Una sentenza della cassazione controcorrente rispetto alla caccia alle streghe

Non è reato coltivare nel giardino di casa qualche piantina di marijuana perché ciò equivale alla detenzione per uso personale. E’ quanto ha affermato la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione che, con la sentenza 17983 del 10 maggio ha annullato la decisione della Corte di Appello di Roma (confermativa di quella del tribunale locale) che aveva condannato un giovane per aver coltivato nel proprio fondo cinque piante di marijuana. La formula assolutoria usata dai giudici di legittimità è “perché il fatto non sussiste”.

La Cassazione si è rifatta ad una sua precedente sentenza del 1994 che distinse nettamente la detenzione per uso personale dalla coltivazione in senso tecnico “non potendo ricomprendersi in tale ultima nozione, giuridicamente definita, la cosiddetta coltivazione domestica”.

Commento di Giulio Manfredi (Direzione Nazionale Radicali Italiani)

“Una sentenza coraggiosa perché emessa in un contesto mediatico-politico caratterizzato dalla guerra allo spinello che si traduce, sempre e comunque, nella persecuzione dei consumatori.

Uno degli argomenti più gettonati dai proibizionisti è quello della pericolosità di spinelli sempre più potenti, contenenti un principio attivo di THC sempre più elevato; è vero, ma è anche vero che tale mutamento della qualità della sostanza è dovuta e voluta dal regime proibizionista, che non consente al consumatore alcun controllo sulla natura del prodotto fornitogli dallo spacciatore, monopolista e sovrano del mercato.

Se venisse lasciata la possibilità ai consumatori di coltivarsi le piante di cannabis per il loro consumo strettamente personale, essi avrebbero il controllo del prodotto … e non dovrebbero più foraggiare le narcomafie.

La Proposta di legge n. 1805 dei deputati radicali della Rosa nel Pugno (Capezzone, Beltrandi, D’Elia, Mellano, Poretti e Turco), presentata l’11 ottobre 2006, prevede, tra l’altro, che la produzione di cannabis e derivati per autoconsumo sia soggetta unicamente alla notifica all’autorità locale di pubblica sicurezza.

Con i tempi che corrono, con il Parlamento esistente, è già positiva l’esistenza a Roma di qualche giudice illuminato.”.

Italia. Storica sentenza della Cassazione: coltivare qualche piantina di marijuana non e’ reato

Non è reato coltivare nel giardino di casa qualche piantina di marijuana perché ciò equivale alla detenzione per uso personale.
E’ quanto ha affermato la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione che, con la sentenza 17983 del 10 maggio ha annullato la decisione della Corte di Appello di Roma (confermativa di quella del tribunale locale) che aveva condannato un giovane per aver coltivato nel proprio fondo cinque piante di marijuana.
La formula assolutoria usata dai giudici di legittimità è “perché il fatto non sussiste”. Queste linea interpretativa era stata inaugurata sempre dalla VI Sezione penale della Suprema Corte nel 1994, quando “si ebbe a distinguere la coltivazione in senso tecnico, un procedimento che presuppone la disponibilità di un terreno e di una serie di attività dei destinatari delle norme sulla coltivazione (preparazione del terreno, semina, governo dello sviluppo delle piante, ubicazione di locali destinati alla custodia del prodotto)”, dalla detenzione per uso personale.
Quindi, ha precisato il collegio, tale decisione ebbe il merito “di tracciare un margine ineludibile tra detenzione e coltivazione in senso tecnico, non potendo ricomprendersi in tale ultima nozione, giuridicamente definita, la cosiddetta coltivazione domestica”.
Insomma di volta in volta il giudice dovrà valutare se una coltivazione per le sue caratteristiche e per la sua estensione rientra nel concetto di piantagione illecita oppure se non possa definirsi tale.
La Suprema Corte ha annullato la condanna del giovane romano senza rinvio mettendo la parola fine alla vicenda.