Alcune considerazioni sul sistema di reclutamento dei ricercatori italiani

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Nel giugno scorso si sono svolti, come ogni anno, i concorsi del CNR francese (CNRS) per l’accesso a posti da ricercatore a tempo indeterminato. Noi firmatari di questa lettera siamo risultati vincitori di buona parte di questi posti nelle sezioni di matematica, fisica e astronomia. Nel dettaglio: Tra le varie classi di concorso, una in particolare, CR2, `e tradizionalmente riservata a giovani al di sotto dei 31 anni. Nella sezione 02 ("fisica teorica") su sette ammissibili quattro sono italiani: Marco Cirelli, Simone Speziale, Dario Vincenzi e Francesco Zamponi. In particolare FZ e MC sono i primi due classificati. Nelle classifiche per due posti CR1, il grado immediatamente superiore, su cinque ammissibili tre sono italiani. Lara Faoro `e la prima classificata in una delle categorie aperte e Giacomo Cacciapaglia `e il primo classificato nell’altra. Nella sezione 47, "fisica astroparticellare", un italiano, di nuovo, si `e classificato primo, vincendo uno dei due posti di grado CR1. Nella sezione 17, "astrofisica del sistema solare e dell’universo lontano", Pier-Stefano Corasaniti ha ottenuto uno dei due posti banditi di grado CR1. • Nella sezione 03, "fisica nucleare e delle particelle", Marcella Grasso ha vinto uno dei due posti banditi al grado CR1. Anche in matematica (sezione 01) il primo classificato per i posti CR2 `e italiano, Alessio Figalli.Infine, anche nell’analogo concorso del 2006 gli italiani avevano ottenuto ottimi risultati: a titolo di esempio, tra i firmatari di questa lettera, Gianfranco Bertone vinse un posto CR2 della sezione di "fisica astroparticellare" classificandosi al primo posto e Riccardo Spezia un posto CR2 nella sezione di chimica-fisica atomica e molecolare. Questi i risultati1: riassumendo, nel solo concorso 2007 e nelle classi qui considerate, gli italiani hanno ottenuto il 35% dei posti banditi (il 71% restringendosi a fisica teorica) e, se il CNRS assegnasse medaglie, cinque ori e tre argenti in sette competizioni. Più in generale, se si guarda alla lista degli iscritti al concorso, il numero di italiani `e impressionante. Ormai tutti in Francia parlano di "invasione italiana". La tendenza attuale dei ricercatori italiani a cercare posti all’estero `e stata sottolineata più volte negli ultimi anni, e altri esempi sono stati discussi recentemente: ad esempio, i risultati dei bandi per progetti europei per giovani ricercatori2, o la distribuzione di età dei docenti italiani, che risulta estremamente sbilanciata verso le età più avanzate3. Un ulteriore esempio che conferma questa tendenza `e il seguente: a Genova, quest’anno, si `e svolta la conferenza mondiale di fisica statistica, durante la quale vengono assegnate le prestigiose medaglie Boltzmann, due a scienziati "senior" e due a giovani ricercatori che abbiano finito il dottorato da meno di nove anni4. In entrambi i casi una delle medaglie `e stata data a un italiano: ma mentre il vincitore della medaglia "senior", Giovanni Gallavotti, `e professore ordinario all’Università di Roma "La Sapienza", il vincitore della medaglia junior, Giulio Biroli, ha un posto da ricercatore a tempo indeterminato in Francia. Perchè questa fuga, e in particolare perchè la Francia risulta una destinazione cos’ì attraente? Per rispondere a questa domanda, sono sufficienti alcune semplici considerazioni sul sistema di reclutamento italiano, che sono evidenti a chiunque sia stato anche per un breve periodo a fare ricerca all’estero. Le nostre esperienze sono in particolare relative all’ambito accademico di matematica, fisica e astronomia, ma sono facilmente estrapolabili ad altri domini della ricerca scientifica e umanistica, che anzi spesso versano in condizioni ancor più preoccupanti. Sono necessarie intanto alcune premesse: 1. Di per s´e, il fatto che i ricercatori italiani desiderino andare all’estero e vincano concorsi in tutti i paesi più avanzati `e un dato molto incoraggiante. Vuol dire che la formazione che si impartisce in Italia `e ottima, e che i giovani ricercatori italiani sono motivati, dinamici e talmente appassionati al proprio lavoro da essere pronti a emigrare per fare ricerca nelle migliori condizioni. 