In Colombia la Corte costituzionale riconosce il diritto a morire con dignità

Cinque punti chiave per comprendere la sentenza della Corte costituzionale C-164 del 2022 sull’assistenza medica al suicidio

Continua il silenzio del Parlamento colombiano che in 24 anni non è riuscito a approvare una legge che legalizzi l’eutanasia. Per ovviare a questo vuoto la Corte costituzionale continua a emettere sentenze, invitando già per sette volte il Parlamento a legiferare in merito. Una situazione paradossale.

L’11 maggio 2022, la Corte costituzionale ha preso un’altra decisione aprendo la porta a un nuova procedura per esercitare il diritto a morire con dignità in Colombia, decidendo sul contenzioso
promosso dell’Associazione colombiana pro-vita volontario DescLAB. Con questa sentenza la Colombia è diventata il primo paese latino-americano a consentire l’assistenza medica al suicidio (AMS) come opzione legale per una morte dignitosa. Il testo integrale della Sentenza C-164 del 2022 è stata resa nota cinque mesi dopo la decisione. Nella sentenza si individuano cinque punti chiave per comprendere questa decisione.

 ➡ Riassunto della sentenza

Punto 1.

L’assistenza medica al suicidio è una prestazione di morte medicalmente assistita e fa parte del diritto fondamentale di morire con dignità in Colombia. Nella sentenza, la Corte non solo sostiene perché l’assistenza medica al suicidio oppure assistenza a morire (AaM) – come definita dalla Federazione Mondiale delle Associazioni del Fine-Vita Volontario – è depenalizzata, ma la definisce anche come un’altra applicazione della morte medicalmente assistita insieme all’eutanasia.

La sentenza della Camera plenaria della Corte costituzionale ha permesso che l’AaM fosse applicata senza sanzioni penali rispettando gli stessi requisiti dell’eutanasia, che sono:

  • Consenso libero, informato e inequivocabile da parte della persona.
  • Accurata diagnosi di una lesione fisica o di una malattia grave e incurabile.
  • La condizione di salute – sottoposta a dolore fisico e mentale – è incompatibile con l’idea che la persona ha di dignità.
  • Come conseguenza della condizione di salute, è sottoposta a dolore fisico e mentale.
  • L’ assistenza nel causare la morte del malato è fornita da un medico.

Allo stesso modo, l’AaM fa parte del diritto fondamentale di morire con dignità, che non è sinonimo di eutanasia. Insieme alle cure palliative e all’adeguatezza dell’impegno terapeutico, l’assistenza a morire rientra, però, in questo diritto perché significa essere in grado di prendere decisioni su quando e in quali condizioni vivere alla fine della vita. In questo senso, spetta a ciascuna persona scegliere a quale di questi meccanismi accedere e, in base ai propri desideri e convinzioni, definire se le prestazioni di morte medicalmente assistite sono un’opzione.

Punto 2.

Per la prima volta, il principio di solidarietà viene sviluppato come parte della pratica medica nella chiave di una morte dignitosa. Sebbene la Corte abbia fatto riferimento alla questione in passato, è la prima volta – dopo quattordici decisioni giudiziarie – che effettua un’analisi più ampia rispetto alla solidarietà e alla pratica medica nei processi di morte medicalmente assistita. In particolare, la decisione spiega che il principio e il dovere di solidarietà non spetta solo allo Stato, ma anche alle persone, specialmente a coloro che sono in grado di aiutare. E, in questo senso, i professionisti medici non solo svolgono una funzione sociale, ma “atto medico implica la comprensione del paziente in tutte le sue dimensioni”.

Sul ruolo dei medici, la Corte stabilisce che il dolore e la sofferenza del paziente coinvolgono direttamente il medico, che è in grado di ridurre il dolore e aiutare coloro che hanno già preso la
decisione di porre fine alla propria vita. Essa precisa inoltre che: “Il medico può agire eticamente, e seguendo i più alti principi di moralità, quando lo fa motivato da fini altruistici come la solidarietà e il rispetto per il paziente che affronta sofferenze che considera indegne” (Sentenza C-164 del 2022).

Per la Corte è evidente che il medico agisce in virtù della solidarietà quando partecipa all’AaM perché  lo scopo dell’atto è porre fine alla sofferenza e l’aiuto è dato al fine di rispettare la volontà della persona che ha già preso una decisione. Per questo motivo, l’AaM non consiste solo nel fornire il farmaco, ma anche di un accompagnamento fino alla fine”per garantire che fino all&’ultimo momento il paziente mantenga la sua dignità”. Così, nel quadro di un rapporto medico-paziente che “non sia autoritario o paternalistico”, il medico è chiamato a fornire informazioni rigorose e necessarie senza imporre la sua volontà.

