Staminali al top

dal Supplemento “Salute di Repubblica” del 15 dicembre 2005 pagg. 14-15

di Adriana Albini*

Se si pensa a quali campi della ricerca biomedica abbiano registrato i maggiori progressi nel 2005, un posto d’onore meritano le cellule staminali, e, più in generale, la medicina rigenerativa. Quale potenziale si cela dietro queste cellule e questa disciplina?

Pensare – analogamente al ricorrere al meccanico per i guasti alla macchina – a fabbricare pezzi di ricambio per il nostro organismo danneggiato o in via di logoramento poteva sembrare fantascienza fino a qualche tempo fa, ora non è più così. Già da decine di anni alcuni organi si trapiantano con sempre maggior successo: rene, fegato, cuore, pancreas. Ma la vera rivoluzione è quella di fabbricare parti dell’organismo “ex novo”. Si chiama ingegneria tissutale o medicina rigenerativa. E’ la disciplina che ci consente di costruire, cellula per cellula, un tessuto o un organo che funzionano male o non funzionano più. La “rigenerazione” si può eseguire in provetta o dall’interno dell’organismo, utilizzando come fabbriche di tessuto cellule somatiche o, ancor meglio, cellule staminali.
L’applicazione più storica delle ricostruzioni in laboratorio è quella del trapianto di cute, un salvavita per i grandi ustionati. Nelle fiasche di cultura si preparano veri e propri lembi di pelle coltivando le cellule epiteliali della nostra epidermide (i cheratinociti), con liquidi nutritivi specifici e uno strato di fibroblasti, resi inattivi, come supporto. Pionieri in questo campo in Italia sono stati Ranieri Cancedda (dell’IST e Università di Genova), e Michele De Luca. Quest’ultimo, con Graziella Pellegrini, è ora impegnato a Venezia e all’Università di Modena, a compiere un miracolo di proporzioni bibliche: ridare la vista ai ciechi, mediante le cellule staminali. Nell’occhio, e in particolare nella parte cosiddetta “ limbus”, il tessuto che si trova al confine tra la cornea e la congiuntiva, si trovano delle cellule multipotenti, in grado di rigenerare un tessuto simile a quello della cornea. Decine di pazienti con lesioni corneali, alcuni non vedenti da anni, sono stati guariti da questa tecnologia, in collaborazione anche con altre istituzioni, recuperando la vista dopo il trapianto delle cornee ingegnerizzate.
Gli scienziati si sono cimentati nell’ultimo decennio con la ricostruzione dei tessuti e degli organi più disparati. L’uretra, la vescica e altri “pezzi” che possono subire danni, dovuti anche a tumori, possono essere preparati in vitro e introdotti nell’organismo al quale, piano piano, si adattano e del quale sono in grado di diventare parte integrante.
Molto utilizzato è il trapianto di midollo. Si lavora anche ai vasi sanguigni, i canali che trasportano nell’organismo la nostra linfa vitale. La difficoltà è trovare una buona cellula “staminale” endoteliale, anche se, almeno a livello diagnostico le CEC (cellule endoteliali circolanti) scoperte da Francesco Bertolini allo IEO, sono già ben definite. Grande impegno, perché bersaglio di malattie genetiche infantili, come la distrofia, è profuso nello studio sul muscolo. Giulio Cossu, e una squadra di ricercatori dell’Istituto San Raffaele di Milano e di Roma studiano l’utilizzo di mesoangioblasti, una classe di cellule staminali associate ai vasi, per ricostruire il tessuto che consente i movimenti.
Malattie tumorali, come gli osteosarcomi, spesso infantili, possono ledere la nostra struttura ossea. E’ possibile orientare le cellule staminali dell’osso a riformare segmenti anche ampi dello scheletro. Sono stati pubblicati studi recentissimi sulla cartilagine (box). Anche su fegato e pancreas si lavora intensamente, in Italia e all’estero. Si sperimenta poi per sostituire pezzi dell’apparato che pulsa per la nostra vita, il cuore. La neovascolarizzazione del miocardio usando angioblasti del midollo spinale adulto o staminali è una sfida in corso. Infine, la ricerca forse più audace, è quella sul cervello. In questo caso l’ingegneria tissutale sembrava davvero ancora fantasia, fino a tempi recentissimi (box).
Alla base della ricostruzione dei tessuti c’è sempre la capacità di reperire cellule immature, possibilmente staminali, in grado di riprodursi in grande quantità, non solo, ma di maturare una specificità compatibile con la parte umana che si vuole “sostituire”. Durante il loro percorso vitale le cellule staminali perdono sempre più la loro potenzialità rigenerativa. Partendo dalle embrionali cosiddette “totipotenti” perché possono dar luogo a qualunque tipo cellulare, come d’altronde accade nell’embrione, alle multipotenti si arriva alle staminali nei tessuti adulti, che hanno maggiori difficoltà replicative.
Al problema etico dell’utilizzo di embrioni congelati, che tante discussioni ha mosso soprattutto sotto referendum, la scienza ha dato questo autunno una possibile risposta alternativa (box).
Dunque l’officina delle staminali ad uso terapeutico sembrerebbe ormai sotto casa.
*Direttore Dipartimento Oncologia Traslazionale – IST Genova