3 2. Il problema dunque non `e la "fuga dei cervelli", ma piuttosto l’assenza totale di un flusso inverso. Ovvero, l’impossibilità per gli italiani di rientrare dopo un periodo trascorso all’estero, anche dopo qualche anno di carriera; e inoltre, 3. la quasi totale assenza di ricercatori stranieri. Quest’ultimo fatto `e veramente preoccupante: tutti i paesi avanzati reclutano ricercatori dall’estero, ad esempio dall’India, dalla Cina, dal Sudamerica (Argentina, Brasile), dalla Corea, dal Giappone. Gli Stati Uniti e la Francia hanno approfittato del crollo dell’URSS per reclutare i migliori ricercatori ex-sovietici. In Italia, niente di tutto ciò. L’assenza di ricercatori stranieri viene costantemente indicata come una fortissima anomalia da chiunque visiti dall’estero i nostri laboratori. 4. L’assenza di rientri e reclutamenti dall’estero rende il sistema insostenibile. Il progressivo pensionamento degli attuali docenti potrebbe causare un abbassamento generalizzato del livello: la generazione successiva `e stata penalizzata dai pochi reclutamenti, condotti con criteri non ottimali. Nel giro di dieci anni, se non si corregge urgentemente questa tendenza, il livello dell’insegnamento e della ricerca in Italia potrebbe peggiorare sensibilmente. A quel punto non vinceremo più neanche i concorsi all’estero. Un punto importante va chiarito subito: se i finanziamenti alla ricerca scientifica in Italia fossero notevolmente maggiori (ad esempio, adeguati allo standard europeo o statunitense) e se, di conseguenza, il numero di reclutamenti di giovani ricercatori fosse significativamente più elevato, la situazione di impasse attuale molto probabilmente non si porrebbe. Il sistema-Italia sarebbe all’equilibrio con i sistemi degli altri paesi e, nel bene o nel male, i problemi qui discussi si riassorbirebbero nel complesso dell’apparato accademico (ovviamente, a patto che anche l’ulteriore fattore importante dell’adeguamento del livello salariale per i giovani ricercatori a quello dei sistemi stranieri sia tenuto in considerazione). Uno slancio nella direzione dell’aumento dei fondi `e quindi senza dubbio un passo cruciale e necessario, come `e stato sottolineato già innumerevoli volte nel corso degli ultimi anni. Tuttavia il problema non sono solo i soldi o i numeri. Ci sono almeno altri due aspetti fondamentali per un sistema di reclutamento efficiente: la mobilità e la possibilità per il giovane ricercatore di valutare le proprie opportunità di carriera nel quadro di un sistema di reclutamenti chiaramente programmati. Purtroppo, mentre il governo si `e impegnato ad aumentare il numero di reclutamenti, questi due aspetti sono passati inosservati. Ci sembra quindi importante discutere questi ulteriori aspetti, nella speranza che, quando l’aumento di fondi e di posizioni si materializzerà, si possa fare dei passi avanti anche in queste direzioni5. Mobilità – Negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia, uno studente laureato in una università spesso cambia sede per il dottorato. Una volta dottorato, va a fare un post-doc all’estero o comunque in una sede diversa, e cambia istituto ad ogni post-doc successivo. L’idea `e che il giovane ricercatore, durante la sua formazione, debba entrare in contatto con il maggior numero possibile di persone, di metodi, di idee, con l’obiettivo di diventare autonomo e potersi quindi candidare per un posto "permanente". Il posto permanente viene visto come il compimento di questo percorso, e si suppone quindi che a questo punto il ricercatore sia autonomo e in grado di guidare un gruppo di ricerca, seguire studenti, avere dei propri fondi da gestire, eccetera. Uno studente che abbia fatto il post-doc nella stessa sede dove si `e dottorato `e molto mal visto: si suppone che sia troppo legato al proprio supervisore di tesi, e non sia quindi sufficientemente autonomo. In Italia, invece, accade l’esatto contrario: ci si laurea in una sede dove si svolge anche il dottorato, e si comincia poi a prendere assegni di ricerca, uno dopo