A Bologna la prima udienza davanti al GIP per l’aiuto fornito alla signora Paola

Presenti in udienza i tre indagati Marco Cappato, Virginia Fiume e Felicetta Maltese

Il giudice si riserverà se archiviare, iniziare un processo o sollevare una questione di legittimità costituzionale

Si è tenuta oggi l’udienza dinanzi al dottor Andrea Salvatore Romito, Giudice per le indagini preliminari di Bologna, per decidere sulla richiesta di archiviazione proposta dalla Procura della Repubblica.

Presenti gli avvocati Filomena Gallo, Francesca Re, Francesco Di Paola e Rocco Berardo per il collegio legale di studio e difesa (a cui partecipano anche Marilisa D’Amico, Benedetta Liberali, Irene Pellizzone, Iole Benetello, Stefano Bissaro e Massimo Clara) che assistono gli indagati Marco Cappato, Felicetta Maltese e Virginia Fiume, presenti in udienza, hanno insistito per l’accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica e in subordine richiesto di rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Consulta per un suo nuovo intervento relativamente al requisito del trattamento di sostegno vitale.

Lo scorso 6 febbraio Felicetta Maltese e Virginia Fiume avevano accompagnato la signora Paola, affetta da una forma avanzata di parkinsonismo atipico, in Svizzera per la morte volontaria tramite autosomministrazione del farmaco letale. Il giorno successivo al decesso della signora Paola, in data 9 febbraio, si erano autodenunciate a Bologna, insieme a Marco Cappato in qualità di legale rappresentante di Soccorso Civile, che aveva organizzato nonché finanziato il viaggio, per l’aiuto fornito ad una persona considerata priva del trattamento di sostegno vitale richiesto dalla Corte costituzionale per poter accedere legalmente in Italia al cosiddetto “suicidio assistito”.

Dichiara l’avvocato Filomena Gallo, difensore di Marco Cappato e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa (composto anche da Francesca Re, Marilisa D’Amico, Benedetta Liberali, Irene Pellizzone, Iole Benetello, Francesco Di Paola, Rocco Berardo, Stefano Bissaro e Massimo Clara):

Il trattamento di sostegno vitale, tra i requisiti individuati dalla Consulta per accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia, costituisce una grave discriminazione tra persone malate. Infatti non tutte le persone, seppur affette da patologie irreversibili che siano fonte di sofferenze psichiche o fisiche intollerabili, necessitano di un trattamento di sostegno vitale o comunque questo potrebbe essere necessario in uno stadio così avanzato della malattia da obbligare il malato a sopportare mesi, se non anni, atroci sofferenze.

Il Giudice per le indagini preliminari si è riservato di decidere: se dovesse accogliere la richiesta di archiviazione andrebbe a confermare che l’assenza del trattamento di sostegno vitale non può precludere l’accesso alla morte assistita, nel caso in cui siano soddisfatti tutti gli altri requisiti stabiliti dai Giudici costituzionali, finalmente abbattendo una grave discrimine tra persone malate.

Se invece dovesse sollevare la questione di legittimità costituzionale, richiedendo così un nuovo intervento della Consulta, andrebbe a evidenziare quanto abbiamo sempre detto: il requisito del trattamento di sostegno vitale, individuato con specifico riferimento alla situazione di Fabiano Antoniani su cui la Corte costituzionale si era trovata a decidere nel 2019, discrimina le persone malate e deve essere superato al fine di garantire il rispetto del principio  di autodeterminazione terapeutica e quello di eguaglianza.

La questione di costituzionalità non si risolverebbe nella impugnazione del giudicato della Corte, preclusa ai sensi dell’articolo 137 della Costituzione, mettendo in discussione la sua precedente pronuncia, ma consisterebbe nell’evidenziare l’effetto discriminatorio provocato dal protrarsi dell’inerzia legislativa, messa a nudo dal manifestarsi di nuovi casi.

Se invece il Giudice per le indagini preliminari dovesse decidere di rinviare a giudizio gli indagati, affronteremo il processo fiduciosi nel lavoro della magistratura.

➡ Approfondimento: Quali scenari possibili

  1. Accoglimento della richiesta di archiviazione con motivazioni che possono essere sia quelle prospettate dal pubblico ministero nella sua richiesta sia quelle addotte dalla difesa degli indagati nella memoria depositata e in discussione. Non è, comunque, escluso che possa farlo anche con sue motivazioni, diverse da quelle delle parti. In tal caso pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.
  2. Può ritenere necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse, altrimenti provvede entro tre mesi sulle richieste.
  3. Ritiene necessario l’approfondimento del giudice del merito, quindi dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione (la cosiddetta imputazione coatta). Entro due giorni dalla formulazione dell’imputazione, il giudice fissa con decreto l’udienza preliminare.
  4. Potrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale – le motivazioni, ovviamente, possono essere anche diverse da quelle prospettate nella proposta q.l.c.; non dimentichiamo che l’art. 580 del codice penale ha ancora un tema costituzionale da sondare ossia relativamente alla dosimetria della pena circa l’azione di agevolazione rispetto a quella di istigazione, questione questa sollevata dalla corte di assise di Milano e ritenuta dalla Corte costituzionale assorbita nella precedente decisione (anche se quest’ultimo aspetto potrebbe essere più di pertinenza del giudice ordinario.