Sul Fine vita occorre ancora fare tanta chiarezza

Ben ritrovati a tutti, 

è per me di grande importanza poter dibattere sulle questioni che mi stanno più a cuore con una platea di giuristi ed esperti di legge, lo considero un onore, proprio per la nostra battaglia per porre fine ad ogni tipo di clandestinità o violazione di legge per chi sceglie di disporre del proprio corpo fino alle estreme conseguenze.

La mia e la nostra battaglia è stata sempre diretta al riconoscimento di un diritto inalienabile, che venga garantito da un intervento legislativo, senza che rimanga solo una possibilità in seguito ad una sentenza di tribunale passata in giudicato. La legge deve stabilire il limite, superato il quale, diventi effettivo il potervi ricorrere, definendo quindi i requisiti necessari per porre fine ad una sofferenza ingestibile, senza che si debba far riferimento all’interpretazione della normativa; è necessaria innanzitutto chiarezza.

In un discorso più ampio dobbiamo fare in modo di realizzare quella libertà di poter disporre del proprio corpo, così come indicato dall’articolo 32 della Costituzione ed inoltre garantire il rispetto della dignità di ogni cittadino, rimuovendo gli ostacoli delle proprie condizioni sociali e personali, come recita l’articolo 3.

Si tratta di lottare per una libertà più ampia, anche se questa trova realizzazione pratica all’interno di condizioni più o meno stringenti. Conoscendo la storia dei diritti civili in Italia e testimoniando varie rilevazioni statistiche il modo di pensare di buona parte della popolazione, è ormai largamente accettato dalla pubblica opinione il poter scegliere il fine vita qualora il proprio stato di salute raggiunga un certo numero di compromissioni, che rendono impossibile continuare con la propria esistenza. Personalmente, spero che la battaglia sia diretta verso la massima chiarezza e la mia scelta non debba dipendere da qualche astrusa commissione etica, dal parere di qualche addetto alla verifica, ma che appunto sia ben definito il quando e il come accedere ad un percorso per porre fine ad insopportabile sofferenze.

Soprattutto spero che non si confondano il testamento biologico, già approvato e che va ulteriormente implementato, con l’eutanasia e con il suicidio assistito, che invece si verifica quando si fornisce assistenza a chi desidera porre fine alla propria vita, un atto compiuto autonomamente e volontariamente dal soggetto stesso. Bisogna sapere sempre a cosa facciamo riferimento, in particolare chiedo sia garantito il rispetto alla lettera di quanto stabilito nelle DAT e che soprattutto in Italia venga riconosciuto il diritto all’eutanasia, attiva e passiva, come libera scelta. Le sentenze degli ultimi anni hanno invece depenalizzato solo alcune fattispecie di eutanasia passiva.

Il suicidio assistito è un tema così eticamente divisivo, anche se previsto da altri ordinamenti in Europa, persino per minorenni come libera scelta qualora si verifichino determinate condizioni.  È forse un tema al di là della nostra portata e della comprensione da parte della pubblica opinione, credo manchi qualsiasi riferimento nell’ordinamento vigente, così come accaduto per le sentenze di Antoniani e Trentini. Mi preme ricordare, per rispetto e gratitudine verso Marco Cappato e gli altri compagni di lotta, che nei loro casi di questo si trattava, ma la conseguenza legale è stato aprire l’ordinamento Italiano al diritto all’eutanasia, con una specifica richiesta da parte della Corte Costituzionale al legislatore di dare una cornice legale a siffatto diritto.

Spero che il nostro dibattito dia la spinta alla parte più avveduta della classe politica, che si nasconde dietro al non decidere per non assumersi alcuna responsabilità di fronte a scelte divisive, ma la storia e la civiltà possono andare avanti solo se non si ha paura di scegliere, come quarant’anni orsono.