Martina Oppelli ha denunciato ASUGI per rifiuto di atti di ufficio e tortura

Martina Oppelli denuncia

Nei giorni scorsi, Martina Oppelli aveva ricevuto un ulteriore diniego alla sua richiesta di accesso di assistenza per il suicidio assistito da parte dell’azienda sanitaria

L’avvocata Filomena Gallo (Associazione Luca Coscioni) commenta: “Il nuovo esposto arriva a seguito di ingiustificati rifiuti dell’azienda sanitaria, prima a procedere alle dovute verifiche e poi, nel merito, a riconoscere la sussistenza dei trattamenti di sostegno vitale che tengono Martina Oppelli in vita. Tali condotte ledono la dignità di Martina Oppelli costretta a un trattamento inumano e degradante, condannata a una vera e propria tortura di Stato”.

Oggi, tramite il suo collegio legale dell’Associazione Luca Coscioni coordinato dall’avvocata Filomena Gallo (e formato dagli avvocati Francesca Re, Angelo Calandrini e Alessia Cicatelli), Martina Oppelli rende noto di aver presentato un esposto presso la Procura della Repubblica di Trieste per rifiuto di atti d’ufficio e tortura nei confronti dei medici dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, portando dunque la vicenda anche nelle sedi penali.

Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla progressiva, nei giorni scorsi ha visto nuovamente respinta la sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito da parte dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI). Nonostante un evidente peggioramento delle sue condizioni e un’ordinanza del Tribunale di Trieste che imponeva una nuova valutazione medica, l’ASUGI ha negato l’accesso alla morte volontaria, ignorando la sentenza 135 del 2024 della Corte costituzionale e condannando Martina a proseguire in una sofferenza senza fine.

La Corte costituzionale, con la sentenza 135 del 2024, ha chiarito la nozione di trattamenti di sostegno vitale, includendo tra l’altro anche operazioni normalmente compiute da personale sanitario ma che possono essere apprese anche da familiari o caregiver. Se l’interruzione di questi trattamenti può prevedibilmente causare la morte del paziente in breve tempo, essi devono essere considerati vitali. Pertanto, anche situazioni come quella di Martina Oppelli, in cui la dipendenza da tali trattamenti è evidente, rientrano in questa definizione.

Martina è totalmente dipendente da macchinari, farmaci e assistenza continua per le sue funzioni vitali.

Dichiara Filomena Gallo: “I medici di ASUGI, arrivano a mettere in dubbio che Martina Oppelli necessiti realmente della macchina della tosse che essi stessi, tramite il Servizio sanitario nazionale le avevano prescritto; in questo modo danno una falsa rappresentazione della sua condizione di malattia e soprattutto dei supporti medici e farmacologici che la tengono in vita. Il rifiuto fondato su tali argomentazioni risulta arbitrario e quindi censurabile ai sensi del reato di rifiuto di atti d’ufficio. Inoltre, la violenza e la crudeltà che caratterizzano il trattamento degradante subito da Martina, che si trova in una condizione di evidente minorata difesa ad avviso del collegio legale che segue Martina integrano gli estremi del reato di tortura. Abbiamo chiesto alla Procura di Trieste di verificare tali condotte e impugneremo il diniego di ASUGI in ogni suo punto e in ogni sede”.

I rifiuti dell’azienda sanitaria si riempiono di elementi diversi, integrando reati non solo contro la pubblica amministrazione ed il suo buon andamento ma soprattutto contro la libertà morale e fisica di Martina, costretta a subire e tollerare un trattamento contrario al suo senso di dignità il cui rispetto è stato espressamente sancito dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Per questi motivi ha deciso di denunciare i vertici e i medici dell’ASUGI anche per il reato di tortura.

La tortura è un reato che sanziona il “furto di umanità” che lo Stato, tramite i propri organi, pone in essere nei confronti di chi si trovi in una situazione di minorata difesa. Le condizioni di Martina sono sensibilmente peggiorate negli ultimi mesi: i dinieghi e gli ostruzionismi dell’azienda sanitaria tendono a ostacolare in tutti i modi la volontà di Martina Oppelli, con il rischio che le condizioni di Martina peggiorano a tal punto da non consentirle più di procedere con l’autosomministrazione del farmaco. Questo significa condannare Martina a sopportare sofferenze intollerabili attraverso un trattamento inumano e degradante per la sua dignità.