Caro Welby aspetta a staccare la spina

di Ignazio Marino
Caro Welby, ti scrivo in seguito al nostro colloquio di ieri. Ti voglio ringraziare perchè mi hai aiutato a scavare nell’animo umano, nel mio innanzitutto, ed in quello del mio prossimo,di un paziente che confessa la sua sofferenza, esprime la sua rabbia e costringe a cercare di capire la profondità dell’uomo, anche se immobile, anche sedeva stato dalla malattia.

Ti ringrazio perchè mi hai fatto ricordare, ancora una volta, che è per questa ragione che mi sono innamorato della mia professione di medico ed è per questo che ho accettato e cercato anche il ruolo politico che ricopro attualmente. Ieri ho visto con i miei occhi come stai, ti ho potuto visitare, ti ho posto delle domande e tu ne hai poste a me, con rigore e con il tuo modo di essere diretto e senza mezzi termini. Ti ho chiesto se sei davvero sicuro di voler morire. La tua forza intellettuale, così come i ragionamenti che elabori, colpiscono per lucidità e chiarezza e colpisce anche l’amore e la forza della serenità da cui sei circondato all’interno della tua sfera privata. Sinceramente sono rimasto impressionato per la qualità dell’assistenza e delle cure fisiche che quotidianamente, giorno dopo giorno, anno dopo anno, ti vengono fornite e assicurate da mani amiche, premurose ed ormai esperte. Non c’e dubbio che tu abbia anche una ricca vita intellettuale anche se il tuo fisico ti ha quasi del tutto abbandonato, ed è certo che il tuo dramma vissuto con coraggio, rappresenti un’occasione di riflessione per tutti noi, perchè tu stesso lo hai voluto.

Tu non hai avuto esitazioni nel rispondermi che quella che conduci non è una vita come tu la intendi, per te vita è alzarti dal letto, muoverti, respirare senza bisogno di un apparecchio meccanico che lo faccia per te. Per te vita è scrivere e comunicare con il resto del mondo, cosa che riesci a fare solo con enormi difficoltà e attraverso la mediazione di altri. Tu mi hai chiesto perché io, che sono un medico, non antepongo alle considerazioni di carattere politico le richieste di un paziente e quindi perchè non do la mia disponibilità ad accompagnarti nel passaggio dalla vita alla morte, dal momento che io considero che questo tipo di decisioni spetti solo a te e che sia un diritto che dobbiamo rispettare. Mi hai anche chiesto perchè sono contrario all’eutanasia e spero di essere riuscito a farti capire quale sia per me la differenza fondamentale tra sospendere delle terapie che hanno il carattere della straordinarietà, come può essere un respiratore meccanico che certamente non è un mezzo naturale per ossigenare il corpo, e porre volontariamente fine alla vita di un essere umano attraverso la somministrazione di un farmaco letale. Quest’ultimo atto non può essere mai compiuto, a mio modo di vedere, da un medico che ha il compito di assistere i pazienti in ogni fase della loro malattia, compresa quella terminale ma non quello di porre fine alla loro vita.

Ti ho anche risposto, e spero di non esserti sembrato troppo duro, che il mio ruolo attuale mi impone di cercare delle soluzioni che siano di interesse generale per il paese e che il caso del singolo cittadino non può essere oggetto di una legge specifica o di un provvedimento normativo ad hoc. Infine, ti ho espresso quello che mi è venuto in mente guardandoti e comunicando con te e cioè che tu dovresti continuare a vivere, a combattere la tua battaglia politica, a rappresentare una spina nel cuore e nel cervello di tutti noi, che non ci dobbiamo dimenticare della sofferenza dei malati terminali e delle tragiche situazioni che affliggono centinaia di pazienti e le loro famiglie. Ma mi rendo conto che questa è una considerazione che può fare solo una persona che sta bene mentre tu non ce la fai più e quello che non possiamo toglierti è il diritto a decidere per te stesso, un diritto da difendere e che, tra le altre cose, è sancito dalla nostra Costituzione. Caro Piergiorgio, ci siamo lasciati con la promessa di riflettere ancora, per questo vorrei chiederti di non proseguire nella tua determinazione di porre fine immediatamente alla tua agonia. Se sarai capace di resistere e di rappresentare un problema per le nostre coscienze, ci costringerai ad individuare un percorso legittimo e riconosciuto dal nostro diritto.

Al di la del contributo straordinario che tu hai già dato con la tua battaglia umana e politica, si tratterebbe di una vittoria che abbiamo condotto insieme, tu primo fra tutti, e che rimarrebbe legata a te per sempre. So anche che tra non molto la tua malattia ti porterà alla condizione di non poterti più alimentare ne nutrire perchè non riuscirai più a deglutire e avrai bisogno di una sonda inserita chirurgicamente nello stomaco e della nutrizione artificiale. Potrai rifiutare questo ulteriore supporto e sono certo che lo rifiuterai. Ma sei anche consapevole che in questo modo ti spegnerai lentamente e che dovrai sopportare dolore e indebolimento ancora maggiore per molti giorni. Anche per questo auspichi oggi una morte che tu hai definito opportuna, una interruzione della respirazione artificiale e una sedazione che ti permetta di lasciare questo mondo con un minimo di serenità. Mi auguro che arriveremo ad una soluzione prima che si verifichi questa ultima tragica eventualità.

Ti chiedo però un ultimo sforzo, di permettere che i medici ti facciano riposare per due notti, somministrandoti in vena dei farmaci che ti possano dare sollievo, almeno durante il sonno,dalla sofferenza che provi in ogni minuto di veglia; e di ripensare ancora una volta alla tua decisione solo dopo aver tratto beneficio dal riposo. Da parte mia, e credo di interpretare la volontà di molti, faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per individuare il percorso che può essere applicato per dare seguito, nel rispetto delle regole che esistono e che devono essere applicate, alle tue legittime e per nulla improvvisate richieste.
L’autore è un chirurgo ed è presidente della Commissione igiene e sanità del Senato