Il mio amico Piero Welby

di Rita Bernardini

Quella che segue è la nota introduttiva scritta da Rita Bernardini per "Il Calibano", un libretto che raccoglie gli interventi che Piergiorgio Welby ha scritto per "Notizie Radicali". Chiunque sia interessato ad avere il libretto non ha che da chiederlo a: v.vecellio@radicali.it Verrà inviato gratuitamente.

Non ricordo la prima volta che ho incontrato Piergiorgio, ma mi piace immaginare che sia accaduto per essermi io – come tanti altri – aggrappata un giorno alla zattera telematica ch’egli ha messo a disposizione dei naufraghi del mare aperto di Internet, sito Radicali italiani/forum dei registrati. L’argomento di discussione "Eutanasia" è stato aperto il 1 maggio di due anni fa alle dieci di sera con queste parole: "tutto fermo? Altro che deserto dei Tartari…mentre si scruta l’orizzonte…i terminali come me…invidiano gli Olandesi…SVEGLIAAAAA".

"I terminali come me"…è in questo modo che Piergiorgio Welby ha inziato a condurre – da vero leader politico – la battaglia per la legalizzazione dell’eutanasia in Italia: lo ha fatto e lo fa non solo dialogando con i forumisti, ma seguendo e commentando passo passo gli orientamenti dei vari Comitati di Bioetica, le dichiarazioni del ministro della Salute, le prese di posizione del Vaticano e le reazioni accondiscendenti nei suoi confronti della classe politica, i sondaggi dell’opinione dei cittadini e della classe medica, la legislazione degli altri Stati.

 Affetto da una grave sclerosi multipla di tipo degenerativo, Piergiorgio ha raccontato e racconta se stesso attraverso una curiosità sorprendente per tutto ciò che lo circonda, tanto che a volte c’è da rimanere increduli al pensiero ch’egli sia un così convinto e accanito sostenitore della dolce morte. Ci aiuta a comprendere meglio quando afferma "morire è anche un processo di apprendimento non è solo cadere in uno stato di incoscienza".

"La notte", ci racconta, "a volte non riesco a creare quel vuoto mentale che mi permetta di ignorare il rumore del ventilatore polmonare e allontani quell’ansare rauco da bestia ferita a morte mi prende il cervello, mi paralizza i neuroni ne blocca la sinapsi, tramuta tutte le percezioni in terrore. Non è paura di morire, sono già morto una volta ed è come spegnere la luce, e voltare pagina, chiudere una porta, non c’è nulla di metafisico e trascendentale, né luci, né corridoi illuminati o signori dall’aria di vecchi pedofili vestiti di bianco, niente di tutta la paccottiglia hollywoodiana che da Capra a Spielberg ci hanno propinato, non ci sono le immagini terrorizzanti di diavoli vestiti come tifosi del Milan che popolavano il vecchio catechismo e turbavano i miei sogni da onanista impenitente, non c’è premio o castigo, piacere o dolore, sopra o sotto, alto o basso, non è quindi il dover morire che mi tormenta in quei momenti, ma il dover vivere!".

Piergiorgio riesce a scrivere perché muove un po’ le mani e si è inventato un sistema che gli consente di ottimizzare la poca forza che gli rimane battendo velocemente con una bacchetta di legno sulla tastiera del computer. Quando l’ho visto all’opera non ho potuto fare a meno di pensare che si trattasse di una bacchetta magica. Immaginiamo noi stessi completamente paralizzati, dipendenti al 100 per cento da chi ha deciso per amore di accudirci, noi stessi legati a macchinari che ci fanno respirare, costretti a non uscire mai di casa, alimentati da sacche per la nutrizione nasogastrica perché non possiamo più deglutire.

Pure in questo stato, Piergiorgio sa tutto di quel che succede fuori alla gente "normale" nonostante che dalla sua postazione (lutto-carrozzina-sedia) possa osservare solo "i tetti e le antenne incorniciate dalla finestra", "un’unanimità convinta di aver conquistato l’immortalità comprando una bustina di integratori, mangiando crusca e yogurt, lavandosi i denti tre volte al giorno, facendosi il check up una volta all’anno, scopando con due preservativi infilati nell’uccello…gente normale che ogni domenica indossata un’ADIDAS corre nei parchi cittadini. Un giro in più e un’altra manciata di anni è assicurata!". Un’umanità che se si trovasse nelle sue condizioni direbbe (dice, quando è informata) "io non ci riuscirei mai, meglio un colpo di pistola!". Persone normali che contano i chili in più mentre Piergiorgio – che vorrebbe avere la possibilità di tirarsi un colpo di pistola – conta "i giorni che gli restano".

 La sua ironia mi travolge anche quando racconta le cose più esasperanti che gli succedono, come quando la ASL aveva finito le scorte di sacche nutrizionali e lui scriveva nel forum: "io preferirei morire bene piuttosto che vivere così…ma c’è una novità che taglia la testa al toro…L’ASL e il magazzino non hanno più sacche per la nutrizione nasogastrica…Tra cinque giorni comincio un digiuno involontario…manco un cappuccio!". O come quando, colpito da un febbrone da cavallo annunciava ai frequentatori del forum: "Ho clandestini a bordo (nei polmoni), Klebsiella e Pseudomonas: non sembrano i nomi di battaglia di due trans? Stanotte hanno deciso di riprodursi…".

Piergiorgio Welby da due anni rifornisce e anima con le sue considerazioni quotidiane una battaglia che nell’Italia politica – quella che ci ha regalato la pessima e incredibile legge sulla fecondazione medicalmente assistita – non riesce a trovare lo spazio di un dibattito franco e scevro da ideologismi. Come è accaduto per aborto e divorzio ed altre lotte civili, occorrerà che il nostro "Calibano" con Marco Pannella, Luca Coscioni e i radicali tutti prendano in mano la situazione dettando i tempi ad una classe politica e ai suoi mass media sempre pronti a dare voce al papa e al Vaticano contro la maggioranza degli italiani che in tutti i sondaggi degli ultimi anni si sono dichiarati a favore di questo diritto civile. Una lotta, quella per ottenere una legge sull’Eutanasia, contro l’eutanasia clandestina che – tutti lo sanno – viene ogni giorno praticata.

 

"io vorrei che, voi tutti non vi dimentichiate di quelli come me – supplica Piergiorgio. Di chi non ha più speranze ed ogni mattina apre gli occhi su un orrore senza nome. Eutanasia è una parola scomoda, un tema impopolare che nessuno vuole trattare…ma la Storia Radicale è costellata di tematiche scomode e impopolari. Se adotterete quest’orfana rifiutata da tutti, aggiungerete una battaglia di Libertà alle tante che avete combattute. H.G.Gadamer, un filosofo (che parola obsoleta!) recentemente scomparso, così si esprimeva sul diritto alla morte: Si ha questo diritto, perché si è uomini liberi e perché lo scopo della terapia medica presuppone la persona; presuppone quindi che si abbia a che fare con un uomo il cui volere deve essere rispettato".

 Così con questo impegno, mi piace concludere questa introduzione ai bellissimi editoriali del Calibano-Welby. Impegno che significherà nonviolenza, disobbedienza civile, galera? Quello che so con certezza è che – da radicali – vogliamo farlo, e farlo tutti insieme, perché ciascuno di noi tiene innanzitutto all’affermazione di quelli che sente come diritti inviolabili della propria persona.