Perché La Sapienza deve togliere ogni onorificenza al presidente tunisino Kaïs Saïed

Scritto in collaborazione con Ahmed Abbes, direttore di ricerca del CNRS presso l’Institut des Hautes Études Scientifiques (IHES) a Bures-sur-Yvette, Francia

Il 25 luglio è scoccato il secondo anniversario del colpo di stato compiuto dal Presidente Kaïs Saïed ai danni della giovane democrazia tunisina. Nessuna celebrazione in patria, nonostante il sostegno ancora elevato della popolazione verso l’uomo forte del paese. Nell’arco di questi ultimi due anni la Tunisia è sprofondata in una crisi sistemica su più fronti, caratterizzata da una penuria generalizzata di beni e frequenti interruzioni alle forniture di acqua e di elettricità, il tutto avvolto dalle nubi di una repressione crescente contro ogni opposizione politica e da una costante erosione delle istituzioni democratiche del paese. 

La situazione più drammatica si trova verso sud, a circa 600 chilometri dalla capitale Tunisi, in una terra di nessuno che separa Libia e Tunisia. È lì che le autorità tunisine hanno abbandonato centinaia di migranti di colore provenienti dall’Africa sub-sahariana, senza acqua né cibo. L’ultima parabola di una campagna di odio e discriminazione iniziata dal presidente tunisino.

Questa tremenda crisi umanitaria non sembra suscitare l’empatia dei tunisini, ma comincia ad attirare l’attenzione della comunità internazionale. Più di 130 accademici di diversi paesi, tra cui molte eminenti personalità, hanno inviato il 26 luglio una lettera ad Antonella Polimeni, Rettrice dell’Università La Sapienza di Roma, chiedendo urgentemente la revoca del dottorato honoris causa conferito al Presidente Saïed nel giugno 2021, a causa del suo coinvolgimento nei gravi abusi contro i migranti in Tunisia.

Dall’incitamento all’odio razzista alla deportazione dei neri

Il 21 Febbraio 2023, in occasione di una riunione del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, il Presidente Saïed ha definito i migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana come “orde di immigrati clandestini”, e li ha accusati di essere responsabili di “violenze, crimini e altri atti inaccettabili”, insistendo sulla “necessità di mettere rapidamente fine” a questi fenomeni migratori. Usando parole che ricorrono spesso nella retorica nazionalista e xenofoba europea, ha sostenuto che l’immigrazione clandestina sia il risultato di una “impresa criminale ordita all’alba di questo secolo per cambiare la composizione demografica della Tunisia”, al fine di trasformarlo in un paese “solamente africano”, offuscano il suo carattere “arabo-musulmano”. Queste dichiarazioni sono state un vero e proprio via libera del potere politico ai sentimenti razzisti, innescando un’ondata di violenza senza precedenti contro la popolazione nera africana storicamente residente in Tunisia. Manifestazioni e violenze di piazza hanno visto assalti a migranti neri, studenti e richiedenti asilo, mentre le forze di polizia hanno arrestato ed espulso molte persone appartenenti a questa comunità.

Gli eventi di inizio luglio a Sfax, nella Tunisia centro-orientale, a circa 150 km dall’isola di Lampedusa, hanno segnato un drammatico inasprimento delle tensioni tra la popolazione locale ed i migranti subsahariani. Una campagna lanciata da alcuni residenti tunisini per la partenza degli stranieri africani ha purtroppo portato a violenti attacchi contro i neri africani e scontri con i tunisini. Un cittadino del Benin è stato ucciso a maggio e un tunisino il 3 luglio. A seguito di questi eventi, la polizia, la guardia nazionale e l’esercito tunisini hanno effettuato raid a Sfax e dintorni, arrestando arbitrariamente centinaia di stranieri neri africani, tra cui studenti, richiedenti asilo, bambini e donne incinte.

Queste persone sono state poi espulse o trasferite con la forza, senza alcun rispetto della legalità, ai confini libico e algerino. Queste espulsioni sono state effettuate in modo crudele, con centinaia di persone, divise in più gruppi, che si sono trovate costrette a camminare nel deserto senza cibo né acqua sufficienti, e respinte dalle forze di sicurezza tunisine, algerine e libiche. Sono già diversi i morti trovati in condizioni atroci. Questi atti disumani sono stati condannati dalle Nazioni Unite e da diverse organizzazioni per i diritti umani tra cui Human Rights Watch, che ha pubblicato un rapporto dettagliato sugli eventi, nonché il Forum tunisino per i diritti economici e sociali.

Il dottorato honoris causa della Sapienza e la deriva autoritaria

Il 16 giugno 2021 l’Università Sapienza di Roma ha conferito al presidente Saïed un dottorato honoris causa in Diritto romano, teoria degli ordinamenti e diritto privato del mercato. Poco più di un mese dopo, appellandosi all’art. 80 della Costituzione del 2014, il presidente tunisino ha compiuto un vero e proprio colpo di stato, sciogliendo il Governo ed iniziando un processo segnato da una serie di misure volte a concentrare il potere nelle sue mani, minando i fondamenti istituzionali essenziali per i diritti umani, in particolare l’indipendenza della magistratura e il diritto alla libertà di espressione.

