Martina Oppelli: “La mia non è una scelta di disperazione ma di amore verso la vita che ho avuto”

La 49enne triestina, tetraplegica e affetta da sclerosi multipla si è vista negare dall’Azienda sanitaria l’accesso al suicidio medicalmente assistito per la mancanza del requisito del trattamento di sostegno vitale

Filomena Gallo contro l’ASUGI: “Diniego illegittimo”. Poi annuncia: “Il 19 giugno la Corte costituzionale è chiamata ad intervenire sul requisito del sostegno vitale, non presente in alcuna legislazione al mondo”

Non avrei mai voluto prendere questa decisione, determinata da anni di sofferenza e da una patologia che non può essere curata e che per me è come una spada di damocle. Convivo con questi sintomi da un quarto di secolo e l’ho sempre fatto con dignità, con speranza, perché amo la vita, che è stupenda e va rispettata. Ma sono arrivata ad un punto in cui il dolore è devastante: io ormai muovo solo la testa, riesco ancora a lavorare tramite i comandi vocali, ma la fatica è tanta e non ce la faccio più. La mia non è una scelta di disperazione, ma una scelta d’amore verso la vita che ho avuto.

QUI UN ESTRATTO DELLA TESTIMONIANZA DI MARTINA OPPELLI

Così Martina Oppelli, 49 anni di Trieste, tetraplegica e affetta da sclerosi multipla, durante un incontro con la stampa delle scorse ore a Trieste.

Qualche giorno fa Martina Oppelli aveva reso noto con l’Associazione Luca Coscioni un video appello al Parlamento nel quale chiedeva ai senatori di discutere una buona legge sul fine vita, tenendo presente “ogni aspetto e ogni dolore” della persona che chiede di poter accedere alla morte volontaria assistita.

La donna, infatti, dopo il diniego da parte della ASUGI, l’azienda sanitaria della Regione Friuli Venezia Giulia, alla sua richiesta di accesso al “suicidio medicalmente assistito”, legale in Italia a seguito della sentenza Cappato\Antoniani (sentenza 242 del 2019), ha chiesto una rivalutazione delle sue condizioni alla luce della giurisprudenza in tema di trattamento di sostegno vitale.

La ASUGI ha comunicato che “non sussistono i presupposti per la rivalutazione delle condizioni di salute della signora Oppelli […] che non sussiste alcun obbligo dell’amministrazione di provvedere  in merito alla richiesta di revisione del precedente parere”. Secondo ASUGI la terapia farmacologica e l’assistenza di terze persone non configurano sostegno vitale. Ora a decidere saranno i giudici del Tribunale di Trieste.


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Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e difensore che coordina il collegio legale di Martina Oppelli, ha dichiarato: “A causa dell’evoluzione della sua patologia e quindi della corposa terapia farmacologica e della totale impossibilità di muoversi, Martina non è in grado di provvedere autonomamente a nessun bisogno primario. Senza una assistenza continuativa e i farmaci che assume non sarebbe in grado di sopravvivere. Per questo riteniamo che il diniego dell’ASUGI sia illegittimo e privo di fondamento. Anche perché la stessa azienda sanitaria aveva riconosciuto l’assistenza continua alla persona come trattamento di sostegno vitale nel caso di ‘Anna’, che infatti fu la prima persona a ottenere l’aiuto alla morte volontaria in Italia con l’assistenza completa del Servizio sanitario nazionale, proprio in questa Regione.

Il prossimo 19 giugno la Corte costituzionale è chiamata ad intervenire sul requisito del sostegno vitale, non presente in alcuna legislazione al mondo. La Corte è infatti chiamata a esprimersi sul tema del suicidio medicalmente assistito, per la seconda volta dopo il caso di Dj Fabo.

In questo caso dovrà pronunciarsi sull’aiuto fornito a dicembre 2022 da Marco Cappato, rappresentante legale dell’Associazione Soccorso Civile, da Chiara Lalli e Felicetta Maltese, che, mettendo in atto un’azione di disobbedienza civile, hanno accompagnato Massimiliano, toscano 44enne, affetto da sclerosi multipla, in Svizzera per poter ricorrere al “suicidio medicalmente assistito”. Massimiliano si era recato in Svizzera perché non era dipendente da un trattamento di sostegno vitale in senso classicamente inteso (come per esempio dispositivi, farmaci o macchinari sanitari con la funzione di rallentare il progredire della malattia e quindi il decesso), nonostante fosse dipendente totalmente da assistenza di terze persone per sopravvivere. Per questo avrebbbe potuto incontrare ostacoli nell’accedere al suicidio assistito in Italia, reso legale, a determinate condizioni, dalla sentenza numero 242 del 2019 sul caso “Cappato\Antoniani” (Dj Fabo).

