Un errore forzare la biologia

Intervista a Iganzio Marino di M. De Bac

Cosa mi ha colpito di più del suo discorso?

Che abbia pronunciato la parola coma. Ho pensato alla conflittualità creata dal caso Welby sul diritto all`autodeterminazione nella scelta delle terapia», commenta il senatore Ignazio Marino, dei Pd.

La legge sul testamento biologico che lei avrebbe voluto non è in contrasto col pensiero del Papa?

«No, nessuno mette in discussione che una vita in coma non abbia dignità. Bisogna però essere liberi di indicare, sulla base della Costituzione, fino a dove si devono spingere le terapie. Se manca l`esplicita volontà del malato, già espressa in vita, nessuno ha diritto di interrompere le cure. Se questa volontà però esiste e non c`è ragionevole speranza di recupero dell`integrità intellettiva la stessa libertà dovrebbe essere riconosciuta per legge.

Un concetto presente anche nel catechismo della Chiesa scritto da Ratzinger». Che legge sarebbe stata la sua?

«Una legge che non sia un piano inclinato verso l`eutanasia. Anzi, io dico di più. Per me la dignità è tale anche oltre il coma, quando subentra lo stato vegetativo permanente, che esclude possibilità di risveglio. La vita di Eluana Englaro non è meno degna della mia».

L`uomo è uomo anche da embrione, dice il Papa. E’ d`accordo?

«Credo che l`indicazione importante e legittima del Santo Padre vada distinta dalle leggi di uno Stato laico. Su questo auspico si apra un dibattito serio». L`affermazione di Ratzinger è un nuovo altolà alla scienza. Condivide? «La scienza soccorre la fede. Oggi si può tutelare l`embrione sperimentando su cellule staminali adulte». Per gli inglesi l`embrione è tale solo dopo undiocesimo quattordicesimo giorno. «Evitiamo distinzioni biologiche. L`etica cattolica riconosce il principio di precauzione fin dal concepimento».

E sbagliato cercare l`immortalità?

«Sì, al di là della visione religiosa io condivido. Non vorrei che la mia vita fosse prolungata oltre il possibile, specie se non ho autonomia fisica e intellettiva. E più utile che le risorse vengano usate per migliorare le condizioni di chi non ha la minima assistenza. Pensiamo a Aids, tubercolosi e malaria. Tutte insieme fanno 6 milioni di morti al mondo».