DUE MODI RIVOLUZIONARI PER OTTENERE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI

Le cellule staminali embrionali per ricerca e a scopo terapeutico si ricavano principalmente da embrioni fecondati in vitro e crioconservati, procedura che ha suscitato abbondante dibattito etico e politico. L’altra via per ottenere staminali terapeutiche è la clonazione in vitro mediante l’inoculo del patrimonio genetico di una cellula adulta in ovuli privati del nucleo, metodica che suscita sempre il timore – per quanto estremo – della possibilità di clonare esseri umani. Due studi pubblicati di recente sulla rivista Nature, rivelano nuove possibilità che dovrebbero in parte attenuare i quesiti etici. Si tratta di vie alternative all’ottenimento di staminali embrionali o di clonazione terapeutica “sicura”. Pur essendo studi pioneristici, condotti su modelli animali, aprono nuove finestre sul futuro della medicina rigenerativa.
Robert Lanza e i suoi colleghi (Advanced Cell Technology, Worcester, MA, USA) hanno scoperto un nuovo modo di ottenere cellule embrionali di roditore senza distruggere la capacità dell’embrione di impiantarsi e svilupparsi. La procedura è basata su una tecnica usata nei trattamenti atti a stimolare la fertilità, ovvero la diagnosi genetica preimpianto. Una mini-biopsia costituita da una singola cellula è stata in grado di produrre cinque diversi tipi principali di cellule embrionali staminali. Gli embrioni a cui era stato eseguito il prelievo cellulare sono stati successivamente inseriti nell’utero di topine dove si sono sviluppati fino a nascere forti e sani. Dunque si possono ottenere cellule staminali da embrioni senza “sacrificarli” e senza conseguenze letali del prelievo.
Rudolf Jaenisch e Alexander Meissner del Massaschusetts Institute of Technology, a Cambridge in USA (il mitico MIT) riportano che è possibile creare embrioni di topo clonati, che perdano la capacità di impiantarsi nell’utero e svilupparsi. Il metodo comporta l’impedire che si formi uno strato cellulare, chiamato trofoderma, che permette l’impianto dell’embrione nell’utero. Così non c’è rischio di clonare un essere vivente adulto. Gli scienziati hanno ottenuto questo “meccanismo anti adesione” bloccando Cdx2, un gene che produce una proteina coinvolta nello sviluppo dello strato adesivo. I topi clonati senza cdx2 erano comunque in grado di fornire cellule embrionali capaci di dar luogo a vari tipi cellulari, quando coltivate con gli appropriati cocktail.

AVREMO UN CERVELLO DI RICAMBIO?

I bambini colpiti dal morbo di Batten hanno carenza di un enzima che serve al cervello per liberarsi dei rifiuti metabolici. E’ dunque una malattia progressiva, che portando accumulo di “spazzatura” a livello cerebrale causa gravi alterazioni e morte prematura. E’ possibile ovviare a questo difetto inoculando nella scatola cranica cellule staminali fetali che siano in grado di maturare a neuroni sani e produrre l’enzima di ricambio. La gravità della malattia ha convinto la FDA Americana (Food and Drug Administration) ad approvare il protocollo proposto dai medici Stephen Huhn e Greg Enns dell’Università di Stanford per trapiantare cellule staminali fetali all’interno del cervello dei piccoli pazienti. Questo tipo di trasferimento è avvenuto precedentemente in via sperimentale. Ora però si passa all’uomo, anzi addirittura ai bambini. Le cellule per il trapianto saranno di origine fetale.
L’uso di cellule staminali del cervello – su cui si lavora attentamente presso il San Raffaele di Milano – è ritenuta una promessa per patologie degenerative e poco curabili, tra cui il morbo di Parkinson e l’Alzheimer .

UN CUORE CHE BATTE PER LE STAMINALI

Cellule staminali multipotenti del midollo osseo sono state utilizzate per riparare il cuore danneggiato dall’infarto miocardico acuto. Queste cellule conservano le potenzialità di differenziarsi in diversi tessuti maturi del corpo umano, nel caso specifico muscolo cardiaco e nuovi vasi. La cardiologia delle Molinette (responsabile il Dottor Sebastiano Marra), in collaborazione con il dipartimento di Ematologia universitaria del Professor Corrado Carella e con l’Ospedale di Ferrara, ha messo a punto un sistema semplice di trattamento con cellule staminali osteomidollari che fa uso di iniezione di fattori di crescita e ormoni che stimolano la produzione, da dentro il midollo stesso, di alcune cellule staminali con particolare capacità di moltiplicarsi e riparare. Il trattamento è già stato somministrato ad otto pazienti che hanno deciso di aderire ad uno studio pilota che verrà pubblicato prossimamente ed ha avuto un buon successo clinico.

