Suicidio assistito, al via nelle Marche il primo processo italiano contro una ASL

Aborto farmacologico in regime ambulatoriale

Mercoledì 24 marzo prende il via il processo tra il 42enne marchigiano e la ASL che si è rifiutata di applicare la sentenza della Consulta sul suicidio assistito

La storia di Mario: “Io 42enne e tetraplegico chiedo di morire in Italia in piena legalità, ma l’azienda sanitaria me lo impedisce”.

La Segretario dell’Associazione Luca Coscioni commenta: “Mentre Paesi come la Spagna evolvono in tema di diritti civili, da noi persone in condizioni gravissime sono costrette persino al calvario dei tribunali”.

Si terrà domani, mercoledì 24 marzo, la prima udienza per l’esame del ricorso presentato da un malato, residente nelle Marche, che lo scorso ottobre, dopo aver fatto richiesta di dare seguito alla procedura di verifica delle condizioni che rendono il suicidio medicalmente assistito non punibile (da espletarsi in applicazione delle norme risultati dalla sentenza n. 242 del 2019), si è visto opporre, da parte della competente struttura del Servizio sanitario nazionale, un diniego. Un diniego che di fatto disconosce la portata della sentenza costituzionale e dei principi costituzionali in essa affermati.

La ASL in questione senza alcuna verifica delle condizioni del malato, ha infatti negato la possibilità di avviare l’iter necessario richiesto da Mario (nome di fantasia), 42enne intenzionato a porre fine alle proprie sofferenze: da dieci anni è costretto a letto, tetraplegico, in condizioni irreversibili a causa di un grave incidente stradale che ne ha provocato la frattura della colonna vertebrale, con la conseguente lesione del midollo spinale e altre gravi patologie. Mario ha provato tutto il possibile per recuperare parte della sua salute, ma nulla è servito e ora dipende totalmente da trattamenti di sostegno vitale, costretto a vivere una vita che non ritiene più dignitosa.

In seguito alla sua richiesta ha ricevuto, dopo oltre un mese, un diniego senza che neppure fossero state effettuate le verifiche sulle sue condizioni come previsto dalla Corte Costituzionale.

“Non ci sono parole adeguate nel commentare l’inerzia del legislatore che ha scelto di non avviare un dibattito sul tema per una legge, mentre persone nelle condizioni di Mario devono persino subire un ulteriore calvario giudiziario per vedere riconosciuti i propri diritti e porre fine a terribili sofferenze”, dichiara l’Avvocato Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatore di un pool di avvocati che lo assisterà nel percorso.

“La Spagna in pochi mesi ha avviato il dibattito e approvato la legge pochi giorni fa. È il quarto paese appartenente all’Unione Europea, mentre il Parlamento italiano resta sordo ai richiami dei giudici delle leggi. Quella ricevuta dall’Asl marchigiana è una risposta in netto contrasto con quanto stabilito dalla sentenza numero 242\2019 della Corte Costituzionale (cosiddetto Caso Cappato).

La Consulta nella sentenza espressa che è immediatamente applicativa dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, stabilisce dei passaggi specifici per tutti quei pazienti affetti da patologie irreversibili che, in determinate condizioni, possono far richiesta di porre fine alle proprie sofferenze, attraverso un iter tramite Servizio sanitario nazionale di verifica condizioni e protocollo da seguire previo parere del comitato etico. Mario ha presentato ricorso con l’obiettivo di vedere riconosciuto il diritto ad ottenere aiuto al suicidio senza che lo stesso costituisca reato ai sensi dell’articolo 580 del Codice penale. Saranno ancora una volta i tribunali a decidere, in attesa che il Parlamento si faccia vivo”.