CNB, Cappato-Berardo: “Si eviti figuraccia di fondamentalismo vaticano su embrioni ibridi”

Se dovesse passare al Comitato Nazionale di Bioetica il testo predisposto da Assuntina Morresi, sulla "moratoria" per la ricerca sugli ibridi (che pubblichiamo di seguito a questo comunicato) avremmo l’ennesima conferma che questo tipo di Comitato nella sua maggioranza è composto da passacarte del Vaticano e va al più presto riformato nel metodo della sua composizione.

Dichiarazione di Marco Cappato e Rocco Berardo, segretario e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni

Assuntina Morresi vuole sapere come l’Associazione Luca Coscioni abbia potuto visionare il documento riservato del Cnb sugli embrioni ibridi senza dir nulla sul merito del provvedimento. Visti i metodi di lavoro del Cnb presieduto da Casavola – che ha abbondantemente ricorso ad epurazioni e atti arbitrali, sanzionati dalla magistratura, che hanno portato alle dimissioni di personalità del livello di Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini – come Associazione Coscioni riteniamo doveroso utilizzare l’arma della "pubblicità" di documenti riservati come unica difesa possibile contro manovre ideologiche, antiscientifiche e antietiche. Per questo abbiamo deciso di pubblicare su old.associazionelucacoscioni.it, il documento sugli embrioni ibridi, espressione di una campagna di disinformazione e di un’assenza totale di confronto del Cnb in quanto tale, con le personalità scientifiche coinvolte. Dove abbiamo ottenuto il documento? Visti i contenuti, potremmo anche averlo ottenuto in Vaticano.

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La premessa del documento presentato da Assuntina Morresi al Comitato Nazionale di Bioetica sul tema degli ibridi e delle chimere, riassume sin dall’inizio la predisposizione antiscientifica del testo, quando l’autrice si pone l’obiettivo di affrontare il tema anche rispetto al suo "impatto nell’immaginario".

Il problema è che l’immaginario collettivo non corrisponde alla realtà, ma alla manipolazione, costante (e documentata dal Centro di Ascolto in occasione della visita di Minger quando fu ospitato dall’Associazione Coscioni a Roma per un seminario di approfondimento su questa materia e non fu fatto parlare per un solo secondo in nessuna televisione a fronte di ampie interviste a Monsignor Sgreccia) dell’informazione Rai e Mediaset.

Non esiste nessuna "chimera", nessun "mostro". E’ semplice: a un ovulo di mucca viene tolto il suo nucleo, e rimane per questo privo del suo dna. Inserendo in questo una cellula umana si produce, dunque, un embrione del tutto umano, che verrà utilizzato per prelevare staminali embrionali.

Il CNB secondo la Morresi dovrebbe deliberare essere eticamente inaccettabile che si curino eventuali malattie con questo procedimento, perché si offenderebbe la dignità dell’uomo.

Se il CNB si volesse rifiutare di fare da "passacarte" del Vaticano, questo testo dovrebbe essere respinto in blocco. Ma davvero un comitato di bioetica in nome della dignità dell’uomo (cioè dell’embrione) escluderebbe una ricerca scientifica volta alla cura di malattie gravi dell’uomo?

L’auspicio finale di questo documento, però, quando chiede una "Moratoria" su questo tipo di ricerca, mette la firma definitiva su quale ispirazione pervade gli autori.

 

 

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IL DOCUMENTO PRESENTATO AL CNB
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Chimere ed ibridi

Premessa

Considerare un tema come quello degli ibridi e delle chimere non significa solo esaminare problemi di tipo scientifico ma anche affrontare il loro impatto nell’immaginario: i termini che sono stati scelti per questo tipo di ricerca, infatti, sono carichi di valenze culturali antiche e profondamente radicate nell’animo umano, che influenzano anche la percezione dei risultati scientifici.

Mentre il termine ibrido nasce in ambito scientifico, e specificatamente botanico, quello di chimera ha una lunga storia simbolica e letteraria alle spalle.

Chimera compare nel V libro dell’Iliade come il primo mostro che mescola sembianze umane ed animali, figlia di una serpe e di un mostro umanoide, Tifeo, nato dall’unione di due divinità primigenie, Tartaro e Gaia. Chimera, come tutti gli altri innumerevoli mostri della mitologia greca (si pensi a quelli uccisi da Eracle nel corso delle sue "fatiche"), rappresenta un altro dall’umano abbastanza però simile all’umano stesso da rappresentare una sorta di sua forma degradata: perciò l’uomo -rappresentato emblematicamente dall’eroe- deve sconfiggere i mostri in cui si imbatte, per affermare pienamente la propria umanità (e per accedere alla compiuta costruzione della civiltà). Si può comprendere quindi come l’evocazione di un nome come Chimera generi timori profondi, che si radicano nel nostro inconscio collettivo e ci facciano pensare ad epoche lontane e minacciose, da cui l’uomo si è dovuto faticosamente affrancare. Ma al tempo stesso è un termine che può, sempre a livello inconscio, suscitare ambizioni di rivalsa verso tutto quanto rimane misterioso, e non del tutto comprensibile scientificamente, come l’origine della vita.

Stato dell’arte

La produzione di embrioni interspecie uomo/animale è attualmente vietata dalla normativa italiana (L. 40/2004, art.13).