Esattamente un anno dopo, il 25 luglio 2022, Saïed ha organizzato un referendum in vista dell’adozione di una nuova Costituzione, da lui stesso redatta. Questo testo ha abrogato la costituzione del 2014, tanto elogiata dalla Rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, nel discorso con cui conferì il dottorato honoris causa al Presidente tunisino, e ha stabilito un nuovo ordinamento costituzionale che rafforza il potere esecutivo a discapito dei poteri legislativo e giudiziario.

La deriva autoritaria è stata osservata con preoccupazione da più parti. Le misure repressive adottate nei confronti degli oppositori politici, compresa la detenzione di diversi di loro con accuse infondate di cospirazione, hanno suscitato forti critiche da parte della comunità internazionale e dei difensori dei diritti umani, ma non hanno fermato le attività del presidente Tunisino, né hanno portato le autorità accademiche della Sapienza a ripensare all’onoreficenza concessa con così grande entusiasmo. 

Una prima richiesta di ritirare il titolo onorifico conferito al presidente Saïed da parte del mondo accademico italiano era già arrivata nel gennaio 2022. Gli autori dell’appello, pubblicato dal Manifesto, ritenevano, a ragione, le sue azioni in contraddizione con i principi fondamentali che dovrebbero essere rappresentati da una istituzione come la più grande università di Roma. Anche il figlio del prigioniero politico Ghazi Chaouachi ha scritto alla rettrice Polimeni nel giugno 2023 per chiederle di ritirare il dottorato honoris causa.

In una nuova lettera indirizzata alla rettrice Polimeni, più di 130 accademici si sono uniti a questo appello, chiedendo la revoca del dottorato honoris causa. Tra i firmatari troviamo eminenti personalità come il politologo Bertrand Badie (Francia), la filosofa Judith Butler (Berkeley, USA), il fisico e difensore dei diritti umani Joel Lebowitz (USA), lo storico Achille Mbembe (Sudafrica), Il matematico, vincitore del premio Abel, Yves Meyer (Francia), matematico ed ex rettore della Gaston-Berger University, Mary Teuw Niane (Senegal) e il matematico vincitore della medaglia Fields Cédric Villani (Francia).

Il cinismo delle autorità europee

Il 16 luglio 2023, mentre centinaia di persone di colore ingiustamente deportate dalle autorità tunisine vagavano nel deserto, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, accompagnata dalla presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni e dal primo ministro olandese Mark Rutte, ha formalizzato a Tunisi un memorandum d’intesa fra Tunisia e Unione Europea. L’Unione accetta di concedere alla Tunisia aiuti allo sviluppo in cambio del controllo dei flussi migratori, e si impegna in particolare a fornire “assistenza tecnica” destinata a consentire “un’efficace gestione delle frontiere, lo sviluppo di un sistema per l’identificazione e il rimpatrio dei migranti irregolari già presenti in Tunisia nei Paesi di origine”. Quando vediamo come vengono trattati attualmente i migranti in Tunisia, non possiamo che preoccuparci dell’effetto moltiplicatore che avrà questo “aiuto tecnico”. Preoccupazione condivisa dalle organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani, che hanno denunciato all’unanimità questo accordo.

Da settimane ormai il presidente tunisino mostra la sua connivenza con il presidente del Consiglio italiano in tema di politica migratoria. Il governo italiano ha intensificato l’assistenza al governo tunisino per pattugliare le coste e impedire le partenze verso l’Italia. Anche altri Paesi europei, come Francia e Germania, hanno manifestato l’intenzione di aiutare la Tunisia a contenere i flussi migratori verso l’Europa. 

Di fronte a questa indegna contrattazione, il presidente tunisino assume un atteggiamento ambivalente. Ripete a chiunque lo ascolti il ​​suo rifiuto di fare del suo Paese la guardia di frontiera d’Europa e insiste sul fatto che la Tunisia non sarebbe “un Paese di insediamento” per i migranti. Ma le sue parole sono contraddette dal ruolo attivo della Tunisia nel controllo delle frontiere esterne dell’Unione Europea: oltre 23.000 persone partite dalle coste tunisine sono già state bloccate in Italia dalla guardia costiera durante i primi cinque mesi dell’anno, vale a dire tre volte di più rispetto al corrispondente periodo del 2022, secondo i dati del Forum tunisino per i diritti economici e sociali.

“Quasi cinquant’anni fa, nel 1975, l’Università di Nizza conferì un dottorato honoris causa a Nicolae Ceausescu, Presidente della Romania. Se n’è andato da tempo, ma il ricordo dei suoi crimini non lo è, e la buona reputazione dell’Università di Nizza è offuscata per sempre da questa associazione. Non auguriamo una simile sorte a La Sapienza. La invitiamo dunque a riconsiderare il titolo onorifico concesso al presidente Saïed.” 

Si chiude così la nuova lettera degli accademici alla rettrice Polimeni. Speriamo che vengano ascoltati.