Ora, sebbene l’aiuto non sia penalizzato, non vi è alcun obbligo per il medico di fornire l’AaM. Sebbene non vi sia alcuna menzione nella sentenza riguardo obiezione di coscienza, è chiaro che nessun professionista è obbligato ad assistere una persona nel causarne la morte.

Punto 3.

La Corte costituzionale dà priorità alla storia personale del paziente rispetto alla sua vita biologica. In questa nuova decisione, la Corte ribadisce quanto ha pronunciato in altre sentenza sul diritto alla vita: “la vita non si riduce a un mero fatto biologico, ma è intesa come condizione di possibilità dello sviluppo di un progetto di vita in pieno autonomo”. Pertanto, spetta a ciascun individuo giudicare la vita che merita di essere vissuta secondo la sua idea di dignità.

In questa decisione, ancora una volta, il diritto alla vita, l’autonomia e la libertà si intrecciano come modi in cui si configura la dignità della persona. Chiarisce, come spiegato nel 1997 con la sentenza C-239, che la vita è un diritto e un valore molto importante, ma non è sacra “perché in un sistema pluralistico, una visione religiosa o metafisica della vita non potrebbe essere preconcetta”.

Pertanto, il titolare del bene giuridico della vita, cioè ogni persona – quando sperimenta di soffrire di una malattia grave e incurabile e ha espresso liberamente la sua volontà – non è lesa dalla partecipazione del medico all’AaM. Al contrario, quando la persona ha la possibilità di prendere questa decisione, prevale la vita biografica: chi è quella persona, il suo percorso di vita e il suo progetto di vita, quali sono i suoi desideri e le sue convinzioni, cosa considera degno e come vuole che avvenga la morte.

Punto 4.

L’AaM è inteso come una rivendicazione della Corte costituzionale sul momento della morte. A differenza della solidarietà, l’autonomia e il libero sviluppo della personalità sono prospettive trattate in modo approfondito nella giurisprudenza della Corte rispetto alla morte con dignità. La giurisprudenza ha più volte dichiarato che l’autonomia sulla vita e sul corpo – anche nelle decisioni di fine vita – è in capo a ciascuno, poiché ognuno è chiamato a definire liberamente la propria esistenza.

Per questo motivo, la Corte confronta la condotta con quella di chi si suicida o tenta di suicidarsi – senza aiuto – e come questa decisione sia espressione di autonomia da cui non deriva un’indagine penale né per la persona né per la sua famiglia. Optare per l’AAM, afferma la Corte, “garantisce in misura maggiore la dignità umana, l’autonomia e il libero sviluppo della personalità, poiché è il paziente che auto-somministra il farmaco prescritto”. A causa delle particolari modalità in cui avviene la morte, c’è un maggiore controllo, poiché l’atto non è delegato a un’altra persona.

“Chiunque opti per l’AAM o per l’eutanasia, non chiede altro di esercitare il libero arbitrio per porre fine alle proprie sofferenze perché preferisce non delegare un evento così importante a terzi” (Decisione C-164 del 2022). In questo senso, la Corte spiega che entrambe le prestazioni di morte medicalmente assistite sono espressioni di autonomia, tuttavia, l’AaM è una rivendicazione della Corte costituzionale sull’intero processo di morte.

Punto 5.

Il Parlamento della Repubblica è chiamato a regolamentare l’AaM. La Corte costituzionale esorta ancora una volta il Congresso della Repubblica a regolamentare il diritto di morire con dignità, compreso l’AaM. Dopo 25 anni di depenalizzazione dell’eutanasia, la Camera plenaria della Corte chiede al Parlamento – come ha ribadito in sette occasioni – di legalizzare la protezione del diritto di morire con dignità riguardo le condizioni della sua applicazione e, a sua volta, eliminando le barriere che ancora esistono.

La decisione spiega che la depenalizzazione dell’AaM non introduce le modalità in cui la pratica legale si materializzerà nel quadro del sistema sanitario, perché ciò dipenderà dal Congresso. Allo stesso tempo, chiarisce che la depenalizzazione dell’AaM non implica che le azioni di prevenzione del suicidio che il legislatore dovrebbe promuovere non debbano continuare.

L’Associazione colombiana pro-vita volontario DescLAB continuerà a insistere sul che i disegni di legge presentata al Parlamento includono sia l’eutanasia che l’AAM come parte dell’esercizio di una morte dignitosa nel quadro della libertà e dell’autonomia che le persone hanno fino alla fine della loro vita.

 ➡ Fonti