E’ senza reni, tolto ai genitori per curarlo

di Mariolina Iossa
ROMA – Ha solo un mese, è nato a Foggia il 28 aprile. Ma la sua vita è segnata. Ha la sindrome di Potter il piccolo Davide, è senza reni e ureteri, vescica poco sviluppata, malformazioni polmonari. Quei pochissimi che sopravvivono con questa malattia, muoiono dopo qualche settimana.
Ma Davide combatte, in un’incubatrice dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari.
Ai genitori, indecisi se sottoporlo ad un «calvario di terapie in una vita d’inferno, il Tribunale ha tolto la patria potestà. E l’ha affidata ad un medico: tocca a lui decidere come curare il figlio di Maria Rita e Massimo, di 33 e 38 anni, che hanno altri due figli.
La decisione del Tribunale dei minori è arrivata dopo che i medici si sono accorti dei miglioramenti del piccolo paziente. In un primo tempo avevano spiegato ai genitori che non c’erano speranze. «Il bimbo ora respira da solo», hanno detto alla famiglia, può essere trasferito in un centro specializzato. I genitori hanno chiesto qualche ora per pensarci. Ma i medici non hanno atteso.
Il primario Rosario Magaldi degli Ospedali Riuniti di Foggia ha attivato il direttore sanitario Aldo Procaccino che è ricorso d’urgenza al giudice. Il tribunale ha sospeso la patria potestà e nominato un tutore, che ha trasferito Davide a Bari. I genitori hanno fatto istanza di revoca e solo oggi, o domani, si saprà quale è la decisione.
A scrivere della storia di Davide, è stato il Corriere del Mezzogiorno lo scorso 13 maggio. «Quando è nato nostro figlio – ha raccontato la mamma, che sta tutto il giorno accanto all’incubatrice – il primario ci, disse di non farci illusioni. Ma dopo due settimane ci comunicò che poteva cominciare la dialisi. Noi abbiamo chiesto un pò di tempo. Invece in serata sono arrivati a casa i carabinieri»: Adesso, anche se i giudici restituiranno la patria potestà, Maria Rita e Massimo non sanno più che cosa fare. «Mio figlio è sottoposto ad un calvario – dice il papà -. Avevamo solo chiesto qualche ora, visto che nessuno ci dava speranza, volevamo capire se era giusto infliggergli inutile dolore. Davide è sottoposto a dialisi anche per 12 ore al giorno. Un inferno».
Lo zio del neonato, Antonio Vigilante, conferma: «Mia sorella Maria Rita e Massimo avrebbero voluto lasciarlo a Foggia, dargli cure compassionevoli, ma sono stati ignorati».
Antonio ha lanciato una petizione on-line per far restituire la patria potestà a Maria Rita e a Massimo. Mina Welby, la vedova di Piergiorgio, l’ha sottoscritta. Secondo il vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica Lorenzo D’Avack «dinanzi ad una questione di vita o di morte mi sembra corretto decidano i medici indipendentemente dalla volontà dei genitori».
Ma Giuseppe Remuzzi, nefrologo del Mario Negri di Bergamo, non condivide. «Nel prendere decisioni così importanti e gravose per la famiglia come la dialisi nel caso di malformazioni gravi, serve sempre il consenso dei genitori».
Lo zio di Davide, Antonio, pensa che ci sia accanimento terapeutico. Dice: «Per dializzarlo hanno adoperato l’arteria ombelicale. Poi quella inguinale. Quando non sarà possibile usare altre arterie dovranno intervenire sulla giugulare. Poi non ci sarà più nulla da fare. Questo non è accanimento?».