La mia RICERCA. La tua CURA?

“………Gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) sono ospedali di eccellenza che perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico…”.

“………Il Ministero della Salute continuerà a vigilare gli IRCCS per garantire che la ricerca da essi svolta sia finalizzata all’interesse pubblico con una diretta ricaduta sull’assistenza del malato…”.

Questi passi sono tratti dal sito dedicato dal Ministero della Salute alla missione e funzione degli IRCCS

In particolare, il termine “traslazionale” in campo biomedico, indica l’obiettivo  principale di trasformare i risultati ottenuti dalla ricerca di base in applicazioni cliniche (“from bench to bedside” ossia “dal bancone di laboratorio al letto del paziente”),  al fine di migliorare ed implementare i metodi di prevenzione, diagnosi e terapia delle patologie umane.

Purtroppo, non sempre è così e le scoperte della Ricerca biomedica rimangono nei laboratori e sulle riviste anziché portare a nuove terapie

Un esempio è rappresentato dalla Ricerca sul glioblastoma, il tumore del cervello più frequente e mortale che colpisce ogni anno circa duemila italiani, con un picco di incidenza compreso tra 50 e 65 anni. 

Nonostante ingenti sforzi per migliorare la speranza e qualità di vita dei pazienti affetti da questa temibile malattia, l’ultimo progresso terapeutico significativo per essa data a 18 anni fa (2005) quando l’introduzione del farmaco temozolomide permise di allungare brevemente la sopravvivenza mediana dei pazienti portandola a circa 15 mesi. 

Da allora, ben poco è cambiato nella offerta terapeutica e speranza di vita di questi sfortunati pazienti. È necessario a mio avviso che ci si interroghi sulle cause di questo stallo della Ricerca biomedica. 

Sicuramente le caratteristiche infiltrative di questo tumore che invade l’oggetto più complesso e sofisticato che conosciamo, ossia il cervello umano, giocano un ruolo fondamentale nelle difficoltà di cura. 

Ma forse anche, a livello decisionale di ricerca sanitaria, non sempre potrebbero essere stati battuti gli alberi più carichi di frutta.

Fino ad oggi il finanziamento della Ricerca sul glioblastoma si è basata spesso sui parametri bibliometrici dei ricercatori proponenti (impact factor, indice citazionale, h-index ed altri) e meno sulla prospettiva terapeutica della ricerca proposta. In molti casi, al di sotto di una certa soglia di parametro bibliometrico posseduto, non è neppure possibile partecipare.

Solo per fare un esempio, hanno potuto presentare proposte di Ricerca sui fondi PNRR che tanto abbiamo difficoltà a spendere, solo quei ricercatori che avessero una certa soglia di parametro bibliometrico pregresso. 

Qualunque fosse la proposta presentata, a prescindere dalle prospettive terapeutiche che essa contenesse. 

Sarebbe forse stato opportuno che ai parametri bibliometrici che caratterizzano il livello scientifico del proponente, spesso riflesso di ricerche che di terapeutico hanno ben poco, si accoppiasse una valutazione positiva crescente della prospettiva presentata. 

Per esempio, se fossero proposti studi con ricaduta terapeutica oppure no; se tali studi fossero previsti solo su cellule coltivate in vitro (su quanti e quali tipi?); o più avanti nel percorso di Ricerca, su modelli animali di malattia (anche qui, quanti e quanto fedeli alle caratteristiche dei glioblastomi umani?); o ancor più avanti nel percorso di Ricerca, studi clinici di fase sperimentale crescente (I, II o III). 

In altre parole, che gli aspetti di innovazione terapeutica del glioblastoma assumessero maggiore peso nel direzionamento delle ricerche.

 E ci fermiamo qui, perché purtroppo il glioblastoma è solo un esempio di cura che avanza poco o nulla.

La più grande speranza nostra e di tutti pazienti di glioblastoma rimane tuttavia che il fiume di denaro offerto dagli irripetibili programmi di Ricerca PNRR possa essere alla fine speso al meglio ed offrire ai pazienti qualche efficace protocollo di cura in più.