l’altro, sempre nello stesso posto, sempre con lo stesso docente di riferimento. Raramente, si fa un post-doc all’estero, o un dottorato in cotutela: ma spesso in un istituto che abbia buoni rapporti con quello di origine, e seguiti da un docente amico o collaboratore del proprio "capo". Di fatto, come `e ben noto, in Italia ci si mette in "coda". Ogni professore universitario o direttore di istituto di ricerca ha la propria "coda" di studenti, in fila per un posto permanente. La mobilità `e bassa perfino all’interno della coda! Vige il criterio di anzianità, e se uno studente più giovane viene assunto prima di uno più anziano, si creano tensioni e attriti molto forti. E come potrebbe non essere così, visto che tutti si conoscono alla perfezione e lavorano insieme da molti anni? Questo sistema di code causa problemi gravissimi al sistema dei reclutamenti; ne elenchiamo qui alcuni: 4 1. Merito: Il primo ovvio problema `e che, per quanto i docenti attuino una selezione su chi viene ammesso in coda, non sempre il merito `e il criterio principale. Entrano in gioco fattori personali, e l’anzianità rimane un criterio importante. 2. Autonomia: I ricercatori spesso non sono incentivati a sviluppare la propria ricerca e le collaborazioni in maniera autonoma. Ci si affida al capo, con l’idea che tanto sarà lui a decidere della propria carriera, e dunque sia meglio compiacerlo, anche a costo di sacrificare la propria autonomia e le proprie idee. 3. Collaborazioni: Il fatto di collaborare con molti docenti spesso `e mal visto ("Quello che fa, tiene il piede in più staffe?"); bisogna avere un docente di riferimento, bisogna che si sappia in che coda uno sta. Inoltre, attriti personali tra alcuni docenti possono condizionare le interazioni tra i rispettivi studenti. 4. Baronato: Gli stessi docenti non sono particolarmente motivati rispetto ai propri studenti. Sanno che, in ogni caso, essi rimarranno loro "fedeli" perchè non hanno alternative. Gli studenti scelgono il docente con cui svolgere la tesi di laurea o di dottorato anche in base all’influenza che questo ha in dipartimento o in facoltà, sperando che questo torni utile alla propria carriera. In generale l’interazione tra docente e studente `e molto viziata da dinamiche legate alla carriera di quest’ultimo, che spesso interferiscono pesantemente con la collaborazione scientifica. 5. Mobilità interna e accesso di stranieri: Il sistema delle code blocca di fatto l’accesso agli stranieri, e perfino di coloro che provengono da altre sedi italiane. Ci si mette in coda prestissimo, in alcuni casi a livello della tesi di laurea, e ogni elemento estraneo perturba la coda, per cui l’accesso gli viene impedito. Inoltre pochi docenti sono disposti a dare un posto da ricercatore a un elemento esterno, perchè questo scatenerebbe una rivolta nel proprio "seguito". In generale l’esistenza delle code rende il sistema dei reclutamenti molto rigido, vincolato a dinamiche personali complicate, e in questa situazione `e molto difficile che il merito venga riconosciuto come criterio principale. Programmazione – `E molto importante, in un sistema di reclutamento sano, che le opportunità di carriera di un giovane siano definite in largo anticipo. In Francia, ad esempio, il concorso CNRS già citato si svolge tutti gli anni, e il numero di posti rimane costante da un anno all’altro, salvo piccoli aggiustamenti. Ogni anno, le università bandiscono un certo numero di posti che rimane in media costante di anno in anno su scala nazionale. Tutti i concorsi si svolgono nello stesso periodo, nei mesi di maggio-giugno. Il ricercatore post-doc in cerca di un posto fisso sa quanti sono i posti disponibili negli anni a venire. Prova i concorsi di anno in anno, si rende conto facilmente e soprattutto molto presto delle proprie possibilità di successo. Negli Stati Uniti non esistono assunzioni programmate da parte di un ente di ricerca nazionale centralizzato, ma l’elevata mobilità del corpo accademico e la grande domanda di posti fa sì che l’insieme delle università di medio/alto livello (indirizzate alla ricerca oltre che alla formazione) ogni anno bandisca un sostanzioso numero di