Fecondazione assistita: la legge 40 ha fallito

!liberalaricerca.jpg(Immagine fornita da Flickr)

da l’Unità, di Alessia Grossi – I figli della provetta in Italia sono ancora pochi rispetto a quelli del resto dei Paesi europei, a confermarlo sono i dati contenuti nella relazione 2007 del ministero della Salute in merito alla legge 40 sulla procreazione assistita depositata in Parlamento. Nel 2006, infatti, sono stati 7507 e le coppie che si sono affidate alle tecniche di procreazione medica assistita nei 342 centri sono state 52.206.

In sostanza, spiega ancora Livia Turco nella premessa alla Relazione, «le percentuali di gravidanze ottenute nel 2006 sono perfettamente sovrapponibili a quelle dell’anno precedente denotando comunque un mancato incremento atteso nelle percentuali di gravidanze come invece si registra in tutti gli altri paesi europei».

In particolare, con le tecniche sono state ottenute nel 2006 circa 10 mila gravidanze, di queste ne sono state perse duemila e cinquecento nel corso del cosiddetto follow up della gestazione. Tanti i parti plurimi: oltre il 18 per cento quelli gemellari e più del 3 per cento quelli trigemini soprattutto tra le più giovani. Una percentuale rilevante che, afferma l’ex ministro della Salute, Livia Turco, nella premessa, «conferma le riflessioni critiche relative al dettato di legge, che si affidano al dibattito istituzionale e scientifico». Secondo quanto scritto nella discussione finale della Relazione, infatti, «l’analisi dei dati rileva come in più della metà dei trasferimenti effettuati, vengano utilizzati tre embrioni». Questo, si legge ancora, «aumenta il rischio di gravidanze gemellari, soprattutto su pazienti di giovane età».

In generale, dalla fotografia scattata nella Relazione, risulta inoltre che sono stati trattati con la tecnica di inseminazione semplice 18.431 coppie e sono stati iniziati 29.901 cicli. Le gravidanze ottenute sono state 3.203, di queste ne sono state perse al follow up 907; delle 2296 gravidanze monitorate sono nati vivi 1999 bambini.

Relativamente alle tecniche di secondo e terzo livello e cioè tecniche più sofisticate a fresco e da scongelamento in 202 centri di Pma (procreazione medicalmente assistita) sono stati trattate 30274 coppie e iniziati 36.912 cicli. In questo modo sono state ottenute 6.962 gravidanze e di queste ne sono state perse al follow up 1498. Delle 5.464 gravidanze monitorate sono nati vivi 5218 bambini.

Negli stessi 202 centri di Pma sono stati trattati con tecniche da scongelamento 3501 coppie e sono stati iniziati 3882 scongelamenti. Sono state ottenute 443 gravidanze, di queste ne sono state perse 95. Dalle 348 gravidanze monitorate sono nati vivi 290 bambini.

«È il fallimento della legge 40», afferma Filomena Gallo, Presidente dell’Associazione Amica Cicogna e Vice Segretario Associazione Concioni. Questi dati «non sono una sorpresa perché sovrapponibili alla precedente relazione del 2007, quindi ancora con un perdita di nati cospicua rispetto al 2003 (lo scorso anno la perdita era di 1.041 rispetto al 2003). Le tecnologie migliorano all’estero, dove ci sono più gravidanze con meno tentativi, mentre qui ad aumentare sono solo le gravidanze gemellari che danno rischi per la salute – afferma Gallo. Questa legge all’articolo uno sostiene di voler tutelare la salute di tutti i soggetti della procreazione, ma di fatto non lo fa. Lo testimonia il numero di parti trigemini, che notoriamente hanno un’alta probabilità di aborto spontaneo e il 20 per cento di nati disabili». Secondo Gallo sarebbe auspicabile una modifica della legge in senso contrario a quello richiesto da alcuni esponenti della maggioranza in questi giorni: «Noi speriamo che riprenda il dibattito, anche se questa è la stessa maggioranza che ha emanato la legge e c’è poco da sperare».

A difendere la legge 40 così com’era nel 2004, quando venne emanata dal precedente governo Berlusconi era stato nei giorni scorsi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi che appena nominato già aveva promesso di cambiare le nuove linee guida sulla legge 40 per la procreazione medicalmente assistita, emanate dall’ex ministro Livia Turco e la cui principale novità è rappresentata proprio dalla possibilità di effettuare la diagnosi reimpianto sull’embrione. Le nuove direttive, emanate il 30 aprile 2008 a soli quindici giorni di vita già rischiano quindi di essere messe in soffitta. «Le cambieremo», promette infatti Giovanardi. «La volontà di questa maggioranza -ha dichiarato giovedì il sottosegretario a margine di un convegno – è di cambiare la circolare della Turco che in quanto circolare non può modificare una cosa che il Parlamento italiano ha approvato e un referendum popolare ha confermato».

