due anime del Pd. «Il padre di Eluana ha lottato per sedici anni per rispettare le volontà della figlia. Questa è una sentenza rigorosa che pone fine ad un vero e proprio calvario, ma testimonia la carenza di una legislazione che regoli la materia nel nostro paese», dice Ignazio Marino. «É chiaro che la lunga lotta di un padre oggi porta all’affermazione della civiltà giuridica umana e civile», ha commentato lo storico leader radicale Pannella.