Staminali, il primo veto di Bush blocca la legge

di Ennio Caretto
WASHINGTON – Con il primo veto della sua presidenza, George W. Bush ha respinto ieri la legge del Senato e della Camera che avrebbe autorizzato il finanziamento pubblico delle ricerche sulle cellule staminali coltivate dopo il 2001. Circondato da 18 «fiocchi di neve», bambini nati da embrioni residui delle cliniche della fertilità poi «adottati» da altre famiglie, il presidente ha detto di non poter consentire che la nazione varchi una cruciale «soglia morale» con i soldi dei contribuenti.

Tra i pianti dei neonati e i sussurri del genitori, Bush ha sostenuto che «il potere della scienza va usato per alleviare la sofferenza umana, non per violare la dignità della vita». Ricordando che l’estrazione delle cellule comporta la distruzione dell’embrione, il presidente ha ammonito che «non si può eliminare una creatura al fine di salvarne un’altra».

Bush aveva ufficializzato la sua posizione nel primo discorso in tv al Paese il 9 agosto 2001. Permetterò, aveva annunciato, che lo Stato finanzi soltanto le ricerche sulle 21 coltivazioni di staminali oggi esistenti. Ieri ha precisato di avere stanziato 90 milioni di dollari per il programma, quanto basta, ha sostenuto, perché la scienza Usa continui a eccellere. E rivolto ai «fiocchi di neve» alle sue spalle ha concluso: «Questi bambini e bambine non sono parti di ricambio. La medicina può essere etica ed efficace a un tempo».

Parole e immagini preparate dai suoi maghi della comunicazione, che hanno suscitato l’applauso dei neocon e le proteste dei liberal. Secondo i sondaggi, tuttavia, il 70% dei cittadini è favorevole all’ampliamento delle ricerche, e i repubblicani, il partito del presidente, potrebbero soffrirne alle elezioni congressuali di novembre.

Il «no» di Bush ha avuto un significato più politico e religioso che scientifico. Insieme con Thomas Jefferson, il terzo presidente degli Stati Uniti, George W. era stato l’unico a non ricorrere mai al veto nei suoi due mandati. Aveva minacciato 141 volte di farlo, ma aveva sempre raggiunto un compromesso con il Senato e la Camera. Ieri ha seguito la sua coscienza di neocon e di cristiano rinato lasciando Jefferson da solo. Non è escluso che il veto sia stato il suo primo e ultimo. Sebbene sia poco rispettoso delle prerogative del Congresso nelle questioni concernenti la sicurezza – di qui numerosi scandali – il presidente non ama esautorarlo sulle questioni sociali.

Una enorme differenza rispetto ai predecessori, perché Reagan pose 78 veti, Bush padre ne pose 44, Bill Clinton 38.
Il Senato, che aveva votato 63 a 37 per l’estensione delle ricerche alle nuove coltivazioni e la Camera, che aveva votato 238 a 194, avrebbero avuto bisogno dei due terzi dei voti per vanificare il veto. Ma il nuovo scrutinio alla Camera ha sostanzialmente confermato il primo risultato: 235 a 193. Per rovesciare il veto sarebbero serviti una cinquantina di voti in più. Sul piano scientifico, l’effetto del «no» di Bush sarà modesto.

I fondi pubblici non sono indispensabili ai laboratori americani, che godono di ingenti finanziamenti privati su cui il presidente ha preferito tacere. Inoltre, se a novembre i repubblicani fossero sconfitti, l’anno prossimo Senato e Camera potrebbero riuscire a far passare la legge. In prevalenza il suo stesso partito si è infatti ribellato al presidente, incitato dalla ex first lady Nancy Reagan, che perdette il marito a causa dell’Alzheimer, una malattia che si pensa curabile con le cellule staminali, e da Arnold Schwarzenegger, il governatore della California.

Alla rivolta di parte dei repubblicani ha contribuito la scoperta che molte delle 21 coltivazioni antecedenti il 2001 erano difettose. Bill Frist, il leader del Senato, un cardiochirurgo, lo ha invano fatto presente a Bush. Gli embrioni sono sì «vite nascenti» ha detto «ma nella maggioranza sono destinati ad andare perduti». Molto meglio quindi impiegarli in ricerche che dovrebbero portare alla cura di malattie come il diabete e il morbo di Parkinson.
Il senatore Alan Specter, che sconfisse due volte il cancro, gli ha dato man forte: «Nelle cliniche della fertilità esistono circa 400 mila embrioni che rimarranno inutilizzati. Sinora, soltanto 128 di loro sono stati adottati da altrettante coppie». E ha concluso: «Tra un secolo, gli americani si meraviglieranno di questa controversia».