GLI STUDI PER LA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA

In un recente editoriale sulla rivista Nature, Catherine Zandonella affronta il problema dell’uso di cellule staminali per sconfiggere la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Si tratta di una malattia che progressivamente distrugge le cellule nervose dette motoneuroni. Porta dapprima alla paralisi e poi a morte precoce. Ne soffriva il giocatore di baseball Lou Gehrig, che dovette ritirarsi dallo sport nel 1939 proprio a causa della SLA. Il ricercatore Clive Svendsen, all’Università di Wisconsin, Madison, ha ingegnerizzato cellule staminali neuronali fetali per indurle a produrre una grande quantità del fattore neurtrofico GDNF, che salva i motoneuroni. L’idea è di somministrare non tanto cellule che rimpiazzino quelle danneggiate, ma piuttosto staminali che proteggano i neuroni sani ancora esistenti. Dunque queste staminali terapeutiche andrebbero utilizzate in fasi precoci. In Italia è in corso uno studio pilota, approvato dall’ISS, su sette pazienti affetti da SLA. La sperimentazione, guidata da Letizia Mazzini dell’Università di Novara, utilizza cellule mesenchimai inoculate nel midollo spinale, rimane però ancora allo stadio di determinarne la sicurezza. Esiste un cauto ottimismo per un futuro, anche se non proprio alle porte.

CARTILAGINE IN PROVETTA

Cellule staminali embionali umane sono state convertite con successo in cartilagine da ricercatori dell’Imperial College di Londra. Per ora le cellule sono solo state impiantate in modelli sperimentali, ma la cartilagine formata sembra molto simile a quella naturale. Il lavoro, pubblicato su Tissue Engineering da Archana Vats e collaboratori, suggerisce l’impiego del nuovo tessuto per numerosi problemi medici, tra cui danni sportivi, sostituzioni di giunture, e persino in chirurgia cosmetica.

QUALCHE PRECAUZIONE

Il Dipartimento di Ematologia dell’Università di Firenze, in un articolo firmato da C. Nozzoli, A. Bosi e collaboratori, ha pubblicato in questi giorni il caso di un uomo che ha riportato una malattia linfoproliferativa a seguito di trapianto allogenico di cellule staminali. La remissione della sua malattia, una leucemia mieloide acuta, era stata completa, ma la presenza del virus EBV nelle cellule trapiantate ha causato il linfoma. Le infezioni virali sono uno dei possibili fattori di rischio che richiedono le maggiori attenzioni nell’uso di cellule staminali in medicina rigenerativa.

ESPRIMONO “NANOG” E FANNO BUON SANGUE

Il laboratorio di Sergio Romagnani, ordinario di immunologia all’Universita’ di Firenze ha identificato una nuova popolazione di cellule staminali nel sangue che rappresentano i progenitori delle cellule endoteliali circolanti. Nei prossimi mesi, per verificarne la “superiorità” terapeutica verrà proposto un trial per pazienti affetti da ischemia agli arti inferiori, da trattare sia con le staminali ottenute con il nuovo sistema, che con le staminali ottenute con il più tradizionale prelievo di midollo.
Le cellule, scoperte nel sangue adulto da Paola Romagnani, esprimono la molecola CD34 tipica delle cellule staminali emopoietiche, il CD14 e i markers “NANOG” e OCT4. Lo studio è stato pubblicato su Circulation Research.

2005: I TRAPIANTI HANNO PIU DI 50 ANNI

Il primo trapianto nel mondo avvenne nel 1954 a Boston, ad opera di Joseph Murray. Un uomo ricevette un rene da suo fratello gemello, per evitare rischi di non compatibilita’ e di rigetto allora ancora problematici.
Nonostante i progressi quasi incredibili sono ancora migliaia i pazienti in attesa di un nuovo organo. Oltre a rene, fegato, duore, pancreas, le uove tecniche permettono di occuparsi anche di cistifellea, polmoni intestino, mentre si sta sperimentando su parti di arto, come la mano, o settori del volto.
Una delle frontiere, oltre alle staminali, sono gli xenotrapianti, ovvero il trapianto d’organo da animale all’uomo, anche se, secondo l’esperto Umberto Valenti dell’Università di Genova problemi etici e dubbi sulla possibile trasmissione di agenti infettivi hanno rallentato le sperimentazioni.

*Direttore Dipartimento Oncologia Traslazionale – IST Genova