L’argomento è stato affrontato nel documento del Cnb "Identità e statuto dell’embrione umano", approvato il 22 giugno 1996, quando si afferma che il Cnb fra i "trattamenti moralmente illeciti nei confronti degli embrioni umani, a qualunque stadio del loro sviluppo" unanimemente ritiene annoverare anche "creazione di chimere; produzione di ibridi uomo-animale; trasferimento di embrioni umani in utero animale o viceversa".

Il Cnb ritiene comunque importante prendere in esame il problema, vista la rilevanza che ha assunto nel dibattito internazionale soprattutto a partire dal 2005, quando due gruppi di scienziati inglesi hanno dichiarato di voler chiedere all’ Hfea, l’authority britannica che regola la ricerca sugli embrioni umani, la licenza per creare embrioni ibridi citoplasmatici, cioè embrioni interspecie uomo/animale utilizzando la Scnt (Somatic Cell Nuclear Transfer), in altre parole la stessa tecnica utilizzata per clonare la pecora Dolly[1].

La questione degli organismi interspecie è un capitolo importante del dibattito etico che da decenni si occupa del problema del superamento della barriera fra le specie degli esseri viventi. A porsi è innanzitutto il problema della definizione della identità di specie: fu l’uso della tecnologia del Dna ricombinante a scatenare il dibattito negli anni ’60 e ’70, nel quale si discuteva dell’esistenza di barriere naturali fra specie diverse, e dell’opportunità per gli scienziati di poterle un giorno superare[2]. A tutt’oggi il dibattito sulla definizione di specie è aperto: attualmente si contano fra nove e ventidue definizioni possibili nella letteratura biologica[3] e non c’è ancora una definizione sufficientemente condivisa.

Nel presente documento non si vuole affrontare questo problema, e si fa riferimento al concetto biologico generico di specie, cioè individui simili fra loro in grado di accoppiarsi e di dare prole feconda.

Quando ci si riferisce all’attraversamento della barriera fra le specie, si intende quindi una combinazione di materiale genetico o cellulare da due organismi che si riconoscono appartenere a specie differenti (un essere umano, una mucca).

I viventi interspecie sono riconducibili a tre categorie:

Chimere: organismi che contengono cellule con patrimonio genetico diverso, provenienti da due o più organismi geneticamente distinti appartenenti alla stessa specie o a specie differenti.

Possono quindi essere considerate chimere quelle persone che subiscono un trapianto di un organo, e momentaneamente anche chi si sottopone ad una trasfusione, o una donna che, diventata madre, conserva nel proprio organismo cellule di origine fetale.

Transgenici: organismi il cui patrimonio genetico contiene geni aggiunti al Dna nucleare e mitocondriale originale, o modificati. La produzione ad esempio di animali transgenici, con un gene umano introdotto nella linea germinale animale e trasmesso a tutte le cellule dei discendenti, è una tecnica usata per la produzione di sostanze ad uso farmaceutico e come modello per malattie umane.

Ibridi: organismi in cui tutte le cellule hanno lo stesso patrimonio genetico, il quale però si origina da incroci di individui appartenenti a specie differenti. Generalmente si ottengono combinando gameti di individui appartenenti a specie diverse: il mulo è probabilmente l’ibrido naturale più noto.

Chimere, transgenici ed ibridi, di per sé, quindi, non necessariamente sono legati a problemi etici.

Lo stesso si può dire per alcune tipologie di chimere umano/animale: l’inserimento di cellule umane in cavie animali per sperimentazioni cliniche, o la possibilità di utilizzare organi animali o parti di essi per sostituirne di difettosi negli esseri umani sono ritenuti eticamente accettabili, e ricadono nelle problematiche più ampie della sperimentazione umana e/o animale[4] ().

Il problema cioè non sorge quando si mischiano tessuti e cellule umani ed animali, di per sé, ma quando le chimere umano/animale sono esseri viventi di identità incerta, nei quali non è più visibile il confine fra le specie umana ed animale.

Riguardo alle chimere, per meglio individuare i punti critici da un punto di vista etico può essere utile distinguere fra chimere umano/animale che si formano aggiungendo cellule ad individui adulti, dopo la nascita, e quelle invece in cui le cellule vengono aggiunte quando l’individuo è allo stato embrionale o fetale.

Nel primo caso le cellule non avranno l’opportunità di svilupparsi, differenziarsi e diffondersi nell’organismo allo stesso modo di come può avvenire nei primissimi stadi dello sviluppo, e l’identità dell’organismo chimerico risultante rimane comunque ben definita (come per esempio nei trapianti di organi, o di tessuti).

Nondimeno alcuni esperimenti mostrano come anche in questa circostanza possano porsi problemi etici, precisamente quando le cellule da inserire negli individui adulti sono di tipo neuronale o germinale. Ad esempio nel 2005, nel corso di una ricerca sul morbo di Parkinson, sono state trapiantate cellule staminali neuronali di un feto umano di 13 settimane in un’area cerebrale di un esemplare di "African green monkeys" nel quale i neuroni che producevano dopamina erano stati distrutti. Dopo 7 mesi le cellule impiantate erano diventate funzionali e avevano parzialmente sostituito quelle distrutte[5]. Sono noti anche tentativi di trapianti di cellule che potessero svilupparsi in cellule germinali, da esseri umani ad animali, allo scopo di far produrre ad animali cellule umane germinali: ad esempio trapianti di cellule capaci di svilupparsi in spermatozoi, da testicoli umani a testicoli di topo resi immunodeficienti[6], o anche di ovaie umane in topi[7]: se gli esperimenti fossero riusciti, per esempio i testicoli murini avrebbero prodotto spermatozoi umani e murini, e si sarebbero sviluppati ovociti umani nei topi chimerici, con la ipotetica successiva possibilità che embrioni umani potessero nascere da animali che producono gameti umani.

