Non occorre cambiare leggi perché l’Italia apra alle terapie psichedeliche

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Dal 1992, grazie a una proposta della World Federation for Mental Health, il 10 ottobre si celebra la Giornata mondiale della salute mentale. Quest’anno l’Organizzazione Mondiale della Salute l’ha dedicata al legame vitale tra salute mentale e lavoro. Per l’Oms infatti ambienti di lavoro sicuri e sani possono “agire come un fattore protettivo per la salute mentale”, mentre “condizioni malsane, tra cui stigma, discriminazione ed esposizione a rischi come molestie e altre cattive condizioni di lavoro, possono comportare rischi significativi” influenzando la salute mentale, la qualità della vita complessiva e di conseguenza la partecipazione o la produttività sul lavoro”. 

In occasione del 10 ottobre si tengono incontri e convegni ma molto resta da fare, l’OMS stessa ci ricorda che la salute mentale resta una delle condizioni più neglette quando si affrontano questioni legate alla salute personale dal punto di vista delle politiche pubbliche, degli investimenti e della ricerca scientifica e produzione farmaceutica. 

L’ultima analisi dell’OMS sulle prestazioni dei paesi rispetto al piano d’azione mostra che i progressi in tutto il mondo restano molto lenti. Nella maggior parte degli Stati Membri l’approccio all’assistenza sanitaria mentale rimane (in)costante con Il risultato che le condizioni di salute mentale continuano a incidere pesantemente sulla vita delle persone, mentre i sistemi e i servizi di salute mentale restano mal attrezzati per soddisfare le esigenze delle persone – basterebbe pensare che nel mondo il 14% degli adolescenti manifesta disturbi di quel tipo.

Nel frattempo, e la pandemia ne è stato un tragico esempio, le minacce globali alla salute mentale sono sempre presenti: crescenti disuguaglianze sociali ed economiche, conflitti prolungati, violenza, cambiamento climatico e altre emergenze di salute pubblica minacciano il progresso verso significativi miglioramenti del benessere umano. Per l’OMS il business as usual per la salute mentale non funzionerà.

I motivi per questa “disattenzione” strutturale alla salute mentale sono vari, e nel mondo povero o in via di sviluppo legati principalmente alle carenza di risorse o alla pressoché inesistenza di servizi sanitari nazionali, ma nel mondo ricco dove università e istituti di ricerca hanno tutto quello che occorre per il progresso scientifico non di rado per  motivi ideologici si continua a piegare il principio di precauzione alle necessità del complesso chimico-farmaceutico esistente. Conflitti d’interessi e commistioni con la politica concorrono direttamente o indirettamente a creare irragionevoli ostacoli alle innovazioni corredate da sempre più incoraggiante efficacia terapeutica. 

Un esempio su tutti è quello delle psicoterapie accompagnate dall’assunzione controllata di molecole o composti psichedelici.

Negli USA, in Canada e in Svizzera, giusto per fare gli esempi più noti, psilocibina, LSD e MDMA fanno parte di offerte terapeutiche che hanno dimostrato di assolvere quasi al 70% il compito palliativo assegnatogli da chi negli ultimi 15 anni ha investito risorse, spesso private, nello sviluppo di rimedi alternativi, cioè integrativi o complementari, alla farmacopea ufficiale nazionale o internazionale. 

Malgrado ciò, tra le sostanze tabellate dalle Convenzioni Onu sulle sostanze psicotrope,  solo la morfina  è presente nella lista delle medicine essenziali stilata dall’OMS oltre 50 anni. Il resto, come per esempio la cannabis, può essere prescritto a seguito di strutturate quanto dimostrate farmaco-resistenze. 

Eppure, l’Oms auspica che le azioni per affrontare la salute mentale sul lavoro vengano intraprese non solo “con il coinvolgimento significativo dei lavoratori, dei loro rappresentanti e delle persone con esperienza vissuta di condizioni di salute mentale” ma anche “investendo sforzi e risorse in approcci e interventi basati sulle evidenze scientifiche”. Un immancabile, quanto generico, riferimento al fatto che quanto funziona deve esser tenuto in considerazione indipendentemente da dove sia stato sperimentato. 

Quanto personale pubblico, a partire da quello che lavora nella sanità per arrivare ai militari, passando per protezione civile e vigili del fuoco, ha esperienze traumatiche sul posto di lavoro? Che tipo di cura viene offerta loro in ossequio alla dichiarazione di Helsinki sulla biomedicina che ricorda a chi di dovere che “laddove non esistano comprovati metodi preventivi, diagnostici e terapeutici o questi siano inefficaci, il medico, con il consenso informato del paziente, deve essere libero di usare mezzi preventivi, diagnostici e terapeutici non provati o nuovi, se a giudizio del medico essi offrono speranza di salvare la vita, ristabilire la salute o alleviare la sofferenza”? 

Se, forse sbrigativamente, come si trattasse di un’effimera tendenza culturale qualsiasi, c’è chi inizia a chiedersi se il cosiddetto “rinascimento psichedelico” sia arrivato al capolinea, chi si occupa di politiche pubbliche insiste e anzi rilancia. In occasione del XII Congresso internazionale sui funghi medicinali, l’Associazione Luca Coscioni in collaborazione con l‘Università di Bari e l’Italian Society for Medicinal Mushrooms ha organizzato una giornata interamente dedicata a quelli psichedelici con una sessione scientifica e una più ”politica”. 

A conclusione della seconda è stata presentata una lettera ai Ministri della Salute e Difesa, sottoscritta da oltre 170 rappresentanti delle professioni medico-scientifiche interessate che, senza auspicare la  modifica di norme vigenti, chiede una chiara apertura agli psichedelici. In particolare si chiede al Ministro Schillaci di prevedere gli psichedelici tra le terapie prescrivibili nell’ambito delle cure palliative e quelle prescrivibili come cure compassionevoli, specie nel “fine-vita”. Al Ministro Crosetto si chiede invece di prevedere un progetto pilota, con il Ministero della Salute, per un piano psicoterapeutico sui disordini da stress post-traumatico del personale militare impiegato nelle missioni internazionali.

Né Schillaci né Crosetto hanno risposto, per questi motivi l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato l’appello affinché l’Italia apra alle terapie psichedeliche per accompagnare pubblicamente quanto sottoscritto dagli esperti. 

Per l’inizio del 2025 è previsto anche il lancio di Psychedelicare, una Iniziativa europea sugli psichedelici che, se raccoglierà il milione di firme necessarie proporrà alla Commissione von der Leyen di finanziare significativamente la ricerca su quelle molecole e di avviare le procedure necessarie per riclassificarle nella Convenzione del 1971, come fatto nel 2020 con la cannabis, proprio per il loro potenziale terpeutico.