Perchè l’ eutanasia non è un tabù inattaccabile

di C. Troilo

Il 20 dicembre il Riformista ha avviato, a partire da un mio articolo, un dibattito sulla eutanasia, forse un po` messo in ombra dall`improvviso ritorno di fiamma sull`aborto. Nei diversi interventi ho colto, assieme a una sostanziale concordanza sulla ineludibilità del problema, due aspetti principali: la necessità di dare priorità al testamento biologico; una certa preoccupazione circa la possibilità di sfidare un tema tabù come la eutanasia. Sul testamento biologico concordo pienamente: in materia di diritti dei malati, esso è "la madre di tutte le riforme", la sola che può dare un quadro di certezze giuridiche sia ai malati sia ai medici. Sulla inattaccabilità del tabù eutanasia – pur riconoscendo la estrema difficoltà di una battaglia su questo tema – non sono invece d`accordo per tre ragioni che riassumo brevemente. La prima riguarda la possibilità giuridica di introdurre l`eutanasia, limitata, nella mia proposta, al caso del malato terminale nel pieno delle sue capacità intellettive.

La nostra Costituzione – che risale, è bene ricordarlo, al 1948 – non affronta il problema, ma contiene, all`articolo 32, una norma («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana») la cui lettera e il cui spirito sembrano tali, de jure condendo, da consentire piuttosto che da vietare l`eutanasia. E vero che il codice penale, all`articolo 579, punisce duramente il «suicidio assistito»; ma il Codice Rocco è stato promulgato 67 anni fa, nel 1930, in pieno regime fascista, e non a caso è stato modificato su molte materie relative ai diritti civili, seguendo l`evoluzione del comune sentire: sono stati così aboliti per citare gli esempi principali – il «delitto d`onore», il «matrimonio riparatore» e i reati di adulterio e concubinato. Dunque nulla vieta, sul piano giuridico e legislativo, di aggiungere all`articolo 579, come io propongo, un comma che definisca non punibile il medico che aiuti il malato terminale e lucido a realizzare la propria volontà di morire. La seconda riguarda il vero ostacolo alla introduzione della eutanasia nel nostro ordinamento giuridico: il concetto della sacralità della vita, che la Chiesa – e i politici che ne seguono le direttive – oppongono da sempre a ogni innovazione legislativa sui temi che la riguardano. Riprendo, per replicare a questa pregiudiziale morale-religiosa, quanto diceva nel lontano 1998, in un dialogo con gli studenti, un comunista cattolico come Giovanni Berlinguer, che pure era personalmente contrario alla eutanasia: «Nella morale cattolica c`è, secondo me, una certa nei confronti della volontà dell`individuo, l`idea che la vita sia sacra, dono di Dio, e quindi soltanto Dio possa toglierla, limitare la decisione di una persona, che, di fronte a sofferenze insopportabili, dice: "Cessate ogni cura". Questo, secondo me, non è giusto». Non è giusto, cioè, che lo Stato si faccia imporre dalla Chiesa l`equazione "un peccato, un reato", fingendo tra l`altro di ignorare che i cattolici "veri", cioè quelli praticanti e osservanti, non rappresentano più una maggioranza nel Paese. Così come non è giusto che lo Stato non tenga conto delle ormai innumerevoli indagini demoscopiche sui temi in questione. Maria Antometta Coscioni, nel suo intervento, ha ricordato alcuni dei dati più significativi. L`Eurispes ci dice che l`84% degli italiani è favorevole a una legge sul testamento biologico.

Una indagine condotta a Roma tra 266 medici ospedalieri rivela che per il 26% l`accelerazione di un decesso è pratica di routine (il 60% sostiene che per i pazienti con prognosi infausta a breve scadenza non si può nemmeno parlare di eutanasia). L`Eurisko evidenzia che il 67% degli italiani è favorevole alla legalizzazione dell`eutanasia (il 45% solo su espressa indicazione del paziente; il22% anche su indicazione dei parenti, una volta accertata l`impossibilità di decidere ed esprimersi del malato). «Sono dati – sottolinea la Coscioni – che il ministro della Salute Turco dovrebbe attentamente valutare». La terza ragione in favore della eutanasia, sia pure nei limiti sopra indicati, è la falsità dell`argomento secondo cui questo tema interesserebbe un numero molto ridotto di persone. L`impossibilità di ricorrere alla eutanasia induce ogni anno 1.000 malati terminali a togliersi la vita nei modi più atroci (ed è davvero sinistra la coincidenza di questo dato dell`Istat con le mille "morti bianche" che nel 2007 hanno funestato il mondo del lavoro, suscitando sdegno e dolore). Ma il numero dei malati poten- zialmente interessati alla eutanasia ha ben altre dimensioni rispetto a quanti scelgono il suicido. Infatti ogni anno, in Italia, muoiono tra le 150 e le 200 mila persone per cancro o leucemia, e per lo più muoiono fra gravi sofferenze per la vergognosa carenza delle cure palliative. Si tratta di malattie in cui la morte non sopravviene di colpo, come nei casi di un infarto o di un ictus violento. Qui la condanna viene pronunciata a freddo, ed è la condanna – così simile alla tortura ad attendere per settimane o per mesi, tra sofferenze fisiche e morali, una morte ormai ineluttabile. A questi sventurati malati terminali viene negata la possibilità di ottenere quella che Piergiorgio Welby definiva «una morte opportuna».

E viene negata anche a quelli, tra loro, che contrariamente ai cattolici non credono che la vita sia un dono di Dio, ma la considerano una personale vicenda umana in cui ciascuno, quando ritiene che essa non sia più degna di essere vissuta, deve essere libero di scrivere la parola fine. E arduo tentare una ipotesi statistica, ma non riesco a non pensare che se anche solo il 20% di questi malati terminali fosse favorevole alla eutanasia, noi – nel subire il veto della Chiesa – staremmo negando ogni anno ad almeno 30 o 40 mila persone una «morte opportuna». E la stessa condanna la staremmo comminando alle loro famiglie e alle persone che li hanno amati, con un effetto moltiplicatore che è difficile da quantificare ma è certamente devastante. Come se ne esce? La Binetti rischia di mettere in crisi il governo votando contro in Senato sulle norme antiomofobia e annuncia, assieme ad altri teodem, che per la revisione della legge sull`aborto è pronta a «dare un contributo per la formazione di una maggioranza trasversale». Perché i laici schierati nelle diverse formazioni politiche non cercano anch`essi una maggioranza trasversale su temi come le unioni di fatto, il testamento biologico e l`eutanasia? Perché – si è chiesto Emanuele Macaluso – nel Pd tacciono «liberali rispettabili come Valerio Zanone e Federico Orlando?». E Livia Turco, a proposito dell`aborto, ha detto: «Certo, Veltroni dovrà dire la sua. Ma dove sono le femministe, e i laici, e gli intellettuali?». Solo così, unendo le forze, anche il tabù della eutanasia – come già avvenuto per quelli del divorzio e dell`aborto – potrà essere abbattuto: dalla forza della ragione ma soprattutto dal sentimento più nobile che proprio il Cristianesimo, che poi troppo spesso lo ha rimosso, ci ha trasmesso: la pietà.