Con una serie di domande e risposte ripercorriamo il Caso di Mario, paziente tetraplegico marchigiano, che a seguito della sentenza della Consulta sul “Caso Cappato” ha chiesto alla Asl di appartenenza di vedersi riconosciute le condizioni previste dalla sentenza per accedere alla morte assistita in Italia. Ecco il caso di Mario, seguito dal collegio legale di studio e difesa composto dagli avvocati Filomena Gallo, Massimo Clara, Angelo Calandrini, Cinzia Ammirati, Francesca Re, Rocco Berardo e Giordano Gagliardini.
La sentenza della Corte costituzionale 242/2019
La cosiddetta “sentenza Cappato” riguardante l’incidente di costituzionalità sollevato sull’articolo 580 del codice penale nel processo a Marco Cappato per l’aiuto al suicidio fornito a Fabiano Antoniani, a tutti noto come Dj Fabo, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 per la parte relativa all’aiuto al suicidio, laddove non esclude la punibilità nei casi in cui è fornito a una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
Chi è Mario
Mario (che ha scelto un nome di fantasia per questioni di riservatezza famigliare) è nato nel 1978, abita in un paesino delle Marche e, dal 2010, a causa di un grave incidente stradale che gli ha provocato la frattura della colonna vertebrale con la conseguente lesione del midollo spinale, è tetraplegico e ha altre gravi patologie. Le sue condizioni sono irreversibili.
Mario ha provato tutte le strade possibili per recuperare parte della sua salute ma nulla è servito. Mario racconta la sua storia con una lettera al Consiglio generale dell’Associazione Luca Coscioni nel febbraio 2021.
Cosa ha chiesto Mario
Nel 2020 scrive a Marco Cappato per ricevere informazioni per accedere al suicidio assistito in Svizzera. Così apprende che potrebbe chiedere la sospensione dei trattamenti previa attivazione di percorso palliativo e di sedazione profonda, che può redigere le disposizioni anticipate di trattamento affinché le sue volontà siano sempre rispettate anche se non riuscisse più a comunicare e che con la sentenza Cappato, consente l’aiuto legale al suicidio a determinate condizioni anche in Italia. Mario redige subito il testamento biologico. Venuto a conoscenza della sentenza Cappato, nel settembre 2020 decide di scrivere alla sua Asl per ottenere quanto previsto dalla Consulta ed evitare di andare in Svizzera per ottenere l’accesso alla morte assistita. Chiede dunque all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche di verificare la sussistenza delle condizioni indicate dalla Corte costituzionale.
Cosa ha risposto la Asl
Alla richiesta di Mario, i primi giorni di ottobre 2020, la Asl risponde con un diniego senza nemmeno attivare le procedure indicate dalla Corte costituzionale che ha stabilito che per dar corso alle richiesta della persona interessata – in virtù di norme già in vigore nel nostro ordinamento – occorre verificarne le condizioni (persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli) da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
La Asl, però, nega a Mario persino l’attivazione delle procedure di verifica.
Cosa ha deciso Mario assistito dai giuristi dell’Associazione Luca Coscioni
A seguito della risposta della Asl, Mario ha chiesto un aiuto legale all’Associazione Luca Coscioni per portare la Asl in tribunale, per ottenere un’ordinanza volta a veder rispettato quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale.
Il procedimento giudiziario
A differenza dei casi Dj Fabo e Davide Trentini, siamo di fronte non a un procedimento penale ma civile, non iniziato a seguito di un’autodenuncia per violazione di una norma penale, ma volto a ottenere con una pronuncia d’urgenza, ex articolo 700 codice di procedura civile, il rispetto del diritto all’esercizio di una libertà individuale per poter procedere con l’aiuto al suicidio senza che l’aiuto configuri reato (così come stabilito nella sentenza della Corte costituzionale 242/2019).
Mario, assistito da alcuni avvocati del comitato dei giuristi per le libertà dell’Associazione Luca Coscioni, chiede dunque al giudice che ordini all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche di effettuare le verifiche sulla sua condizione e di verificare le modalità per poter procedere – previo parere del comitato etico – alla prescrizione del farmaco per porre fine alle sofferenze con l’accesso alla cosiddetta morte assistita.
Cosa ha deciso il tribunale di Ancona
Con una pronuncia resa nota a fine marzo 2021, il tribunale di Ancona ha negato la possibilità per Mario di accedere alla morte assistita in Italia.
