«In Spagna abbiamo una legge sull’eutanasia ma dovrebbe esserci in tutto il mondo»
(P. Almodovar)
Cacciata fuori dalla porta della politica, l’eutanasia rientra dalla finestra dell’arte e della cultura.
Il film di Almodovar su una storia di eutanasia vince il festival del cinema di Venezia. Pochi giorni prima Olivero Toscani aveva reso pubblica la sua malattia e la possibilità di ricorrere all’eutanasia: “Vivere vuol dire anche morire, eppure nessuno parla della morte”. Nelle stesse settimane, il musicista Giovanni Allevi: “Lo Stato dovrebbe dare a tutti la possibilità di scegliere il modo in cui terminare la propria vita, lo Stato non può intromettersi in questioni così delicate ed individuali per questioni ideologiche. Così è avvenuto nel caso dell’aborto e divorzio, grandi battaglie del passato”. Non si rivolge nemmeno alla politica Ornella Vanoni: “In Italia non c’è l’eutanasia? Si trova sempre un modo per decidere quando e come andare via”.
Sarebbe sbagliato pensare che sia diventato un tema “di moda”, destinata a passare velocemente. La malattia e la morte restano questioni difficili da affrontare. Se ne parla quando non se ne può fare a meno. E sono ormai vent’anni che arrivano segnali forti dal mondo della cultura (il film “mare dentro” è del 2004, poi “le invasioni barbariche”, “Million dollar baby”, “il Colibrì” e molti altri).
L’arte tratta l’eutanasia non perché faccia tendenza, ma perché è una realtà sociale sempre più presente nel vissuto delle persone, sul quale si radica l’espressione artistica. E lo sarà sempre di più, dal momento che il progresso medico-scientifico allunga il processo del morire.
Nel frattempo, il Parlamento italiano rinvia di altri 6 mesi (come minimo) l’esame della legge sull’aiuto alla morte volontaria, nonostante siano passati 6 anni dal primo sollecito della Corte costituzionale sulla disobbedienza civile per Dj Fabo. Non c’entra nulla la popolarità della questione, visto che tutti i sondaggi danno l’opinione pubblica largamente favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia. C’entra invece il cattivo funzionamento della democrazia, che permette a classi dirigenti autoreferenziali di seguire prioritariamente l’esigenza di evitare spaccature interne e tensioni col Vaticano, invece di dare risposte alle urgenze delle persone.
Con l’Associazione Luca Coscioni, provammo a dare quelle risposte col referendum, ma la Corte presieduta da Giuliano Amato ce lo impedì. Da due anni abbiamo ripreso le disobbedienze civili, e stiamo ottenendo risultati importanti in applicazione delle sentenza su Dj Fabo e delle altre autodenuncie per le quali ormai siamo in 13 disobbedienti a essere coinvolti in 7 inchieste. Proprio mentre scrivo queste righe abbiamo appena reso possibile un miracolo laico: dopo che Zaia in Veneto e Fontana in Lombardia avevano aperto alla nostra proposta di legge regionale “Liberi Subito”, persino Salvini ha abbandonato la linea del proibizionismo assoluto, dando alla Lega “libertà di coscienza” sul tema. Nulla è impossibile!
Fare rientrare l’eutanasia dalla porta principale della politica è fondamentale non solo per aiutare chi soffre, ma anche per recuperare un minimo di credibilità alla stessa democrazia. Perciò insistiamo.
Marco Cappato è Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Presidente di Eumans, co-fondatore di Science for democracy, promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca, della campagna Eutanasia legale, di StopGlobalWarming.Eu. Laureato in Economia, è stato deputato europeo radicale e Consigliere comunale e metropolitano a Milano.