Comunicato della Consulta laica di bioetica di Torino

L’intervento del Presidente della repubblica ha aperto ufficialmente il dibattito politico sull’eutanasia, che più volte la Consulta di bioetica e la Consulta laica di bioetica (sezione torinese della prima) avevano cercato di avviare, sia promuovendo discussioni e convegni su questo tema, sia con proposte operative.

In particolare è stata proposta l’introduzione anche nel nostro paese di una carta di autodeterminazione per mezzo della quale i cittadini dovrebbero poter esprimere le proprie scelte sui trattamenti medici ai quali intendono sottoporsi anche quando non sono più in grado di manifestare la propria volontà.

Per molto tempo l’iniziativa della Consulta non ha ottenuto l’attenzione dei legislatori e degli uomini politici, ma recentemente qualcosa si è mossa e in parlamento è stato presentato più di un progetto per l’introduzione del testamento biologico; tuttavia finora l’esame effettivo dei progetti di legge non era stato avviato e soltanto l’esortazione del Presidente della repubblica sembra aver indotto il Parlamento a dar inizio alla discussione.

La carte di autodeterminazione non è di per sé uno strumento per introdurre l’eutanasia, perché una legge che la istituisca potrebbe addirittura escludere la possibilità di richiedere qualsiasi pratica di tipo eutanasico e perché si potrebbe sempre riservare al medico la possibilità di non seguire le indicazioni del paziente. Queste limitazioni sono state esplicitamente invocate anche da una parte di coloro che in linea di massima si sono detti pronti a garantire ai cittadini la possibilità di esprimere le proprie scelte relative alle cure alle quali potrebbero essere sottoposti. Inoltre questo strumento potrebbe eventualmente risolvere i casi nei quali il paziente non è in grado di prendere decisioni autonome, ma non serve per le richieste di eutanasia da parte di pazienti capaci di intendere e di volere. Qui è in questione l’ambito in cui il cittadino può far valere la propria volontà su vicende che riguardano lui solo.

La Consulta di bioetica ha cercato di porre il problema dell’eutanasia anche per via giudiziaria, appoggiando la richiesta di Englaro di interrompere i trattamenti che mantengono in vita sua figlia in stato vegetativo persistente da diversi anni. Ma anche questa strada è risultata sbarrata, perché i giudici non hanno accolto le istanze che erano state rivolte loro.

Ora si spera che l’intervento del Presidente della repubblica possa aprire nuove prospettive. Le risposte dei politici sono state diverse. Qualcuno ha sostenuto che il Presidente era stato mosso dalle emozioni, alle quali non si dovrebbe dar retta quando si legifera; qualcun altro ha dichiarato che la tutela della vita non si negozia; si è anche detto che evitando l’accanimento terapeutico si renderebbe superfluo il ricorso all’eutanasia; infine si sono additate le terapie contro il dolore, che renderebbero accettabile anche la fase terminale di malattie dolorose. Ma ci sono state anche dichiarazioni di disponibilità ad affrontare il problema, riconosciuto come delicato, tenendo conto dei modi di pensare presenti nel paese. In realtà il rifiuto dell’accanimento terapeutico non risolve tutti i casi di malattie fortemente invalidanti e la terapia del dolore, efficace in molti casi, specialmente oncologici, non è indicata per molte malattie neurologiche.

Ma soprattutto non servirebbe la ricerca di compromessi, che scontenterebbero tutti.
La Consulta laica di bioetica ritiene che l’unico modo per far convivere culture e tradizioni diverse consista nel garantire ai cittadini la possibilità di seguire strade diverse per affrontare problemi gravi come quelli della sofferenza, della malattia e della morte.

Esistono persone per le quali la sofferenza è significativa e la vita va tutelata anche quando diventa insopportabile; ma esistono anche cittadini, ugualmente rispettabili, che non sono disposti a vedersi imposta la sofferenza, alla quale non attribuiscono nessun significato particolare. La cosa importante è che gli uni non impongano agli altri le proprie regole di vita.

La pace religiosa e la tolleranza sono entrate in Europa quando i sudditi hanno preteso che i re li lasciassero raggiungere il paradiso per la propria strada. Ora non si tratta più del paradiso, ma almeno dovrebbe essere consentito a ciascun cittadino di affrontare la morte alla propria maniera. La solidarietà con i morenti non esime dal dovere di essere discreti e di non imporre sofferenze non accette in nome dell’esercizio dell’amore.

C.A. Viano(Coordinatore della Consulta laica di bioetica
sezione di Torino della Consulta di Bioetica)