posti. I posti aperti sono annunciati verso la fine di ogni anno solare e normalmente assegnati nei primi mesi dell’anno successivo. Il sistema si auto-mantiene ad alti livelli di ricambio e ogni anno la qualità delle posizioni offerte copre uno spettro molto ampio: i migliori ricercatori trovano un posto molto in fretta in una delle università di altissimo profilo, e anche i bravi ricercatori trovano un posto dopo un numero ragionevole di tentativi in una università di buon livello. Gli altri cercano presto strade e carriere alternative. Al contrario in Italia non si riesce mai a sapere quanti posti saranno banditi e quando. Le fluttuazioni sono immense: un anno si assumono tutti, poi per cinque o dieci anni più nessuno. Come già detto, ci si mette in coda, e si attende il momento in cui il posto da ricercatore bandito dal dipartimento toccherà al proprio docente, oppure una sanatoria generalizzata. Non c’e’ nessuna programmazione a lungo termine dei reclutamenti. Questa situazione causa, di nuovo, diversi problemi che `e bene elencare: 1. Controllo sul proprio futuro: `E molto importante per chiunque sapere quali sono le proprie possibilità di carriera e di stabilità, specialmente poco prima dei trenta anni quando (in un paese normale) si 5 comincia a pensare a comprare una casa, a fare dei figli, eccetera. Ma in particolare, nel caso della ricerca, i posti a disposizione sono pochi, e dunque `e importante sapere presto se si potrà avere un posto o no. In Francia, a 30 anni le possibilità di avere un posto permanente sono già abbastanza chiare. Se uno si rende conto di non averne molte, `e ancora perfettamente in tempo per cercare un impiego in un altro settore, ad esempio nel privato, con ottime possibilità di carriera. Invece il giovane ricercatore italiano capisce se avrà o no un posto a 35 anni, quando ormai `e troppo tardi per fare qualunque altra cosa, e quando ormai `e disposto anche a continuare ad avere assegni di ricerca fino a 40 anni, o a non diventare mai associato, pur di sistemarsi. 2. Code: L’incertezza alimenta il sistema delle code, per varie ragioni: In una situazione in cui `e molto difficile valutare autonomamente le proprie possibilita’, si tende ad affidarsi a un docente più esperto e lasciare che sia lui a districarsi nelle riunioni di dipartimento per cercare un posto ai propri studenti. Inoltre, come sta tristemente accadendo in questo momento, il fatto di stare in coda permette di approfittare di eventuali sanatorie, a scapito di chi si allontana. Infine, l’incertezza fa si’ che si preferisca rimanere al proprio posto, anche se precari e magari con uno stipendio basso, o addirittura lavorando gratis per alcuni periodi, piuttosto che accettare contratti migliori in altre sedi che però farebbero perdere il posto acquisito nella coda. 3. Merito: Ogni anno, il numero di studenti veramente brillanti `e molto piccolo: a livello mondiale, ce ne sono molto pochi rispetto ai posti disponibili. Questo `e ben noto all’estero, dove gli istituti mettono in moto varie strategie per cercare di reclutare i migliori, compatibilmente con le possibilità del dipartimento, scegliendo con attenzione l’anno in cui bandire certi posti indirizzati. I membri delle commissioni seguono attentamente i percorsi dei giovani, invitandoli a fare seminari nel proprio dipartimento e cercando di individuare i migliori due o tre anni prima di quando hanno veramente intenzione di assumerli. Tutti sanno che se il posto non sarà bandito al momento giusto, i migliori saranno già stati assunti altrove, e il livello dei candidati non sarà sufficientemente elevato. Tutto questo `e impossibile in Italia, perchè nessuno sa quando sarà bandito il prossimo concorso, e quanti posti ci saranno, dunque programmare in anticipo le assunzioni in base alle disponibilità `e impossibile. Quando c’è un posto, si attinge dalla coda, punto e basta. Proposte: Questa situazione `e insostenibile e rischia di portare in breve tempo il sistema di ricerca italiano al collasso. Tuttavia, alcuni interventi, che richiedono solo una riallocazione delle risorse e lo stanziamento di fondi aggiuntivi di modesta entità, potrebbero