Il problema dell’identità del nuovo essere vivente si pone sempre, invece, quando le chimere umano/animale vengono formate nei primissimi stadi di sviluppo embrionale, o di quello fetale – quando cioè le cellule inserite possono svilupparsi e diffondere nel nuovo organismo modificandolo sostanzialmente – e in tutti gli ibridi umano/animale. Questi ultimi si possono distinguere in due gruppi: gli ibridi veri e propri, cioè quelli che si formerebbero dalla fusione di un gamete umano e uno animale, e i cibridi, o embrioni ibridi citoplasmatici, che si ottengono mediante trasferimento nucleare, inserendo il nucleo di una cellula somatica umana in un ovocita enucleato.

Potrebbero esistere poi embrioni umani transgenici, cioè embrioni umani in cui vengono inseriti geni animali: in questo caso le situazioni possono essere le più diverse a seconda della tipologia di genoma inserito.

Le possibilità di mescolamento umano/animale sono quindi diverse e presentano problemi etici differenti; in tutti i casi, comunque, si pone il problema della definizione dell’umano. Si pone cioè il problema di individuare le caratteristiche che permettono di definire "umano" un essere vivente chimerico, transgenico o ibrido – sempre del tipo umano/animale- prodotto in laboratorio.

L’avvento delle nuove tecnologie riproduttive ha messo in crisi la definizione di essere umano come risultato della fusione di gameti maschili e femminili: la possibilità di creare embrioni umani mediante tecniche di clonazione e di fusione cellulare, le stesse tecniche di fecondazione in vitro – l’ICSI, ad esempio – e le manipolazioni fattibili sugli embrioni in laboratorio e sulle cellule neuronali e germinali hanno aperto possibilità di forme di vita nuove, non riconducibili a quelle conosciute.

Nell’ambito di questa enorme tematica, che comprende non solo lo statuto dell’embrione, ma anche i problemi della definizione di specie, e quella in particolare di embrione appartenente alla specie umana, il Cnb ha ritenuto opportuno limitarsi a prendere in esame in dettaglio una sola forma di essere vivente interspecie, e cioè gli embrioni ibridi citoplasmatici, o cibridi.

Questa problematica specifica ha ragione di essere esaminata perché

1. attualmente appare essere una delle possibilità, forse l’unica, di proseguire nella strada della clonazione aperta dalla nascita della pecora Dolly.

2. La procedura che si segue per creare questo tipo di organismi è sufficientemente standardizzata da poter essere riprodotta e gli organismi che si potrebbero creare hanno caratteristiche genetiche ben determinate, che permette di individuarli e definirli con precisione.

3. L’autorizzazione concessa dall’Hfea – un’Authority – a questo specifico esperimento per due gruppi di ricerca inglesi è un atto estremamente significativo, che potrebbe costituire un precedente importante dal punto di vista giuridico e bioetico (analogamente a quanto accaduto in occasione della pubblicazione del Rapporto Warnock, punto di riferimento imprescindibile nel settore della procreazione assistita) per la comunità scientifica in particolare ma anche per l’opinione pubblica in generale.

Embrioni ibridi citoplasmatici: di che si tratta

Comunemente indicata con l’espressione "clonazione terapeutica", la tecnica Scnt permette, teoricamente, di creare embrioni con il patrimonio genetico di un individuo adulto, utilizzando un solo gamete: si parte da quello femminile, cioè un ovocita, lo si priva del nucleo, e lo si sostituisce con quello di una cellula somatica adulta di un individuo della stessa specie. Opportunamente stimolata – chimicamente e/o elettricamente – questa entità si comporterà come un ovocita fertilizzato, e comincerà a dividersi e differenziarsi fino a dare origine a un nuovo organismo, che avrà lo stesso patrimonio genetico nucleare del donatore della cellula somatica adulta.[8]

Lo scopo principale è quello di creare linee cellulari, e di conseguenza tessuti umani, pienamente compatibili con il donatore, in modo da poter essere utilizzati per eventuali applicazioni mediche e cliniche ( in primis la sostituzione di tessuti danneggiati da patologie degenerative, come ad es. il Parkinson) senza problemi di rigetto. Una possibile applicazione della medicina rigenerativa.

Un’ulteriore finalità dello stesso esperimento è di tipo prettamente conoscitivo, cioè esplorare i meccanismi della riprogrammazione cellulare ad opera del citoplasma dell’ovocita: la Scnt può anche essere vista come quella procedura che permette ad una cellula adulta di "ringiovanire" fino allo stadio embrionale, grazie a proprietà ancora sconosciute, riconducibili all’ovocita enucleato.

Ma a dieci anni dalla clonazione di Dolly il bilancio della Scnt è fallimentare, per quanto riguarda l’efficacia della tecnica in sé. E’ dell’1-2% la percentuale di gravidanze di animali clonati che arriva a termine, "con un’elevata incidenza di interruzioni di gravidanza e di mortalità neonatale"[9]mentre nell’uomo la tecnica finora non ha mai dato risultati: a tutt’oggi non esistono linee di cellule staminali embrionali umane ricavate da embrioni umani clonati. L’unico che aveva annunciato di esserci riuscito è stato il veterinario coreano Hwang Woo Suk, protagonista di quella che è stata definita la più grande frode scientifica del secolo[10].

