Fa discutere la bocciatura del Tar Lazio alle linee guida sulla fecondazione assistita. Il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso di un gruppo di associazioni, fra le quali Madre Provetta, Amica Cicogna e Warm, annullando per eccesso di potere le linee guida. La parte contestata riguarda il divieto di diagnosi preimpianto agli embrioni contenuto nelle linee guida. Il Tar Lazio ha anche chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla costituzionalità della legge 40.
Gianni Baldini, legale dell’associazione Madre Provetta, sottolinea che «la parte delle linee guida che prevede una indagine osservazionale sull’embrione risulterebbe illegittima perché contraria alla legge 40». Come spiega il dispositivo della sentenza, inoltre, viene sollevata «la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14 commi 2 e 3 della legge 40», nella parte in cui prevede per il medico la possibilità di produrre un numero di embrioni non superiore a tre e l’obbligo di impiantarli tutti. Previsione che risulterebbe in contrasto sia con l’articolo 3 che con l’articolo 32 della Costituzione».
In pratica, riassume il presidente di Madre Provetta, Monica Soldano, le linee guida varate dal precedente Governo contengono un eccesso di potere: sono più restrittive della legge stessa, mentre dovrebbero solo chiarirne gli aspetti ai medici. «Rientrano in questo eccesso di potere l’obbligo di trasferire gli embrioni prodotti senza lasciare autonomia decisionale a medico e paziente, e soprattutto l’aver cancellato la diagnosi genetica preimpianto, introducendo la diagnosi osservazionale che è una cosa completamente diversa».
La decisione del Tar, tra l’altro, arriva mentre il ministro della Salute Livia Turco ha già sul suo tavolo pronte le nuove, annunciate linee guida.
In ordine sparso le reazioni del mondo politico. Donatella Poretti (Rosa nel pugno), segretaria della commissione Affari sociali della Camera, ha rivolto un appello al ministro Turco perché cambi le linee guida della legge: «questa sentenza – afferma – si aggiunge ad altre due importanti pronunciamenti dei tribunali, che di fatto hanno anch’essi considerato illegittimo il divieto della diagnosi preimpianto». Stesso tono per il commento di Roberto Della Vedova, deputato di Forza Italia: «lo stop del Tar del Lazio – spiega -costituisce l’ennesimo incidente giudiziario di una legge incongruente e ideologica».
A favore della sentenza sono anche Emilia De Biasi (Pd), secondo cui «vi sono i presupposti sociali e giuridici che consentono l’emanazione delle nuove linee guida», e l’eurodeputato Marco Cappato per il quale la sentenza «fa finalmente cadere una proibizione violenta, abusiva e irragionevole, che finora è stata pagata dai cittadini italiani portatori di malattie genetiche». Anche il ministro della Solidarietà sociale, Paiolo Ferrero, plaude alla decisione, definendo le linee guida sulla legge 40 «più restrittive e oscurantiste della legge».
Secondo Stefania Prestigiacomo, deputato di Forza Italia ed ex ministro per le Pari Opportunità, il Parlamento dovrebbe approfittare di questo stop alla legge 40 per rivedere la normativa.
Di tutt’altra opinione Roberto Formigoni: per iil presidente della Regione Lombardia, la decisione del Tar Lazio è «vergognosa e ideologica e finge di dimenticare che questa legge è stata difesa dal 75% dei cittadini italiani». Sulla stessa linea Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, che parla di sentenza politica, «ennesimo pronunciamento di un tribunale italiano in contrasto con una legge approvata dai rappresentanti del popolo e dal popolo ratificata con un referendum, peraltro con una maggioranza schiacciante».
Stupore e perplessità anche dall’associazione Scienza e Vita., «L’esclusione da parte del Tar Lazio della cosiddetta diagnosi di tipo osservazionale sull’embrione (asslolutamente non invasiva) – precisa l’associazione – aprirebbe la porta, secondo i sostenitori del ricorso, alla diagnosi genetica preimpianto che, come la letteratura scientifica ampiamente documenta, è essa stessa causa di gravi danni per l’embrione. Va comunque detto che proprio per queste ragioni nella sentenza del Tar non c’è traccia alcuna di un via libera alla diagnosi preimpianto».