“Subito un’indagine sull’ eutanasia clandestina”

La richiesta al governo dell’associazione Luca Coscioni. « Ci vuole un’indagine sull’eutanasia clandestina in Italia. Perchè l’eutanasia nel nostro paese viene praticata anche se non ufficialmente”.

A dirlo a chiare lettere è Marco Cappato, presidente dell’associazione Luca Coscioni di cui fa parte Piergiorgio Welby,l’uomo da anni inchiodato al letto dalla distrofia muscolare e che ha scritto al presidente Napolitano rivendicando il diritto di morire. L’altro giorno la provocazione di Pannella che si è detto disposto a staccargli lui la spina ha provocato dure reazioni: accuse di «strumentalizzazioni e mala politica» dall’Udc, di «metodi che non aiutano il dibattito» secondo Moroni di Forza Italia e addirittura di «pornografia della morte» sul sito di Beppe Grillo. Ma i radicali che hanno presentato due proposte di legge e gli uomini dell’associazione Coscioni non si fermano.

«Bisogna stabilire un principio legale e politico: il diritto di una persona a scegliere come e quando porre fine alla sua vita con l’aiuto di un medico». E per questo lanciano un appello. «Ci vuole un’indagine sull’eutanasia clandestina in Italia. È una realtà con la quale fare i conti. Basti pensare che quando in Olanda fecero un’indagine anonima scoprirono che era praticata clandestinamente dal 50% dei medici. E solo allora decisero di fare una legge». Marco Cappato si rivolge al governo, al presidente dell’ordine dei medici e oggi la richiesta di un’indagine verrà presentata ufficialmente alla commissione affari costituzionali. «Si dimostrerebbe che il vero pericolo per un utilizzo scorretto dell’eutanasia si annida proprio nel mantenimento di questa pratica al livello della clandestinità».

Dalle indagini che l’associazione ha vagliato, risulta infatti che dove l’eutanasia è legalizzata c’e il rispetto più grande della volontà del paziente, mentre nei paesi europei come Italia e Svezia dove è illegale, più del 50 per cento delle decisioni di fine vita – sia nel caso di malati capaci sia nel caso di pazienti incapaci di intendere e di volere – non venivano discusse né col malato né con i familiari. «Così si finisce che i malati, in assenza di legge, sono ridotti ad oggetto e non soggetto della decisione del medico e dei parenti».