Suicidio assistito: i problemi della legge in discussione

Il 26 marzo 2024 le commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato inizieranno l’esame della legge recante “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita” a prima firma Alfredo Bazoli (PD-IDP) e co-firmato da tutti i senatori di opposizione. Un testo che proviene dalla precedente legislatura (qui l’analisi nel dettaglio) e su cui dal 2021 l’Associazione Luca Coscioni chiede modifiche.

Il testo si pone l’obiettivo di regolamentare quanto previsto dalla Corte costituzionale con sentenza 242/2019, andando a specificare requisiti di accesso al suicidio medicalmente assistito, modalità di verifica delle condizioni del richiedente e modalità di attuazione del trattamento sanitario. Obiettivo che però non riesce a raggiungere.

Discriminazione tra chi ha autonomia fisica e chi non la ha più

Ciò che più colpisce nel testo in discussione è la discriminazione che il Parlamento crea nei confronti delle persone malate. Se il testo passasse sarebbe infatti possibile fare richiesta di assistenza medica al suicidio solamente a persone con autonomia fisica, ma non a chi ha ormai perso qualsiasi possibilità di mobilità, pur rimanendo perfettamente capace di intendere e volere. Ciò colpisce ancora di più se pensiamo che la discussione del testo è stata avviata nella precedente legislatura (e ripresentata in questa senza alcuna modifica) solo a seguito del deposito di oltre 1 milione e 250 mila firme di cittadini per convocare un Referendum sull’Eutanasia Legale proprio con l’obiettivo di superare questa discriminazione emersa della sentenza della Corte Costituzionale chiamata ad esprimersi sul caso Cappato/Dj Fabo.

Discriminazione sulla base dei trattamenti a cui la persona è sottoposta

Ulteriore discriminazione riguarda tutte quelle persone che, pur malate di patologie irreversibili e portatrici di gravi sofferenze ritenute intollerabili (pensiamo a un terribile cancro non più curabile), non sono collegate a macchinari o non necessitano di trattamenti sanitari di sostegno vitale per continuare a respirare, nutrirsi o idratarsi. Nei confronti di queste persone, il disegno di legge non trova soluzioni, prevedendo che possano fare richiesta di assistenza medica al suicidio solo davanti a un peggioramento tale da renderle dipendenti da trattamenti sanitari. Solo a quel punto, quando solitamente ormai non rimangono nemmeno i tempi burocratici per avviare le procedure di suicidio assistito, queste persone potrebbero farne richiesta. Anche qui, di nuovo, potrebbero poi arrivare ad ottenere il suicidio assistito solo se nel frattempo non abbiano perso l’autonomia fisica. Talmente è palese la discriminazione, che sul requisito dei trattamenti di sostegno vitale (previsti anche da questo ddl) la Corte costituzionale tornerà ad esprimersi a seguito di incidente di costituzionalità sollevato con una disobbedienza civile di Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese.

Nessuna garanzia sui tempi

Nelle previsioni del testo unificato: 1. il richiedente redige la richiesta con scrittura privata autenticata; 2. il medico che riceve la richiesta inserisce il paziente in un percorso di cure palliative; 3. la persona rifiuta le cure palliative; 4. il medico che ha ricevuto la richiesta redige un rapporto sulle condizioni e le motivazioni del richiedente; 5. il rapporto viene inviato al Comitato per l’etica clinica territoriale; 6. un delegato del Comitato etico visita il paziente per verificarne nuovamente le condizioni; 7. entro un mese il Comitato etico dichiara se il richiedente soddisfa o meno tutti i requisiti richiesti; 8. il fascicolo passa alla Direzione Sanitaria dell’ASL che deve verificare se il decesso può avvenire in casa; 9. il medico incaricato di fare assistenza alla morte volontaria accerta nuovamente, anche attraverso uno psicologo, che quella sia la volontà del paziente; 10. il medico può procedere al soddisfacimento della volontà del paziente.
Tutto ciò al netto di eventuali controversie, nel qual caso è necessario anche l’intervento del Tribunale.
Dieci passaggi senza alcuna garanzia di risposta in tempi determinati.

Obiezione di coscienza

Come se la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza non avesse insegnato nulla, nel testo approvato è stato introdotta l’obiezione di coscienza attraverso un elenco di personale sanitario obiettore. Una via alternativa sarebbe stata possibile: con la legge sulle DAT ad esempio il legislatore scelse di permettere l’obiezione di coscienza dei sanitari sul caso specifico, senza creare un elenco di obiettori sempre e comunque.