La USL Toscana Nord-Ovest nega ancora la richiesta di morte assistita alla 53enne affetta da sclerosi multipla costretta a sottoporsi ad un trattamento sanitario

Aborto farmacologico in regime ambulatoriale

Intanto la donna attende tra atroci sofferenze

L’USL Toscana Nord-Ovest continua a negare la richiesta di morte assistita alla signora toscana, 53 anni, completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva. Secondo l’azienda sanitaria, il trattamento di sostegno vitale, nonostante sia stato prescritto e dunque sia necessario, deve essere attivo per potersi dire esistente.

Ma così il diritto di rifiutare delle cure, seppur costituzionalmente garantito, viene meno. Infatti, secondo la USL aver rinunciato alla nutrizione artificiale – seppur necessaria – equivale all’assenza del trattamento di sostegno vitale.

Questa interpretazione del requisito oggi al vaglio della Corte costituzionale non è solo restrittiva, ma è anche illegittima dal momento che la stessa Costituzione prevede il diritto di rifiutare trattamenti sanitari e, di fatto, costringe la persona malata ad accettare un trattamento contro la sua volontà per poter ricevere la relazione positiva da parte della USL.

L’azienda sanitaria fa sapere, con motivazioni contraddittorie e spesso imprecise nella ricostruzione dei fatti, di mantenere questa posizione ma di essere pronta ad adeguarsi alla pronuncia della Corte se dovesse intervenire rimuovendo o reinterpretando il requisito.

Dichiara la signora toscana, che per il momento preferisce mantenere l’anonimato per la tutela della sua privacy:

Quando sono venuti a casa a visitarmi i medici sembravano concordare sul fatto che io fossi di fatto già tenuta in vita da trattamenti vitali. Sono assistita 24 ore su 24 dalla mia famiglia e da personale formato che mi aiuta in ogni attività quotidiana, assumo massicce dosi di farmaci e devo essere sottoposta quotidianamente a manovre di svuotamento intestinale. Senza tutti questi ausili io non potrei sopravvivere.

Quello che mi avvilisce di più è che la mia esigenza di essere nutrita con la PEG, prescritta dal nutrizionista e prontamente trasmessa all’azienda sanitaria, sia stata del tutto ignorata dalla USL.

Pretendono che io mi sottoponga a un trattamento sanitario invasivo contro la mia volontà per poi poterlo interrompere e ricorrere al suicidio assistito. Tutto questo è crudele e umiliante. Io, a oggi, voglio solo essere libera di scegliere come e quando morire. Perché non posso e non voglio continuare a vivere così. Perché questa non è assolutamente vita. 

Dichiara Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale della signora: “Stiamo per attivare le vie giudiziarie per le responsabilità in capo all’azienda sanitaria che ha deciso, contro il parere favorevole del Comitato per l’Etica clinica, di non riconoscere la presenza del trattamento del sostegno vitale, rifiutato dalla persona malata perché ritenuto invasivo e fonte di sofferenza inutile, e sta così causando ulteriori rischi e sofferenze. Oggi in Toscana c’è una persona malata pienamente capace di autodeterminarsi, con sofferenze intollerabili determinate da una malattia irreversibile, che corre il rischio di una morte lenta e atroce dovuta a soffocamento ogni volta che mangia o beve e che invece vorrebbe solo morire senza sofferenze”.