Dalla letteratura del settore appare abbastanza evidente lo scetticismo di tanti scienziati nei confronti della Scnt; nondimeno, da diverse parti si sostiene che la totale mancanza di risultati nell’uomo sia dovuta alla scarsità di ovociti umani disponibili.

Nasce quindi l’ipotesi di utilizzare ovociti animali, anziché umani, disponibili in quantità illimitata; ma la procedura Scnt utilizzando ovociti animali porta inevitabilmente alla creazione di entità nuove dal punto di vista biologico, il cui patrimonio genetico sarà umano per quanto riguarda il Dna nucleare, ed animale per quanto concerne il Dna mitocondriale.

Impropriamente chiamati dai media embrioni chimera, si tratta in realtà di embrioni ibridi citoplasmatici, o cibridi; ed è su questo tipo di embrioni interspecie che si è focalizzato negli ultimi due anni il dibattito internazionale, specie dopo che l’Hfea ha dichiarato fattibile questo tipo di ricerche in Gran Bretagna.

Nel novembre del 2007 la rinuncia pubblica del Prof. Ian Wilmut, il "padre" della pecora Dolly, a proseguire gli studi sulla Scnt, per rivolgersi alle nuove tecniche di "riprogrammazione" nucleare messe a punto dal ricercatore giapponese Shinya Yamanaka, ha contribuito ad aumentare i dubbi sulla reale utilità in prospettiva terapeutica di questa strategia sperimentale per poter ottenere linee cellulari staminali embrionali[11].

Il presente documento è diviso in tre parti: una prima che esamina l’argomento da un punto di vista scientifico, in cui vengono discusse le basi della ricerca, i risultati attesi, e i problemi di sicurezza. Una seconda fa il quadro della situazione internazionale da un punto di vita giuridico e illustra le problematiche legali che emergono con la creazione della nuova entità, con particolare attenzione alla situazione inglese. La terza parte tratta delle problematiche di tipo bioetico.

 

1. Un punto di vista scientifico

1.a
La principale applicazione prevista delle cellule staminali embrionali è la sostituzione di cellule o tessuti danneggiati da una malattia; in molti casi attualmente questa viene effettuata mediante trapianto di organi, ma la scarsità della disponibilità degli organi stessi, insieme ai problemi legati a tolleranza e rigetto rendono tale procedura non percorribile su larga scala, come sarebbe necessario.

La scoperta delle cellule staminali ha aperto nuove strategie terapeutiche, basate sulla possibilità di espandere in coltura cellule "di ricambio": se le staminali sono di tipo embrionale, la loro pluripotenza dovrebbe dare la possibilità di generare cellule di qualsiasi tipo di tessuto.

Il problema della compatibilità immunologica sarebbe poi superato se si riuscisse a produrre linee cellulari con lo stesso patrimonio genetico della persona malata, che deve effettuare la sostituzione dei tessuti danneggiati.[12]

Ma i progressi della tecnica di Scnt in questi anni sono stati insoddisfacenti, sia in termini di efficacia che dal punto di vista del benessere degli animali che ne sono nati[13]. Le ipotesi sulle cause di tale fallimento sono diverse, alcune delle quali già individuate, altre in via di investigazione. D’altra parte, come illustrato nel parere Cnb del 27.10.2000, "un altro problema che rende il trapianto nucleare una opzione terapeutica difficile da generalizzare sul piano clinico è il numero finito, non estensibile a volontà, delle cellule uovo umane disponibili". La Scnt fino ad oggi si è dimostrata una tecnica scarsamente efficace, necessitando di un elevato numero di ovociti.

Per quanto concerne le applicazioni sugli esseri umani, gli ovociti disponibili provengono da cicli di fecondazione in vitro, ma spesso "sono ovociti exhausted già prima di essere usati"[14]: prodotti per la maggior parte da stimolazioni ovariche su donne con problemi di fertilità, che potrebbero essere inutilizzabili di per sé.

Servirebbero ovociti freschi, possibilmente da donne giovani, e quindi fertili, ma finora, anche se pagate in modo diretto o surrettizio, le donne non si sono dimostrate in genere disponibili a subire procedure tanto invasive per presunti e ipotetici futuri successi della ricerca scientifica.

La commissione Dulbecco aveva già suggerito un’alternativa agli ovociti umani, qualora si volesse seguire la Scnt, anche se la proposta indicata non è sovrapponibile alla produzione di cibridi:

"E’ perciò prevedibile ed auspicabile che la attuale dipendenza dagli oociti di donna possa venire rimpiazzata da tecniche che prevedono l’impiego di estratti citoplasmatici di altre specie animali, o citoplasti prodotti artificialmente, così da poter effettuare in provetta la riprogrammazione genetica dei nuclei delle cellule somatiche. Prevenendo possibili pressioni sulla salute della donna (come ricordato dal recente documento europeo Ethical aspects of human stem cell research and use), tale approccio risulta particolarmente interessante."