Oggetto della nuova pronuncia dei giudici della Corte sarà, dunque, il requisito del “trattamento di sostegno vitale”, ossia quello che si presta a un’interpretazione più ambigua e con potenziali effetti discriminatori, a causa del quale tanti italiani sono costretti ad andare in Svizzera per accedere al suicidio medicalmente assistito oppure a dover subire, contro la propria volontà, condizioni di sofferenza insopportabile.

Approfondimenti

 ➡ La storia di Martina Oppelli

Martina Oppelli ad agosto 2023 aveva inviato la richiesta di verifica delle condizioni per accedere alla morte volontaria assistita alla ASUGI ma, dopo essere stata visitata dalla commissione medica multidisciplinare a ottobre 2023, non aveva ricevuto alcuna risposta.

Dopo una serie di solleciti, la ASUGI comunicava di non poter accogliere la richiesta perché mancherebbe il requisito del trattamento di sostegno vitale. A febbraio 2024 Martina Oppelli, assistita dal collegio legale dell’Associazione Luca Coscioni (composto dagli avvocati Filomena Gallo, Francesca Re, Angioletto Calandrini e Alessia Cicatelli), ha diffidato l’azienda sanitaria affinché procedesse alla immediata rivalutazione delle sue condizioni di salute.

L’azienda sanitaria ha però negato questa possibilità sostenendo di non avere alcun obbligo a rivedere un proprio precedente provvedimento e che tale richiesta di revisione contrasta con il principio di “economicità” nella pubblica amministrazione. Martina Oppelli ha depositato, tramite i propri legali, un ricorso d’urgenza per chiedere che la ASUGI venga condannata alla rivalutazione del requisito del “trattamento di sostegno vitale” e alla individuazione del farmaco letale, delle sue quantità e della modalità di autosomministrazione in modo da poter accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia.

Martina Oppelli è architetta – professione che continua a esercitare grazie ai comandi vocali per potersi permettere l’assistenza continua di cui necessita. A soli 28 anni riceve la diagnosi di sclerosi multipla e col tempo diventa tetraplegica. Attualmente, la sua diagnosi è quella di sclerosi multipla secondaria progressiva evoluta con gravissima limitazione motoria, con dolori e spasmi diffusi poco controllati dalla terapia che la rendono totalmente dipendente da terzi per la conduzione di ogni attività.

 ➡ L’accesso alla morte volontaria in Italia

In assenza di una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte volontaria, ovvero l’accesso al suicidio assistito, in Italia questa scelta di fine vita è normata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Antoniani, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a precise condizioni di salute delle persone.

La Consulta ha disposto, con una sentenza di incostituzionalità parziale dell’articolo 580 del codice penale, che la persona malata che vuole accedere all’aiuto alla morte volontaria (suicidio assistito) deve essere in possesso di determinati requisiti: deve essere capace di autodeterminarsi, essere affetta da patologia irreversibile, che tale patologia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale.

L’ultimo criterio è quello che si presta a interpretazione più ambigua e con effetti discriminatori, a causa del quale tanti italiani sono stati costretti ad andare in Svizzera per accedere al suicidio medicalmente assistito. Su questo criterio  la Consulta tornerà a esprimersi.

Questi requisiti, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale con le modalità previste dalla legge sulle Dat agli articoli 1 e 2 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, 219/17), previo parere del comitato etico territorialmente competente.

Liberi Subito: le proposte di legge regionali sul Fine vita che vedono coinvolte 15 Regioni

Nonostante la possibilità di ottenere questo tipo di aiuto, il Servizio Sanitario non garantisce tempi certi per effettuare le verifiche e rispondere alle persone malate che hanno diritto di porre fine alla propria vita. Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni ha promosso a livello nazionale la campagna Liberi Subito con raccolta firme per proposte di legge regionali che garantiscano il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti.

Nei mesi scorsi il Consiglio Regionale della Regione Veneto è stato il primo in Italia a dibattere la proposta di legge regionale, rinviandola però in Commissione per non aver ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli all’approvazione.

Oltre al Veneto anche gli uffici tecnici di Regione PiemonteEmilia-RomagnaAbruzzoFriuli-Venezia Giulia, Toscana e Lombardia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana.

Il consiglio regionale del Piemonte e del Friuli-Venezia Giulia per non discuterla hanno giocato la carta della “questione pregiudiziale”, bloccando il dibattito sul nascere. In Liguria la discussione è in corso. In Emilia-Romagna, Abruzzo, Toscana e Lombardia si attende ancora la discussione. Così come in Basilicata, Lazio e Valle d’Aosta dove la proposta di legge è stata depositata tramite l’iniziativa dei consiglieri regionali o per iniziativa dei Comuni. Proposte analoghe sono state depositate in Puglia, Marche, Umbria e Calabria.