Il dramma di Davide

di Carlo Stragaprede
BARI. Sembra un paradosso. Mentre la giustizia minorile barese sospende la patria potestà ai genitori di Davide (gli diamo un nome di fantasia), il neonato di un mese affetto da una grave malattia, il papà e la mamma, una coppia di Foggia, traslocano a Bari. Dove hanno trovato un tetto provvisorio.
Merito di un’associazione di volontariato, l’Agebeo (Associazione bambini malati di leucemia) che ha messo a disposizione la sua casa alloggio. «Ci trasferiremo a Bari nel fine settimana – racconta il papà, 37 anni, operaio metalmeccanico -, il tempo di raccogliere le cose necessarie, essenziali, in qualche valigia. Non possiamo continuare a fare sue giù, Foggia-Bari e Bari-Foggia, duecentosessanta chilometri al giorno. A Bari abbiamo conosciuto i rappresentanti dell’Agebeo, che opera nel quartiere Libertà dì Bari. Sono persone eccezionali. dal cuore grande. Potremo così stare più vicini a Davide».
Nell’attesa che i giudici del Tribunale per i minorenni decidano sulla istanza, presentata dall’avvocato foggiano Michele Vaira, e finalizzata al ripristino della potestà genitoriale – il verdetto potrebbe essere emesso fra oggi e lunedì, secondo le previsioni, il papà e la mamma, vengono a Bari tutti i giorni. Precisamente nell’ospedale pediatrico «Giovanni XXIII». Non è facile questo andirivieni, con altri due bambini.
Intorno alle 11 del mattino, salgono al primo piano del nosocomio di via Amendola e stanno seduti accanto all’incubatrice dove Davide, monitorato costantemente, viene sottoposto alla dialisi. Aspettano notizie dal professor Tommaso Depalo, primario di Nefrologia.
Racconta, ancora, il padre: «Il professor Depalo e la sua équipe sono molto preparati e hanno tanta umanità. La situazione di mio figlio, lo sappiamo, è molto seria. Navighiamo a vista, contiamo i giorni, persino le ore. Oggi (ieri per chi legge, ndr) la situazione clinica è stabile, ci hanno detto nel pomeriggio, prima che rientrassimo a Foggia. Domani – conclude il papà – vedremo».
Intanto la battaglia legale continua. Davide è nato il 28 aprile scorso a Foggia, affetto dalla sindrome di Potter, cioè senza reni, con i piedi storti e con gli ureteri e la vescica assenti o poco sviluppati. Ai suoi genitori il Tribunale per i minorenni di Bari ha sospeso la potestà perché non avrebbero deciso in tempi rapidi se dare o meno l’assenso a sottoporre il piccolo a dialisi, come indicato dai medici.
I genitori hanno presentato una istanza per riottenere la potestà. Ieri mattina l’udienza. Davide è stato trasferito a Bari, poco dopo la nascita, su decisione del primario di Neonatologia dell’ospedale di Foggia, al quale il neonato è stato affidato dal Tribunale minorile dopo la sospensione della potestà genitoriale.
All’inizio i medici di Foggia avevano detto ai genitori che Davide non aveva speranza. Poi però era arrivato il contrordine, con la richiesta di sottoporlo a dialisi. Di fronte a un presunto tentennamento dei genitori, nel giro di poche ore era arrivato il provvedimento del Tribunale. Che i genitori considerano un’ingiustizia profonda: «Da parte nostra – chiariscono non c`è stato alcun tentennamento. Aspettiamo fiduciosi il nuovo provvedimento».

 

IL FRONTE ETICO – Per il comitato etico del «Giovanni XXIII», riunitosi il 21 maggio, non si tratta di accanimento terapeutico. Uno zio del piccolo, Antonio Vigilante, sottolinea però che i medici avrebbero ogni giorno difficoltà a individuare l`arteria attraverso la quale praticare la dialisi, e che alla riunione del comitato etico non è stato consentito di partecipare ai genitori di Davide. Al loro posto c’era il tutore.
Contro la sospensione della potestà genitoriale è stata avviata anche una petizione on fine che è stata firmata, tra gli altri, da Mina Melby, vedova di Piergiorgio.

«NESSUN TENTENNAMENTO» – Conclude il papà di Davide: «Non abbiamo affatto tentennato. Avevamo chiesto solo un pò di tempo per poterci informare, per telefonare al primario del "Bambin Gesù" di Roma, dove ci avevano detto che sarebbe stato trasferito Davide, e capire se era giusto sottoporlo a un dolore inutile. Poi hanno deciso altri al posto nostro».