In letteratura esiste un’unica pubblicazione scientifica ad indicare che la strada della produzione di cibridi mediante Scnt è percorribile; nel 2003 sulla rivista Cell Research è stata pubblicata la descrizione del primo esperimento del genere: cellule del prepuzio di due bambini di cinque anni, della epidermide di una donna di 60 e di due uomini furono fuse con ovociti di coniglio. Dei 400 embrioni creati, circa 100 sono arrivati allo stadio di blastocisti, cioè capaci di dare cellule staminali embrionali, da cui originare linee cellulari[15].

Finora nessun gruppo di ricerca è riuscito a riprodurre l’esperimento, neppure i medesimi autori della pubblicazione, e nella letteratura scientifica emergono dubbi sugli effettivi risultati ottenuti dall’esperimento in questione.

Il noto ricercatore di cellule staminali embrionali Robert Lanza, dell’Advanced Cell Technology[16], ha dichiarato che il suo gruppo ha lavorato a lungo per produrre questo tipo di embrioni, ma inutilmente: arrivati allo stadio di 16 cellule, quello immediatamente precedente alla blastocisti, lo sviluppo si è sempre bloccato, probabilmente, secondo Lanza, per un’incompatibilità fra i patrimoni genetici appartenenti a specie diverse, che smetterebbero di "dialogare fra loro".

La letteratura scientifica sul ruolo della funzione mitocondriale e del Dna mitocondriale nell’ovocita e nello sviluppo embrionale[17], insieme a quella concernente le patologie legate ad alterazioni della funzionalità mitocondriale[18] è vasta e testimonia l’ampio dibattito tuttora in corso.

E’ comunque riconosciuta l’importanza fondamentale dei mitocondri per la fisiologia cellulare, nonché la forte interazione fra Dna mitocondriale e nucleare, e che "mitocondri inadeguati o perturbati possano influenzare negativamente il successo della SCNT"5. I dati ricavati da numerosi esperimenti su animali inoltre indicano che interazioni efficaci nucleari-mitocondriali in esperimenti SCNT sono limitate a combinazioni intra-specie, inter-subspecie o interspecie che avevano già mostrato un certo grado di successo per l’ibridazione per riproduzione sessuale.

E’ inoltre possibile che insieme al nucleo, anche parte del citoplasma del donatore sia trasferito nell’ovocita enucleato, dando luogo al fenomeno della eteroplasmia già precedentemente citato, che nella letteratura scientifica è associata a un ridotto sviluppo embrionale.[19]

Riguardo al possibile utilizzo degli esperimenti per lo studio di malattie neurodegenerative, si sa che molte di queste sono dovute, direttamente o indirettamente, ad alterazioni che coinvolgono l’attività mitocondriale.

Nel dibattito scientifico attuale ci si chiede in che modo cellule ibride di questo tipo possano dare informazioni utilizzabili per la comprensione del meccanismo di malattie che coinvolgono, in grado maggiore o minore, proprio la funzionalità mitocondriale.

Ci si chiede, cioè, com’è possibile prendere a riferimento un modello cellulare ibrido uomo/animale, in cui la funzionalità mitocondriale, e quindi il ciclo energetico cellulare, è sconosciuta: in altre parole il dubbio è quello di poter utilizzare efficacemente un modello con funzionalità mitocondriale alterata e comunque sconosciuta per studiare malattie dovute a loro volta ad un’alterazione della stessa funzionalità, e a sua volta sconosciuta.

Si parla allora di "piccolo contributo" del patrimonio genetico mitocondriale rispetto a quello nucleare, volendo così affermare la sostanziale identità fra un embrione ibrido citoplasmatico e un embrione interamente umano, quantificando nello 0.1% il contributo animale, e nel 99.9% quello umano. In altre parole si suppone che nel cibrido il contributo animale sia trascurabile, per il fatto che il numero dei geni di origine animale è trascurabile rispetto a quello di origine umana.

Ma trattare il patrimonio genetico di un individuo in termini numerici è improprio: è noto che pure una mutazione di un singolo gene può essere causa di patologie anche mortali, o comunque può compromettere pesantemente lo sviluppo di un organismo. I geni che compongono il nostro patrimonio genetico non sono equivalenti: esistono gerarchie e priorità, oltre al fatto che della gran parte di essi se ne ignora ancora la funzionalità.

Esiste poi un problema di bio-sicurezza. Nel documento "Inter species embryos – A report by Academy of Medical Science", dell’Accademia Medica inglese, favorevole alla creazione di questo tipo di embrioni ibridi, si legge: "nel contesto di embrioni ibridi citoplasmatici, i mitocondri ed il citoplasma rappresentano potenziali fonti di retrovirus all’interno dell’ovocita animale. […] Il genoma nucleare di mucche e conigli contiene genoma retrovirale endogeno. E’ perciò possibile che il citoplasma degli ovociti di coniglio o bovini possano contenere trascritti (di Rna) o esprimere retrovirus endogeni codificati dal loro genoma nucleare. Questi virus potrebbero reintegrarsi nel nucleo umano trasferito. Consideriamo questo scenario altamente improbabile ma non impossibile". Nello stesso documento si consiglia quindi di accertare se esistano "profili di espressione di retrovirus endogeni" (cioè se qualche retrovirus si sta esprimendo) prima di utilizzare gli ovociti, e si sottolinea che queste linee cellulari staminali non potranno in alcun modo essere usate per trattamenti clinici, proprio per lo stesso motivo.

L’accademia medica afferma che in condizioni standard di sicurezza non ci sono problemi.

Diverse altre audizioni – scritte ed orali – rilasciate alla Science and Technology Commettee fanno presente lo stesso problema.