correggere almeno in parte lo stato delle cose. L’idea `e, da un lato, di scardinare il sistema delle code e il rapporto privilegiato tra un giovane ricercatore e il proprio docente di riferimento; dall’altro, di programmare a lungo termine i reclutamenti. Riportiamo qui di seguito alcune proposte, nella speranza di suscitare una discussione che porti a individuarne molte altre: 1. Incentivare la mobilità in corrispondenza degli avanzamenti di carriera. L’ideale sarebbe ad esempio obbligare chi passa da ricercatore ad associato o da associato a ordinario a cambiare sede; ma questo non può essere imposto per legge, trattandosi di concorsi pubblici a cui tutti hanno diritto di partecipare. Tuttavia si possono adottare incentivi o utilizzare le procedure di valutazione. Si potrebbe ad esempio: Incentivare lo svolgimento della tesi di dottorato in una sede diversa da quella dove ci si `e laureati, aumentando le borse di studio per dottorandi nel caso di cambiamento di sede. Potenziare le cotutele dei dottorati e prevedere anche cotutele interne all’Italia fra due sedi diverse. Si può anche prevedere che i dottorandi debbano seguire dei corsi, fare esami o comunque passare dei periodi in altre sedi, italiane o straniere. Favorire lo svolgimento degli assegni di ricerca in sedi diverse da quella dove si `e svolto il dottorato, prevedendo un cofinanziamento del MIUR in caso di cambio di sede subito dopo il conseguimento del dottorato; Favorire la mobilità nelle assunzioni a ricercatore e nei passaggi successivi della carriera. Per questo scopo si possono utilizzare in maniera sistematica e nota in anticipo i fondi dedicati al riequilibrio del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO). Esiste ad esempio una procedura, introdotta dal ministro Zecchino, che prevede contributi a università che chiamano associati e ordinari da altre sedi. Si noti che ad esempio in Italia fino agli anni ottanta era prassi cambiare università per diventare associato. L’idea `e la stessa che si applica alla guardia di Finanza, i cui vertici vengono costantemente avvicendati per evitare la cristallizzazione di rapporti di potere; la mobilita’ rende piu’ difficile la formazione di baronati. Una prassi del genere `e presente nel concorso CNRS francese già citato: salvo casi eccezionali, i vincitori non vengono assegnati inizialmente al laboratorio dove hanno svolto il dottorato, e non fanno domanda per trasferirvisi per i primi tre anni di contratto. 2. Si può incentivare la mobilita’ anche a livello di corsi di laurea: ad esempio in Spagna esiste un programma di borse che permette di frequentare un anno di studi in una sede diversa6. Analogamente andrebbe promossa in sede europea una seria discussione sui programmi Erasmus che porti a un innalzamento delle borse a livelli che permettano il sostentamento autonomo dello studente e prevedendo, in cambio, una molto maggiore responsabilizzazione dello studente, ad esempio vincolando la borsa al superamento con buoni voti di tutti gli esami. 3. Sarebbe opportuno favorire nei concorsi coloro che hanno collaborazioni con gruppi differenti; ad esempio valutando non solo la qualita’ delle pubblicazioni, ma anche la varieta’ delle collaborazioni. A questo fine sarebbe utile che il candidato possa accludere alla domanda lettere di presentazione di ricercatori italiani e stranieri con cui ha collaborato. 4. Favorire le collaborazioni fra ricercatori di sedi diverse finanziando la creazione di "network" con obiettivi e criteri di valutazione precisi, ad esempio sul modello dei programmi europei, dell’ANR francese e dei PRIN italiani. 5. Favorire le universita’ che programmano i reclutamenti con largo anticipo e contemporaneamente far svolgere i concorsi nello stesso periodo dell’anno, su scala nazionale. Distribuire le risorse, a livello ministeriale, in modo tale che il numero di posti per anno sia pressappoco costante, almeno per i prossimi dieci anni. Meglio pochi posti, ma sicuri e programmati in anticipo, che tanti posti mal distribuiti. 