Suicidio assistito, casi di Elena e Romano: la GIP di Milano emette ordinanza di rimessione alla Consulta

Consulta

Marco Cappato commenta: “Una nuova occasione per rispondere ad un’urgenza sociale ignorata dalla politica”

Commenta Filomena Gallo: “Si conferma che la linea del Governo – che ha chiesto l’inammissibilità in Corte costituzionale – è destituita di fondamento”

“L’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale da parte del GIP di Milano per l’aiuto che ho fornito a Elena e Romano a raggiungere la Svizzera rappresenta un’altra occasione per affermare pienamente il diritto all’aiuto alla morte volontaria,  che avevamo già in parte  conquistato quattro anni fa, con la sentenza sull’azione  di disobbedienza civile per  Dj Fabo”, ha dichiarato Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.

“La decisione del GIP è arrivata proprio nella settimana in cui si è tenuta l’udienza presso la Corte costituzionale sul caso di Massimiliano, aiutato con un’azione di disobbedienza civile da Chiara Lalli, Felicetta Maltese e me.

I giudici costituzionali sono chiamati a decidere se il requisito del trattamento di sostegno vitale violi la Costituzione in quanto discriminatorio e lesivo dell’autodeterminazione della persona malata. Questo  nuovo  rinvio alla Corte  costituzionale è un’occasione per rispondere a una  realtà sociale sempre più urgente e pressante da parte di persone che esigono di non dover  subire come una tortura condizioni di sofferenza insopportabile e irreversibile contro la  propria  volontà. La politica ufficiale non vuole rispondere: il Parlamento è rimasto inerte per oltre 5 anni e il Governo si è costituito in giudizio per ottenere la nostra condanna. Le condizioni – diverse nella tipologia  di trattamento, ma unite nella sofferenza e nella volontà – di Massimiliano, Laura Santi, Martina Oppelli, Elena Altamira e  Romano, e delle altre persone che abbiamo aiutato autodenunciandoci danno ora alla  Corte costituzionale la  possibilità di chiarire la  portata applicativa di un diritto  che la Corte  stessa aveva già riconosciuto”.

Conclude l’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa di Marco Cappato: “Abbiamo evidenziato, nel corso dell’udienza del 19 giugno scorso in  Corte Costituzionale, le questioni che oggi troviamo poste nella nuova questione di legittimità costituzionale in riferimento alla discriminazione tra malati nell’accesso all’aiuto al suicidio e sotto il profilo della ragionevolezza. L’ordinanza di rimessione conferma anche che tutte le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’avvocatura dello Stato – a nome del Governo – nell’udienza in Corte costituzionale sono destituite di ogni fondamento, dal momento che la rilevanza della questione risulta confermata proprio dalle storie della signora Elena e del signor Romano. Attendiamo ora la decisione dei giudici della Corte costituzionale”.

➡ Approfondimento: i casi di Elena e Romano

A differenza di Massimiliano, affetto da sclerosi multipla e completamente dipendente dall’assistenza di terze persone per ogni attività quotidiana, la GIP di Milano evidenzia che la signora Elena, a seguito dell’evolvere del cancro che l’aveva colpita, non intendeva essere ricoverata o supportata nelle sue funzioni vitali da macchinari. Per questo aveva chiesto di essere sottoposta a sedazione profonda, ricevendo tuttavia un diniego dal momento che tale strada avrebbe potuto essere percorsa solo nel caso fosse stata ‘assistita ed ancorata a supporto vitale meccanico’. La sua unica alternativa, dunque, era morire in Svizzera, autosomministrandosi un farmaco letale, prima che la malattia le avesse compromesso le funzioni cognitive.

Romano, affetto invece da una forma atipica di Parkinson, che aveva compromesso la sua mobilità e autonomia, aveva più volte manifestato la volontà di porre fine volontariamente alla sua vita, consapevole che nessuna terapia avrebbe potuto migliorare la sua condizione. Aveva rifiutato categoricamente l’ausilio di presidi quali a esempio la PEG per la nutrizione forzata. Era lucido e determinato nel non voler accettare ulteriori e maggiori sofferenze rispetto a quelle che già la vita gli stava destinando.

Il GIP di Milano ha rilevato che le condizioni di Elena e di Romano erano dunque, soprattutto in relazione al tipo di patologia e alla sua evoluzione, diverse da quelle di Massimiliano, perché soprattutto nel caso della signora Elena non c’era alcuna forma di sostegno vitale, avendo questa in parte conservato una minima autonomia, nonostante il veloce evolversi della patologia e che entrambi avevano di fatto rifiutato trattamenti invasivi in quanto, come evidenzia la stessa Procura della Repubblica, nel proporre una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 580, “rallenterebbero il processo patologico e ritarderebbero la morte senza poterla impedire, ma sarebbero futili o espressivi di accanimento terapeutico secondo la scienza medica, non dignitosi secondo la percezione del malato, e forieri di ulteriori sofferenze per coloro che lo accudiscono”.