Il Tribunale, pur riconoscendo che il paziente ha i requisiti che sono stati previsti dalla Corte costituzionale nella sentenza 242/19 afferma che “non sussistono […] motivi per ritenere che, individuando le ipotesi in cui l’aiuto al suicidio può oggi ritenersi lecito, la Corte abbia fondato anche il diritto del paziente, ove ricorrano tali ipotesi, ad ottenere la collaborazione dei sanitari nell’attuare la sua decisione di porre fine alla propria esistenza; né può ritenersi che il riconoscimento dell’ invocato diritto sia diretta conseguenza dell’individuazione della nuova ipotesi di non punibilità, tenuto conto della natura polifunzionale delle scriminanti non sempre strumentali all’esercizio di un diritto”.
➡ Leggi QUI la decisione del tribunale di Ancona
Il procedimento è chiuso?
A seguito di reclamo della decisione del tribunale ordinario di Ancona, lo stesso Tribunale in composizione collegiale, ha ribaltato la precedente decisione imponendo, con questa ordinanza, all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche di verificare se nel caso di Mario fossero rispettate le condizioni d’accesso al suicidio assistito e di accertare se le modalità, la metodica e il farmaco prescelti fossero idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile. Il collegio del tribunale di Ancona ordina all’ASUR di procedere in applicazione della sentenza Cappato/Dj Fabo della Corte costituzionale (242/2019).
L’Azienda sanitaria unica regionale e il Comitato etico regionale delle Marche hanno attivato la procedura?
Visto che ad un mese di distanza dalla pronuncia del tribunale di Ancona la procedura non era stata ancora attivata, il 12 luglio 2021 Mario aveva deciso di diffidare l’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche. Trascorsi inutilmente 30 giorni dalla diffida, Mario tramite il suo collegio legale coordinato dall’avvocato Filomena Gallo ha incardinato una serie di azioni giudiziali e stragiudiziali affinché il suo diritto venisse affermato
Il giorno 1 settembre 2021, Mario è stato contattato dall’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche per definire un calendario di appuntamenti volti alla verifica delle condizioni, che prevedevano, nell’arco del mese di settembre, una serie di colloqui con psicologi, medici palliativisti e neurologi, al fine di espletare gli accertamenti propedeutici richiesti dal Comitato etico Regione Marche, per emettere il suo parere. Scrupolosamente effettuati gli accertamenti a opera dell’équipe interdisciplinare, il 14 ottobre 2021, veniva notificato a Mario l’avvenuto invio della relazione collegiale redatta dall’Equipe interdisciplinare dell’Area Vasta 2, competente al CERM.
Visti gli ulteriori ritardi, nonché l’assenza di qualsiasi comunicazione relativa agli sviluppi relativi soprattutto al parere che il Comitato etico avrebbe dovuto emettere, Mario il 15 novembre 2021 ha inviato una nuova diffida per sollecitare la procedura. Il 23 novembre 2021, Mario riceve il parere del Comitato etico, che riscontra la presenza delle quattro condizioni stabilite dalla Corte costituzionale, rilevando al contempo l’impossibilità di potersi esprimere in merito al farmaco letale in quanto nessuna verifica era stata fatta sulla metodica, le quantità e le modalità di somministrazione.
Per la prima volta un malato in Italia riceve conferma delle condizioni previste dal giudicato costituzionale che rende lecito l’aiuto al suicidio medicalmente assistito.
Quali i passi successivi per ottenere il parere completo come ordinato dal tribunale di Ancona?
Su indicazione di Mario, il collegio legale ha inviato l’ennesima diffida affinché l’Azienda sanitaria unica regionale provveda alla verifica delle modalità esecutive come ordinato lo scorso giugno dal tribunale di Ancona. In quell’occasione, infatti, il tribunale aveva ordinato alla struttura sanitaria di accertare non solo le quattro condizioni cliniche di Mario ma anche “se le modalità, la metodica e il farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile”.
Su tale aspetto l’Azienda sanitaria non si era espressa né il Comitato etico, in sede di incarico all’Azienda, ha fatto menzione di tale fondamentale passaggio, non solo ordinato dal tribunale ma prescritto anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019 Il collegio legale, in sede di diffida, ha fornito anche il parere di un consulente di parte, il dottor Mario Riccio, medico di Piergiorgio Welby, con cui si indicano nel dettaglio le modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni.
