Sceglie la morte con il permesso del giudice

di Franco Giubilei
Diceva: «Dio mi prenderà quando lo vorrà». La fine è arrivata senza accanimenti, senza che le praticassero una tracheotomia che le avrebbe permesso di continuare a respirare quando il suo corpo da solo non cela faceva più.
Vincenza Santoro Galani, 70 anni, è morta in un letto dell’Ospedale Baggiovara di Modena. Era malata di Sla, la sclerosi laterale amiotrofica che divora i muscoli lasciando intatto il cervello. E’ morta come aveva chiesto, primo caso in Italia di chi ottiene di lasciare questa vita avvalendosi della possibilità si rifiutare una terapia che prolunghi la sofferenza.
Tutto è stato fatto secondo le regole, seguendo la volontà e le disposizioni di una donna molto credente che però rifiutava l’idea di continuare a vivere grazie a un respiratore artificiale, perché è così che sarebbe finita se fosse stata sottoposta a tracheotomia.
I polmoni non ce l’avrebbero fatta a pompare l’aria, e lei questa possibilità l’aveva ben presente, tanto che già un mese fa aveva nominato un «amministratore di sostegno», cioè qualcuno che viene scelto dalla paziente in previsione della perdita delle sue facoltà, o della futura incapacità nel comunicare le proprie intenzioni.
Una figura prevista da una legge del 2004 che la signora, originaria di Foggia ma residente a Sassuolo, ha identificato nel marito, Nicastro Galani.
E’ stato lui a farsi portavoce della volontà della moglie, a esprimere la sua determinazione a negare il consenso ai medici riguardo all’uso di terapie invasive.
E così è stato: dal letto dove la donna era immobilizzata dalla Sla la sua richiesta è arrivata tramite il marito al giudice tutelare del tribunale di Modena, Guido Stanzani. Il magistrato si è recato in ospedale a parlare con la paziente quando lei era ancora in grado di parlare, le ha rivolto domande precise e ha avuto risposte altrettanto precise: la donna non voleva essere sottoposta a tracheotomia quando la malattia le avrebbe impedito di respirare.
Il giudice ne ha preso atto e il 13 maggio ha accolto la richiesta, raccomandando allo stesso tempo ai medici «la massima attenzione effettuando le cure palliative più efficaci al fine di diminuire le sofferenze». Nel reparto di Neurologia dell’Ospedale di Baggiovara si è creata, fra i familiari e il personale sanitario, un clima particolare di solidarietà e attenzione. Marito e figli le sono stati vicini, con discrezione sono tornati a domandarle se fosse ancora convinta della sua scelta, ma la signora Galani è rimasta ferma nel convincimento: quello che voleva assolutamente evitare, lei che era una cattolica convinta, era che la si tenesse viva con una macchina. Rifiutava anche il sondino, diceva che la vita finisce quando è Dio a volerlo.
La strada della malattia d’altra parte non lasciava spazio a speranze di sorta: la sclerosi laterale amiotrofica distrugge progressivamente i tessuti muscolari, risparmiando però il cervello, che rimane vigile e lucido.
L’insufficienza respiratoria diventa una conseguenza inevitabile, di qui la necessità del ricorso a una tracheotomia per portare ossigeno all’organismo. La ventilazione invece sarebbe stata assicurata da un polmone artificiale.
A tutto questo Vincenza ha detto no, lo ha fatto col marito e lo ha ripetuto al magistrato, che ha detto sì. Una decisione, quella del giudice, contestata dalle parlamentari Baio e Binetti del Pd. Dicono: «Se c’era già questa norma è stato del tutto inutile che il Senato abbia affrontato con serietà la questione del testamento biologico per ben due anni.
E’ una legge che contempla l’amministratore di sostegno quale istituto pubblico di cura per provvedere agli interessi di chi non ha la piena capacità di intendere e di volere. Ma è cosa ben diversa dal decidere sulla vita o sulla morte di una persona».