Staminali, la terza via per crearle

di Elena Dusi
“Un artefatto a metà strada tra embrioni e cellule adulte”

Le cellule staminali appaiono come la pietra filosofale della medicina del futuro. Ma come ottenerle rimane questione aperta. Gli scienziati si muovono tra due ipotesi. Da un lato c’e la strada dell’isolamento delle staminali dagli individui adulti (ma quantità e qualità di queste cellule lasciano a desiderare). Dall’altro c’e l’utilizzo degli embrioni (con i problemi etici che ne conseguono). La caccia a una terza via parte dagli Stati Uniti.

Gli scienziati americani stanno infatti perdendo terreno rispetto ai colleghi di Europa e Asia a causa dei limiti imposti dalla legge al finanziamento sulla ricerca delle staminali da embrione. Un gruppo di ricercatori del Consiglio presidenziale di bioetica ha scritto il documento “Vie alternative per ottenere cellule staminali” e una delle possibilità è realizzare un ” artefatto biologico ” che stia a meta strada tra embrione e cellula adulta. Le prime tappe del procedimento assomigliano a quelle della clonazione: Si preleva una cellula uovo privata del suo materiale genetico da un lato. Si isola il materiale genetico di una cellula adulta dall’altro e si fondono i due elementi. Seguendo la strada classica, l’operazione porterebbe alla nascita di un embrione donato. Gli scienziati americani pensano invece prima di inserire il Dna della cellula adulta nella cellula uovo di “mettere a tacere” i geni che presiedono allo sviluppo embrionale. Si formerebbe così un grappolo di staminali, ma come una macchina senza chiave di accensione, da questo grumo di cellule non potrebbe mai svilupparsi un essere vivente. «Cio che suggeriamo – ha spiegato il bioeticista William Hurlbut al New York Times – è la creazione di qualcosa che non arriva mai al livello di essere vivente. Non possiamo definire embrione umano qualcosa che non diventerà mai un essere umano». Prima di riutilizzare le staminali per fini terapeutici, «occorrerebbe però riattivare i geni che erano stati messi a tacere in precedenza. E giocare così di fino con i frammenti del Dna non è ancora realistico per noi», spiega Carlo Alberto Redi, biologo dell’università di Pavia e dell’Accademia dei Lincei. Un’altra delle strade suggerite nel documento coincide con un filone di ricerca portato avanti da un pugno di laboratori nel mondo, compreso quello di Redi in collaborazione con la Longview Genomics. «Pensiamo di creare tin “citoplasto artificiale”. un ambiente che riproduce le condizioni della cellula uovo. Come quest’ultima è in grado di dar vita a un embrione insieme a uno spermatozoo, così il citoplasto artificiale dovrebbe riprogrammare una cellula adulta”, spiega Redi. Cioè a riportare indietro la sua macchina del tempo fino alla condizione di cellula staminale. «La cellula uovo è un laboratorio di biologia molecolare completo. Nessun processo della vita le è estraneo. Arrivare a conoscerlo fino in fondo è un’impresa unica, ma credo che sarà la strada giusta», conclude Redi.