Dove osa l’ingegneria cellulare

di Alberto Oliverio
L’Università Cattolica di Roma darà vita a un grande centro per lo studio e la produzione di cellule staminali adulte. Unificando diverse competenze e guardando a cellule staminali di tipo ematico (il sangue), cardiaco, oftalmico, osseo e nervoso, il centro dovrebbe porsi come la maggiore realtà europea in questo settore.

Si tratta anzitutto di coordinare le ricerche di gruppi già attivi e, in secondo luogo, di affrontare alcuni problemi comuni alle staminali adulte. Di partire dal loro isolamento e, in secondo luogo, dalla loro staminalità, vale a dire il potenziale di dar vita a linee cellulari diverse. Nel giro di qualche anno i ricercatori sono stati in grado di isolare cellule staminali, simili a quelle che formano l’embrione, in diversi tessuti e organi del corpo umano, dal sangue allo stesso sistema nervoso. Ma i problemi che si presentano non sono di scarsa entità: in primo luogo sì tratta di individuare negli organi di un adulto cellule staminali in quantità tale da permettere di duplicarle in numero sufficiente. In secondo luogo bisogna stimolare queste cellule in modo che escano dalla loro “pigrizia”, un fatto che le contraddistingue da quel le embrionali, più vivaci e plastiche. È per questo motivo che numerosi gruppi di ricerca cercano di identificare i fattori di crescita che aumentino la sopravvivenza in coltura delle cellule staminali e ne promuovano la moltiplicazione, mantenendone la “staminalità”. L’isolamento di fattori trofici, quali il famoso NGE isolato da Rita Levi Montalcini, è molto importante; le cellule staminali si moltiplicano anche grazie a molecole che agiscono sia nei tessuti di un organismo, sia in vitro. Ad esempio, si è visto che le cellule staminali del sangue isolate dal cordone ombelicale di un neonato, possono dar vita a tessuto sanguigno molto più facilmente; e sono presenti fattori di crescita come l’NGF. Si tratta infine di fare in modo che un particolare tipo di cellula staminale isolata nell’adulto, ad esempio una cellula progenitrice di quelle del sangue, possa trasformarsi in un’altra linea cellulare, ad esempio da staminale ematica (di sangue) a staminale ossea o nervosa. Questo è oggi possibile, anche grazie alle competenze raggiunte da gruppi di ricerca italiani come quello del San Raffaele a Milano, che utilizzano tecniche di ingegneria genetica che possono pilotare le trasformazioni di una linea cellulare in un’altra. Sino a non molto tempo fa, quando si parlava di cellule staminali, si pensava essenzialmente a quelle di origine embrionale che, al momento, sono a tutt’oggi quelle maggiormente in grado di dare origine ai vari tessuti del corpo umano. Questa strategia, però, pone dei problemi di tipo etico: per evitare i problemi immunitari, cioè il possibile rigetto delle cellule trapiantate, bisogna ricorrere alla cosiddetta donazione terapeutica, la produzione di un embrione ai suoi primi stadi derivato da una cellula del corpo di una persona (ad esempio una cellula del sangue o della cute); ma questa strategia, come sappiamo, suscita in molti interrogativi di tipo etico e, in Italia, è stata preclusa da un referendum). Per questo motivo, anche considerando che la ricerca sulle staminali embrionali richiede massicci investimenti economici, la decisione dell’Università Cattolica aderisce a un pragmatismo che, si spera, possa portare a ricadute positive nel campo di diverse patologie. in particolare in quello delle malattie degenerative della terza età, in costante aumento dato l’invecchiamento della popolazione.