6. Evitare assolutamente stabilizzazioni straordinarie e reclutamenti di massa, che non fanno altro che alimentare il sistema delle code e il precariato, esattamente per lo stesso motivo per cui i condoni fiscali alimentano l’evasione e i condoni edilizi alimentano l’abusivismo. Queste proposte richiedono uno stanziamento minimo di fondi aggiuntivi e tutte dovrebbero essere attuabili in tempi brevi facendo ricorso agli strumenti ordinari di gestione senza bisogno di riforme drastiche, che sono assolutamente auspicabili ma richiedono tempi più lunghi e percorsi accidentati. `E anche opportuno ricordare uno degli effetti piu’ scandalosi prodotti dal sistema delle code, che riguarda l’assistenza didattica e in particolare le docenze a contratto. In molte facolta’ le retribuzioni di questi contratti sono ridicolmente basse, e addirittura, in alcuni casi, si fanno assistenza, esercitazioni ed esami gratuitamente. Se da un lato questo `e accettabile per ricercatori universitari o degli enti che hanno già uno stipendio e vogliono fare didattica su base volontaria, dall’altro i giovani aspiranti ricercatori, in coda per un posto o per un assegno di ricerca, lavorano gratis pur di guadagnare crediti presso il docente e il dipartimento. Si arriva talvolta all’assurdo di professori che propongono una docenza sottopagata come se rappresentasse un enorme beneficio per il proprio giovane collaboratore, sempre in vista di un miracoloso posto da ricercatore "in arrivo", e interpretano un eventuale rifiuto come un’offesa. Si tratta di sfruttamento del lavoro, ormai divenuto prassi in molte facolta’ italiane, specialmente nel settore delle scienze umanistiche. `E assolutamente necessario intervenire con misure volte a contenere questo fenomeno, seguendo l’esempio della facoltà di Scienze dell’Università di Roma "La Sapienza" che ha stabilito che i contratti per didattica non retribuiti possano essere assegnati solamente a ricercatori che abbiano uno stipendio regolarmente erogato da enti o universita’. 7 `E tuttavia importante sottolineare che non tutti i problemi discussi in precedenza possono essere affrontati con misure ordinarie. Ad esempio, il problema dell’assenza di ricercatori stranieri si intreccia ovviamente con il problema più generale della regolamentazione dell’immigrazione. Nel passato le misure legislative adottate in materia non hanno assolutamente favorito, se non addirittura ostacolato l’immigrazione di cervelli stranieri. Inoltre, `e condizionato anche dal problema generale della scarsità di finanziamenti: le retribuzioni dei ricercatori italiani sono tra le piu’ basse in Europa, per non parlare degli Stati Uniti, e in queste condizioni attirare un ricercatore dall’estero `e molto difficile. `E chiaro quindi che per risolvere questo problema, di vitale importanza, sono necessari interventi di pi`u ampio respiro. Conclusioni: La scarsit`a di finanziamenti condiziona il futuro dell’universit`a e della ricerca in Italia, e le proposte qui formulate non saranno certo sufficienti se questa situazione non viene corretta. Ulteriori risorse economiche sono dunque indispensabili, ma `e anche indispensabile che le nuove disponibilit`a di fondi siano contestuali alla modifica del reclutamento, con l’abolizione del sistema delle code, l’introduzione trasparente di criteri meritocratici e la stesura di una ragionevole programmazione delle assunzioni, altrimenti il dispendio di denaro pubblico rischierebbe di andare vanificato, alimentando un sistema non efficiente.

Tutti i risultati e la lista degli iscritti sono consultabili sul sito www.cnrs.fr

Si veda ad esempio l’articolo di S. Settis, http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/scuola e universita/servizi/universitagoverno- 2/grave-impasse/grave-impasse.html 3 F. Sylos-Labini e S. Zapperi, Nature Physics vol.3, pp. 582-583 (01 Sep 2007) e il sito http://pil.phys.uniroma1.it/sylos/tsunami1.html per una bibliografia completa 4 Si veda http://www.statphys23.org/boltzmann medal.html e http://www.statphys23.org/young scientist award.html 5 Si veda anche G. Parisi, Alcune proposte concrete su universit`a e ricerca, http://wwww.dsonline.it/aree/universita/documenti/dettaglio.asp?id doc=29109 6 Il sito di riferimento `e http://www.mec.es/universidades/seneca/index.html