Avevo pensato di scrivere qualcosa che spiegasse il mio impegno politico e, aggiungo io, di vita. Ho scritto più volte, ma non sono riuscita a concluderne uno che potesse essere adeguato a questo particolare momento. Forse neanche questo lo sarà, ma correrò il rischio perché è quello che sento e non voglio rinunciarvi. Perché non riesco a pensare ad altro. Davvero non riesco.
Ormai da diversi mesi, incontro una voce, quella di una donna; ed un volto, quello di un uomo, che sembrano appartenere ad un tempo oltre la dimensione umana, oltre l’amore, il dolore, oltre la morte. Due voci di donne che si conoscono, si raccontano, sperano e si disperano, riconoscendo, con urgenza prepotente ed esclusiva, alla libertà valore supremo e significato profondo della coscienza, della vita e del diritto.
Mi sono passati in mente attimi, tempi e spazi condivisi con gli altri o vissuti in solitudine con il mio passato che è tanto lontano, quanto presente. E ritorna. Il corpo è lì, immobile, lo sguardo vivo a volte superbamente malandrino, a volte terribilmente feroce al pensiero dello stesso smembrato, di giorno in giorno, a colpi di scure della sua dignità. Mentre la mente comprende e risponde a dei generici palliativi che non servono a lenire una indelebile e irreversibile sofferenza.
Mentre la difesa perbenista e moralista di chi si schiera a favore della vita a tutti i costi, di chi vuol lasciare nell’ombra della clandestinità le condizioni in cui si svolge la fine della vita umana, di chi considera Piergiorgio malato non pensante depresso, strumentalizzato e sofferente perché privo e privato, intorno a se, di amore e di speranza, sono forme ed espressioni di disonestà intellettuale gravi che indignano me e quanti hanno amato, sofferto, gridato al mondo il dolore e lottato contro un male che ha prima ferito e poi ucciso. Credo che chi come Piergiorgio dona la sua vita per la libertà, per la sua rivendicazione di un diritto costituzionalmente riconosciuto, rischia più degli altri e spesso paga un prezzo molto alto. Oggi sono il suo corpo, la sua intelligenza e l’impegno politico e domani la memoria a far luce nel buio spettro della ipocrisia e della violenza di quanti della classe politica, medica e dei giudici, non vogliono dar seguito pratico, dar tutela, al diritto di Piergiorgio di morire interrompendo l’azione del ventilatore polmonare, senza soffrire. Un terreno difficile ma liberamente e straordinariamente percorso dal nostro leader di una pratica della vita che nasce e si sviluppa tra libertà e responsabilità, cosciente che a nessuna persona può essere imposta di vivere una esistenza puramente biologica e/o di prolungare la stessa in una condizione in cui la sua libera volontà è eliminata. Le mie parole vogliono essere solamente una manifestazione di profonda gratitudine ad un uomo che mi offre la possibilità di convivere questo percorso di storia politica radicale ed italiana importante ed il mio impegno politico, la mia responsabilità, non sono altro che l’interpretazione della mia vita.