Veronesi rinuncia: resto con i malati

di E. Soglio
«Non mi candido a Milano». Fassino: ci pensi. Prodi: rispetto la scelta

L’oncologo e le polemiche sulla sua corsa per la carica di sindaco: «L’oggettività è incompatibile con le logiche politiche». Boselli: tra noi c’è chi vuol perdere

MILANO — Dopo quaranta giorni di riflessioni, incontri ed esposizione mediatica a plausi e critiche, Umberto Veronesi ha detto di no. Non sarà candidato sindaco nella «Milano che mi ha visto nascere, crescere, combattere, studiare e lavorare» , ne per l’Unione né per una sua lista civica. Semplicemente, resta «con i malati e i ricercatori» che in questi giorni gli hanno fatto capire «il significato del mio conflitto: l’impegno in favore della scienza contro la malattia e il dolore, non è una mia attività. È la mia vita».

LA LETTERA — Per il passo indietro, atteso e temuto dai vertici ds e sdi, i due partiti che piu tenacemente hanno sostenuto l’oncologo, Veronesi ha scelto la formula semplice e non personalizzata della dichiarazione ai giornali. Le due cartelle sembrano un messaggio alla città: «Il mio abito mentale e quello della scienza, della ricerca e della medicina, seguendo il metodo razionale dell’oggettività, spesso percepito come incompatibile con le logiche politiche» . E questo è il solo accenno al ruolo che, sulla decisione, possono avere avuto le polemiche sollevate in questi 40 giorni da chi, all’interno dell’Unione, ha sollevato perplessità: sull’ eventuale conflitto di interessi, sull’ipotesi che l’operazione avrebbe portato alla vittoria dei «terzisti» sulla coalizione, sul rischio che con Veronesi potessero tornare a comandare i politici della Milano da bere. Critiche e perplessità che si erano acuite quando Veronesi aveva spiegato di sentirsi «libero di dire quello che pensa» esprimendo così apprezzamenti per la politica di Albertini e Formigoni e plaudendo al ministro Storace.
PARTITI DIVISI — «Pur comprendendo e apprezzando l’alto valore morale delle motivazioni che hanno ispirato la decisione del professor Veronesi, mi auguro che sia ancora possibile un supplemento di riflessione che consenta a Milano di avvalersi di una personalità di così alta e riconosciuta autorevolezza» auspica Piero Fassino, informato per primo della decisione. Più duro Enrico Boselli, che esprime l’amarezza di tutti i socialisti «per l’occasione mancata”: «A Milano sembra si punti a perdere e questa è l’attività prevalente di alcune personalità e di alcuni partiti. Si facciano avanti con le loro proposte, ora, anche se dubito ne abbiano».
UN VIRUS — Interviene il radicale Daniele Capezzone: «Constato che, per uno strano virus, appena compare uno splendido liberale che non parla il politichese, la politica si impaurisce e gli si ritorce contro». Sul caso si esprime anche Romano Prodi: «Mi dispiace molto che neanche un ulteriore candidato, ma la scelta di Veronesi va rispettata» . Margherita e Rifondazione, che insieme ai Verdi e ad alcune associazioni del Cantiere, avevano sostenuto con toni più o meno severi la non opportunità della candidatura, respingono al mittente le critiche:« Non possiamo sentirei in colpa -taglia corto il senatore Nando Dalla Chiesa – per non avere contribuito alla delegittimazione della classe politica milanese». Il sindaco Gabriele Albertini aveva predetto per primo che Veronesi non si sarebbe candidato: «Sarebbe stato fuori dai suoi schemi mentali e sarebbe stata una grave perdita per la scienza». Il presidente della Provincia, il diessino Filippo Penati, ammette la «grande amarezza per l’occasione persa» . E adesso riparte il totocandidato.