Il governo cancella la firma digitale

Filomena Gallo e Marco Cappato commentano: “Questa è una violazione della legge e degli impegni presi con le Nazioni unite”

Piattaforma pubblica firma digitale, il ministro Colao ha annunciato che la piattaforma pubblica per i referendum non consentirà di autenticare né di certificare le firme, che dunque non avranno alcun valore o utilità per la presentazione di referendum e proposte di legge d’iniziativa popolare

A quasi un anno dalla sua adozione, la storica riforma che ha permesso la firma digitale su referendum e iniziative popolari rischia di vedere vanificata la propria efficacia.

È quanto si apprende dalle dichiarazioni del ministro per la Transizione Digitale Vittorio Colao, che in risposta a un’interrogazione del deputato Riccardo Magi, ha affermato che “il dettato normativo garantisce solo la digitalizzazione della raccolta della firme, che è il segmento iniziale del processo di promozione dell’iniziativa, ma non consente una completa digitalizzazione, estesa per esempio all’autenticazione delle firme o alla raccolta dei certificati elettorali, che sono disciplinati ancora in maniera analogica”.

Le affermazioni di Colao si riferiscono alla piattaforma pubblica per la raccolta delle firme digitali, per la quale la legge di bilancio approvata a dicembre 2020 prescriveva l’entrata in funzione entro il 1º gennaio 2022. Attualmente infatti, è in vigore una normativa transitoria che consente la raccolte delle firme attraverso piattaforme private, con costi a carico dei comitati promotori pari a circa 1 euro a firma. Al grave ritardo dello Stato nell’applicazione della legge, si aggiungono le dichiarazioni del Ministro competente Vittorio Colao che ne sviliscono e restringono  gli effetti.

Colao afferma infatti che la piattaforma si limiterà a raccogliere le firme dei cittadini, senza provvedere all’autenticazione delle stesse, né al loro abbinamento coi certificati elettorali dei firmatari. Se per quanto concerne l’autenticazione è la legge stessa a chiarire che le firme digitali non sono soggette a questo processo per via analogica (art 344 legge n. 178 del 30/12/2020), riguardo la certificazione, vi sono dichiarazioni pubbliche del Ministro Colao che nella scorsa estate assicurava la presa in carico di questo passaggio burocratico attraverso la piattaforma.

Le dichiarazioni del Ministro rappresentano pertanto un’anticipazione di un passo indietro rispetto a quanto è stato già possibile fare attraverso le piattaforme private, dov’era garantita l’autenticazione della firma con SPID, oltre che un preannuncio di un decreto attuativo della legge che si discosterà da quanto la legge in vigore prevede.

A commento della notizia, Marco Cappato e Filomena Gallo hanno dichiarato: “Draghi, Colao e Cartabia distruggono l’unica riforma che l’estate scorsa aveva consentito la partecipazione democratica di oltre un milione di persone per far vivere l’articolo 75 della Costituzione. Quanto risposto dal Ministro Coalo a un’interrogazione di Riccardo Magi non rispetta la legge del 2020, gli impegni presi a seguito di intervento nei confronti dell’ Italia delle Nazioni unite nell’ambito del caso “Staderini/De Lucia vs Italy” e gli impegni assunti dal Ministro con i comitati promotori dei referendum.

A cosa è dovuto questo cambio di rotta improvviso del Ministro, che aveva annunciato pubblicamente che la piattaforma avrebbe preso in carico anche i certificati elettorali dei firmatari? Viene da pensare che vi siano state pressioni politiche ben precise in questa direzione, come se dopo la bocciatura dei referendum su eutanasia e cannabis si volesse far fallire anche la conquista della firma digitale. In un momento in cui il Governo sembra promuovere in ogni settore la transizione verso il digitale, dalla PA alle poste, appare assurdo tenere esclusi da questa innovazione i diritti politici dei cittadini.

Preannunciamo da subito che assumeremo tutte le iniziative, legali e nonviolente, che si renderanno necessarie per sventare il tentativo di negare ulteriormente i diritti politici degli italiani”.

ll governo italiano ha infatti presentato, nel procedimento di follow up davanti al Comitato Diritti Umani dell’ONU, la realizzazione della piattaforma come un rimedio al superamento degli ostacoli frapposti all’esercizio del diritto referendario da parte dei cittadini, materia sulla quale le Nazioni Unite hanno condannato l’Italia nel 2019 su iniziativa di Mario Staderini. La mancata realizzazione della piattaforma rappresenterebbe pertanto un inadempimento degli obblighi internazionali, oltre che una ennesima violazione dei diritti politici dei cittadini.