 

2. Problematica giuridica

2.1 Situazione internazionale

Il Protocollo aggiuntivo sul divieto di clonazione degli esseri umani[20] nell’art. 1 vieta la creazione di esseri umani geneticamente identici ad altri, specificando che "geneticamente identico" significa che ha in comune "l’insieme dei genomi nucleosi": il protocollo vieta quindi anche la produzione di cibridi.

A livello internazionale, comunque, l’esistenza di embrioni misti uomo/animale non è stata realmente considerata; le principali convenzioni internazionali si riferiscono ad esseri viventi distinguendo fra umani e non umani, ma non hanno esaminato esplicitamente gli organismi interspecie umano/animale.

Da segnalare, per il Consiglio d’Europa, "Embryonic, foetal and post-natal Animal-Human Mixtures, Doc. 10716, 11.10.2005 (mozione per una risoluzione presentata da Mr Wodarg et al.). Nella bozza di documento si legge "L’assemblea invita i governi degli stati membri ad iniziare una ampia consultazione e riflessione riguardo alle complesse questioni etiche dovute alla creazione di esseri viventi misti animali/umani". La mozione però non è mai stata discussa in assemblea.

Cina, Singapore e Corea del Sud permettono la creazione di embrioni per la ricerca mediante Scnt, e non proibiscono specificatamente embrioni ibridi uomo/animale.

In Australia è permesso creare embrioni per la ricerca mediante Scnt ma è vietato creare ibridi, tranne che per testare la qualità della sperma (come previsto anche dall’HFE Act 1990 in Gran Bretagna)[21].

Il Canadian Assisted Human Reproduction Act (2004) proibisce esplicitamente la creazione di ibridi e chimere umani/animali e il loro trasferimento in esseri umani o non umani. E’ esplicitamente vietata anche la creazione di ibridi a scopo riproduttivo.

Lo USA Draft Human Chimera Prohibition Act (2005) proibisce la creazione di chimere umane, il trasferimento di embrioni umani in utero non umano, e quello di embrione non umano in utero umano; alcuni tipi di ibridi uomo/animale rientrano nella definizione di chimera.[22]

In Gran Bretagna al momento in cui questo documento viene discusso, l’Hfea ha concesso due licenze ad altrettanti gruppi di ricerca per la creazione di embrioni ibridi citoplasmatici; nel nuovo testo di legge in discussione al parlamento inglese viene prevista la possibilità di creare embrioni ibridi e chimere interspecie di vario tipo. L’attribuzione di competenze all’Hfea riguardo alla concessione di licenze per la ricerca è tuttora controversa in quanto l’Authority sovrintende alla ricerca solamente sugli embrioni umani, mentre è ancora incerta la definizione dell’identità dei cibridi.

 

Valutazioni bioetiche

La produzione di ibridi citoplasmatici pone gravi questioni etiche in relazione ai mezzi utilizzati e agli obiettivi che si intendono raggiungere.

E’ indubbio che il mescolamento del nucleo di una cellula somatica umana con il citoplasma di una cellula uovo animale attivi nuove questioni in ordine al confine tra l’umano e il non umano. Con la produzione degli ibridi citoplasmatici si pone il problema – anche se non per la prima volta – della stessa definizione della realtà che si vuole produrre.

Non si tratta, infatti, in questo caso, di inserire singoli geni in un DNA animale come avviene, ad esempio, per la produzione di animali transgenici per gli xenotrapianti, quanto piuttosto dell’utilizzo di un intero genoma nucleare umano, ovvero di un completo progetto di sviluppo. La sua attivazione all’interno di un citoplasma di origine animale attualizzerà poi tale progetto, portando alla creazione di blastocisti e quindi ad uno sviluppo embrionale. Che questo sviluppo embrionale sia, poi, destinato ad arrestarsi, non è prova del fatto che non vi sia, ma semmai ne è una conferma.

La questione se gli ibridi citoplasmatici siano embrioni umani o se la presenza del DNA mitocondriale di origine animale li renda non umani non ha ancora trovato risposta condivisa, neanche da parte di coloro che hanno dato parere positivo alla produzione di tali ibridi. E’ evidente quale sia la posta bioetica in gioco. Se si trattasse di embrioni umani, si pongono diverse questioni: se sia lecito in linea di principio crearli, a fini procreativi o a fini di ricerca; ove vengano comunque creati, se sia doveroso rispettarne la vita e favorirne lo sviluppo fino alla nascita; se sia giustificabile distruggerli entro un determinato giorno dalla loro creazione, dopo averli studiati e averne eventualmente prelevato da essi le cellule staminali. Si riapre, così, peraltro in uno scenario relativamente nuovo, un dibattito sul quale il Cnb è già intervenuto a più riprese, registrando anche posizioni divergenti (Identità e statuto dell’embrione umano, 1996; Parere sull’impiego terapeutico delle cellule staminali, 2000; Parere su ricerche utilizzanti embrioni e cellule staminali, 2003; Parere sul destino degli embrioni derivati da PMA e non impiantabili).

L’ipotesi bioetica che qui si intende avanzare è che la produzione di ibridi citoplamastici non sia assolutamente approvabile per almeno due ragioni: da una parte, infatti, essa implica una manipolazione totale dell’essere umano, dall’altra, ne programma e ne giustifica la distruzione.