Pronta la replica di Livia Turco. «Quella che lui chiama una circolare – puntualizza – è solo l’applicazione scrupolosa dell’articolo 7 della legge 40. Un sottosegretario oltre ad applicare la legge, deve tenere conto dei pronunciamenti dei giudici e la sentenza del Tar del Lazio non mi pare uno scherzo». La sentenza alla quale si fa riferimento è quella in cui parte delle vecchie linee guida, emanate dal ministro Sirchia, venivano annullate per eccesso di potere. La parte contestata dai giudici amministrativi è stata, in particolare, quella in cui si vieta la diagnosi preimpianto degli embrioni, divieto appunto cancellato dalle linee guida. Fermo restando che la stessa legge 40 – così come scritto nel testo di emanazione delle nuove linee guida sul sito del ministero – prevede che ogni tre anni si «aggiornino le linee guida in rapporto all’evoluzione tecnico scientifica».

Ma a voler sfuggire alla stessa legge Giovanardi non è solo. Ad appoggiarlo anche il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella secondo la quale le linee guida che interpretano «con grande forzatura» la legge 40 «andrebbero sospese». La stessa Rocella commenta, infatti, positivamente i dati della Relazione del ministero. «Sono buoni i risultati di una legge troppo criticata. E dai dati presentati la Roccella deduce anzitutto «quanto la propaganda contro questa legge sia stata ideologica e strumentale». In particolare, il sottosegretario accoglie positivamente i dati circa le «complicanze per iperstimolazione ovarica: dai 670 casi del 2005 ai 161 del 2006. I dati della Relazione, poi, andrebbero letti in modo positivo -secondo Rocella – soprattutto rispetto alla lieve inflessione degli esiti negativi delle gravidanze (aborti spontanei, tardivi, morti intrauterine, gravidanze ectopiche): 24,9% nel 2006 contro il 26,4% del 2005». Le tendenze preoccupanti semmai sono altre – afferma il sottosegretario al Welfare e sono tutte da attribuire «all’aumento l’età media delle donne che accedono alle tecniche di fecondazione: il 62,1% delle pazienti che inizia il trattamento ha oggi un’età superiore ai 34 anni, rispetto al 60,7% dell’anno precedente. E, in particolare – si legge nel comunicato della Rocella nel 2006 il 24 per cento dei cicli è effettuato da donne in età maggiore o uguale ai 40 anni, mentre nel 2005 questo dato era pari al 20,7 per cento». Quello che preoccupa la Rocella quindi è la preoccupante tendenza a uno slittamento della maternità ad un’età sempre più avanzata. Insomma, per il sottosegretario al Welfare il problema è delle donne, non della legge.

Non è una colpa volere un figlio dopo i 35 anni «e che in Italia le donne entrano sempre più tardi nel
mondo del lavoro, guadagnano di meno, e lavorano in condizioni pessime» è la risposta di Filomena Gallo alle dichiarazioni della Rocella. Secondo la Gallo, infatti, le donne devono inoltre «dividersi tra famiglia e lavoro per assenza di servizi, aiuti alle famiglie sul modello francese o tedesco, congedi parentali reali per entrambi i genitori come già avviene nel resto dei paesi dell’Ue, interventi che però sembrano non realizzabili nel nostro Paese dove invece le donne sono incaricate di colmare il vuoto del welfare» conclude.

Intanto, le associazioni dei pazienti con problemi di sterilità assicurano battaglia, avverte la presidente di “Amica cicogna”. «Milioni di coppie torneranno dinanzi ai tribunali se il governo modificherà le linee guida andando a modificare il punto relativo alla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto sull’embrione».

E per Pia Ferretti del Comitato Direttivo del Registro Europeo che raccoglie i dati sulla fecondazione assistita «i dati del registro 2007 sulla procreazione medicalmente assistita diffusi ieri dal ministero della Salute confermano i limiti della legge 40. «In Europa – dice la Ferretti- ogni anno si registra un lento ma costante aumento delle percentuali di successo e la incidenza di gravidanze trigemine è da anni ridotta quasi allo 0%. In Italia, dal 2004 non si è più registrato alcun miglioramento e la percentuale di gravidanze trigemine continua ad essere oltre il 3%. Sono chiaramente i limiti imposti dalla legge ad impedire la evoluzione della Pma verso quella che da ogni parte è considerata l’ottimizzazione della fecondazione assistita: aumento della efficacia con una particolare attenzione alla riduzione dei rischi per la salute delle donne e dei futuri nascituri».

 

Fecondazione assistita: la legge 40 ha fallito

Alessia Grossi

Insomma -conclude l’esperta «a 4 anni dalla approvazione della Legge 40 non è più possibile affermare che quanto succede in Italia è un caso. Possibile che nessuno di coloro che continuano ad affermare di volere difendere i diritti civili fondamentali dei cittadini si ponga il problema di come questi diritti vengano quotidianamente violati dalla applicazione della Legge 40?».

Leggi i testi della linee guida 2008 e 2004 a confronto