Tale parere è stato prodotto al solo fine di facilitare le procedure, dal momento che la sentenza della Corte costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità previo il parere del comitato etico territorialmente competente. Il collegio legale di difesa di Mario ha denunciato lo stesso Comitato e l’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche per il reato di tortura, oltre che per il reato di omissione di atti di ufficio e tutti gli ulteriori reati collegati che potessero configurarsi, a causa dei continui ostruzionismi e omissioni che si manifestavano sotto forma di mancate verifiche sul farmaco e le relative modalità di somministrazione.
Il 9 febbraio 2022 “Mario” riceve la trasmissione via PEC della Relazione del gruppo tecnico multidisciplinare sulle modalità, metodica e farmaco prescelti.
La commissione, composta da due direttori di Unità operativa complessa (Anestesia-Rianimazione e Medicina legale), due direttori di Unità operative semplici dipartimentali (Cure palliative e Farmacia), un ordinario di Farmacologia e un dirigente Asur, dopo un’ampia discussione e all’unanimità ha risposto in maniera precisa e dettagliata. In merito a modalità, metodica e farmaco prescelto da Mario: “Il Tiopentone sodico appare idoneo a garantire una morte rapida (minuti) e indolore a un dosaggio non inferiore a 3-5 grammi per una persona adulta del peso di 70 kg, La modalità di somministrazione è quella dell’autosomministrazione mediante infusione endovenosa”.
La scelta del farmaco e delle modalità erano il tassello mancante rimasto in sospeso dopo il via libera del Comitato etico regionale.
La validazione del farmaco e delle modalità di autosomministrazione crea finalmente un precedente che consentirà a coloro che si trovano e si troveranno in situazioni simili a quella di Mario di ottenere, se lo chiedono, l’aiuto alla morte volontaria.
“Mario” dal 9 febbraio 2022 è libero di scegliere quando porre fine alla proprie sofferenza, in Italia, con accanto i suoi cari, senza che l’aiuto fornito configuri reato ai sensi dell’articolo 580 del codice penale per effetto della sentenza 242/19 della Corte costituzionale.
La burocrazia italiana è però nemica delle libertà costituzionali e Mario, in assenza di una legge che disciplini ruoli e responsabilità anche nell’esercizio di un diritto riconosciuto a livello costituzionale, deve personalmente occuparsi di reperire il farmaco letale, farselo prescrivere da un medico privato e procurarsi la strumentazione necessaria per l’autosomministrazione.
Oltre che ingenti costi – si pensi che una pompa a infusione necessaria per la somministrazione del farmaco costa intorno ai 5.000,00 euro – Mario deve “preoccuparsi” di una procedura medica complessa, dal momento che il compito del Servizio sanitario nazionale – ai sensi della sentenza della Corte costituzionale – finisce con la consegna delle relazioni mediche attestanti la sussistenza delle condizioni per accedere al suicidio assistito. Lo Stato, dunque, si limita ad autorizzare senza preoccuparsi di accompagnare il paziente al fine vita.
La Corte costituzionale, infatti, nonostante sia intervenuta delineando una procedura minima in sede di depenalizzazione del reato di aiuto al suicidio, non poteva introdurre una disciplina organica che coprisse ogni fase del percorso di fine vita. Questa è una responsabilità, anzi un dovere, del Parlamento che continua a ignorare il tema del fine vita a discapito della sofferenza delle persone.
Per aiutare Mario ad acquistare la pompa a infusione, il farmaco e la strumentazione necessaria per procedere con la morte assistita abbiamo lanciato una raccolta fondi su questa pagina. Nel giro di pochissime ore siamo riusciti a raggiungere la cifra necessaria per l’acquisto dei dispositivi medici grazie al supporto di centinaia di persone.
La morte
Alle 11:05 di giovedì 16 giugno 2022, Mario ci ha lasciati, facendo ricorso al suicidio assistito: è il primo caso nel nostro Paese. Secondo le sue volontà, è stata anche svelata la sua reale identità: si tratta di Federico Carboni, originario di Senigallia, in provincia di Ancona.
Federico ha voluto congedarsi dalla vita spiegando i motivi che lo hanno portato a scegliere di ricorrere al suicidio assistito in una lettera e in un video: “La vita è fantastica ma la sofferenza è troppa” ha chiosato.
↓ Il video messaggio di Federico Carboni ↓