La sola esistenza di un ragionevole dubbio sullo status degli ibridi citoplasmatici dovrebbe quindi indurre gli scienziati (purché sensibili alle ragioni dell’etica) ad assumere come unico atteggiamento coerente quello di una prudenziale sospensione di ogni forma di sperimentazione su di essi. E’questo uno dei casi in cui appare doveroso assumere come linea guida quel principio di precauzione da più parti invocato nella riflessione bioetica e sul quale il Cnb ha già redatto – nel 2004 – uno specifico documento dal titolo Principio di precauzione: profili bioetici, filosofici e giuridici.

Problematiche analoghe, che in questo documento non sono state specificamente prese in considerazione, ma di cui il CNB è ben consapevole, riguardano la creazione di ibridi citoplasmatici attraverso la manipolazione di cellule appartenenti a diverse specie animali. Sul tema il CNB si ripromette di tornare con una specifica riflessione, sottolineando però fin da ora la gravità della questione.

A questa valutazione è possibile aggiungerne altre, che fanno riferimento a un criterio di valutazione delle sperimentazioni, tutto interno alla stessa logica della ricerca, il cui valore etico non può mai prescindere dal suo rilievo strettamente scientifico (in questo senso appare criticabile anche eticamente qualsiasi ricerca futile, scarsamente giustificata, altamente e inutilmente rischiosa o indebitamente costosa). Nel determinare il valore scientifico di una ricerca, bisogna valutare -oltre all’utilità o all’interesse di una ipotesi- anche il suo valore intrinseco, anche in rapporto a quanto è già scientificamente noto. A partire da questo presupposto è possibile avanzare la seguenti osservazioni:

a) La letteratura scientifica mostra che gli ibridi citoplasmatici non riescono a sopravvivere tanto quanto basta per ricavare cellule staminali embrionali;

b) l’elevato grado di malformazioni e anomalie che caratterizza la gran parte degli animali clonati fa nascere seri dubbi sulla qualità delle eventuali cellule staminali che eventualmente deriverebbero da questo tipo di embrioni: cellule con anomalie genetiche non sarebbero utili né come modello per la malattia né tanto meno a scopo terapeutico;

c) anche ipotizzando che cellule staminali embrionali si possano ricavare da cibridi, e che non abbiano anomalìe, non avrebbero comunque utilità terapeutica per l’uomo, per via della contaminazione con materiale animale. Non possono neppure essere utilizzate come modello per l’evolversi delle malattie perché un modello, in quanto tale, deve essere un sistema perfettamente conosciuto, proprio perché deve riprodurre qualcosa che non si conosce. Come può un organismo sconosciuto – come sarebbero inevitabilmente cellule staminali di cibridi – fare da modello a una malattia sconosciuta?

d) sappiamo che tra le malattie a cui molti scienziati pensano di ovviare con l’utilizzo delle cellule staminali ricavate da ibridi citoplasmatici, vi sono anche quelle caratterizzate da un deficit mitocondriale (ad esempio, il morbo di Parkinson, l’Alzheimer). Utilizzando ipoteticamente cellule staminali embrionali derivate dai cibridi, come sarebbe possibile indagare malattie dovute ad alterazioni mitocondriali sconosciute, studiando un modello con funzionalità mitocondriale alterate in maniera sconosciuta? Allo stato attuale delle nostre conoscenze appare quindi scientificamente poco comprensibile come esse possano essere trattate con cellule staminali i cui mitocondri sono di origine animale. Inoltre, la diversa derivazione dell’informazione genetica nucleare (umana) e mitocondriale (animale) potrebbe rendere in generale non solo inutile, ma addirittura pericolosa la traduzione a livello clinico di questo modello sperimentale nel quale non si può tra l’altro escludere la trasmissione interspecie di agenti virali. E, poiché in uno studio sperimentale su esseri umani, la revisione scientifica e la revisione etica non possono essere separate, la presenza di carenze dal punto di vista scientifico rende gli studi sugli ibridi citoplasmatici allo stato attuale eticamente molto problematico.

e) Se invece lo scopo della ricerca è conoscere un cibrido, o il fallimento della riprogrammazione cellulare da parte dell’ovocita, allora si potrebbero prendere in considerazione ricerche analoghe utilizzando materiale biologico di origine esclusivamente animale, appartenente sia a individui della stessa specie, che di specie diverse, fermo restando le problematiche etiche che comunque si porrebbero, inerenti alla ricerca animale.

f) la clonazione ha un’efficienza bassissima pure per animali appartenenti alla stessa specie: sarebbe più logico intanto affrontare il problema tecnico e bioetico della riprogrammazione cellulare mediante trasferimento nucleare utilizzando modelli animali. Per quale motivo cercare di capire il funzionamento della tecnica creando entità miste umano/animali?

 

SINTESI E CONCLUSIONI

A seguito delle riflessioni precedenti, il CNB è giunto alle conclusioni che qui vengono sinteticamente esposte:

1. non è il mescolamento di tessuti e/cellule e/o geni umani/animali a creare in sé problemi bioetici. Questi sorgono quando gli organismi creati risultano di identità incerta. Il problema si pone allora per alcuni tipi di chimere, per alcuni tipi di organismi transgenici, e per tutti gli ibridi, nel caso di mescolamento di specie umana e non umana;

2. non è accettabile eticamente creare in laboratorio un essere vivente, a partire da materiale cellulare umano, la cui stessa definizione appare incerta e di cui si ignora la natura;

3. è eticamente non accettabile prospettare ipotetiche future terapie per malattie incurabili e gravemente invalidanti per giustificare esperimenti così gravemente problematici;

4. è eticamente non accettabile giustificare esperimenti scientifici volti a manipolare l’identità dell’uomo e comunque ad offenderne la dignità, semplicemente invocando l’aumento delle conoscenze che da esse deriverebbero;

5. il CNB, per le ragioni appena indicate, auspica una moratoria sulla produzione di ibridi uomo animale e, solo se adeguatamente giustificate, l’utilizzazione di tecniche di ricerca alternativa (ad es. concernenti l’ibridazione tra specie animali diverse).

 


[1] Responsabili dei due gruppi di ricerca: 1. Stephen Minger – King’s College London – "Generation of Disease-Specific Human Embryonic Stem Cell Lines by Somatic CELL Nuclear Transfer; 2. Majlinda Lako – University of Newcastle Upon Tyne – "Derivation of embryonic stem cell lines from interspecies embryos produced by somatic cell nuclear transfer".

[2] v. es. Krimsky, S. Genetic Alchemy: The Social History of the Recombinant DNA Controversy., Cambridge: MIT Press, 1982

[3] R. J Scott, F. Baylis, (2003) Am. J. Bioeth. (2003), 3, 1-13

[4] Reproduction and Responsibility: the regulation of new Biotechnologies (2004), President’s Council on Bioethics, USA

[5] K.B. Bjustad et al. (2005) Cell Transplant, 14, 183-192

[6] M.M. Reis et al. (2000), Zygote, 8, 97-105

[7] Y. Aubard (2003), Eur. J. Obstet. Gynecol. Reprod. Biol., 108, 14-18

[8] Non sarà una copia perfettamente identica, però: all’interno dell’ovocita si trovano i mitocondri – corpuscoli tra l’altro responsabili del ciclo energetico cellulare – con un proprio patrimonio genetico, che si conserveranno nel nuovo embrione in quantità differenti a seconda delle modalità seguite per trasferire il nucleo dal donatore all’ovocita enucleato. Si parlerà di eteroplasmia mitocondriale se insieme al Dna saranno trasferiti anche mitocondri del donatore, residuo del citoplasma della cellula somatica adulta: in questo caso nel nuovo embrione si troveranno sia i mitocondri del donatore della cellula somatica che quelli dell’individuo che ha fornito l’ovocita.

[9] Lino Loi, "Dieci anni di cloni e di fibrillazioni", Darwin (2007), 21, 54-59; Loi L. et al. , Trends in Biotechnology 2007; 5, 195.

[10] Nel maggio 2005 la rivista Science aveva pubblicato un articolo in cui si illustrava come l’equipe guidata da Hwang (45 collaboratori diretti e 183 ricercatori in totale, 26.5 milioni di dollari ricevuti come finanziamento nei primi sei mesi del 2005, 65 milioni di dollari in totale investiti dal governo coreano) avesse realizzato 11 linee staminali embrionali compatibili con alcuni malati affetti da diverse patologie (diabete, lesioni del midollo spinale, immunodeficienza). Ma nei mesi successivi si scoprì che i risultati erano stati falsificati, che non era avvenuta alcuna clonazione, e che gli ovociti utilizzati non erano 185, donati da volontarie, ma più di duemila, alcuni dei quali ottenuti dietro pressioni e pagamento da ricercatrici dello stesso gruppo di ricerca di Hwang.

[11] Qui mettiamo la bibliografia e una nota che spieghi lo stato dell’arte al momento dell’approvazione del documento.

[12] La problematica è stata ampiamente discussa nel parere del Cnb sull’impiego terapeutico delle cellule staminali, del 27.10.2000.

[13] V. ad es. S. Hiendleder, V. Zakhartchenko, E. Wolf, Reprod. Fert. Develop. (2005), 17, 69-83, e refs cit., v. anche nota (2)

[14] Shaw, Ev.2 , Fifth report of session 2006/07 Gov. Proposal for the regulation of hybrid and chimera embryos

[15] Chen Y.S. et al. (2003), 13, 251-263.

[16] New Sci. (2007), 2621, XXX

[17] R. Dumollard, M. Duchen, J. CArroll (2007), Curr. Topics in Develop. Biol. 77, 21-49, and refs. therein; P. May-Panloup, MF. Chretien, Y. Malthiery, P. Reynier, (2007), Curr. Topics in Develop. Biol. 77, 51-83, and refs. therein; E. A. Shoubridge, T. Wai, (2007) Curr. Topics in Develop. Biol. 77, 87-111 and refs. therein.

[18] R. McFaland, R.W. Taylor, D.M. Turnbull, (2007) Topics in Develop. Biol. 77, 113-155 and refs. therein.; N.R. Madamanchi, M.S. Runge, (2007), Circ. Res. 100, 460-473

[19] Takeda et al., (2005), Biol. Reprod. 72, 1397-1404; Nagao Y. et al. (1997), theriogenology 47, 233

[20] Nome esteso: protocollo aggiuntivo alla Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina sul divieto della clonazione di esseri umani.

[21] Si tratta del test del criceto, mediante il quale si fondono uno spermatozoo umano e un ovocita di criceto, allo scopo di testare la vitalità spermatica. Solitamente si crea uno zigote che blocca il proprio sviluppo dopo aver raggiunto uno stadio bicellulare.

[22] Hfea documentazione