Covid-19: il valore della solidarietà internazionale

Bollettini giornalieri, numeri, storie di chi ce l’ha fatta e di chi ha perso la propria battaglia. Ospedali al collasso, borse che precipitano, rivolte nelle carceri, imprese in affanno. Militari nelle strade deserte, mascherine che tolgono il fiato, mettono paura e aumentano le distanze. No, non è un film di fantascienza: è l’Italia, oggi. Zona rossa. Marzo 2020. A quasi due mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza, con cui Governo e Protezione Civile hanno ricevuto poteri in bianco per la gestione della crisi. Il nostro Paese sta affrontando la sua più grande sfida dal secondo dopoguerra sotto tutti i punti di vista, contro un nemico ancora più subdolo e pericoloso.

L’idea che un virus sconosciuto, forse comparso per la prima volta in un mercato cinese, potesse arrivare in Europa, in Italia, e creare un’emergenza senza precedenti, pareva lontanissima e improbabile. Gli 8000 chilometri che ci separano da Wuhan sembravano una distanza di sicurezza sufficiente e hanno reso il passaggio alla realtà ancora più brutale. Una realtà in cui medici, infermieri, e tutti coloro che permettono ad un Paese fermo di andare avanti nonostante tutto, stanno combattendo in prima linea.Una realtà nella quale siamo coinvolti tutti, nessuno escluso.

Il ruolo della politica, soprattutto nei momenti di crisi, è centrale. Deve dimostrarsi ancora più responsabile verso i cittadini-elettori, rassicurarli, coinvolgerli, unirli, farli sentire parte di quella “res publica”, scelta non troppi anni fa, per scongiurare personalismi e tutelare la nostra democrazia.  

Tutti abbiamo una responsabilità in questo momento a cui non possiamo sottrarci e ognuno ha bisogno di sentirsi parte di un insieme compatto nella lotta a questo nemico invisibile. Ora anche gli altri Paesi, in Europa e nel mondo, si stanno rendendo conto della gravità della situazione e chi pensava di poter essere risparmiato è stato costretto a rivedere le sue posizioni.  Come in ogni tempo di guerra, però, è necessario modificare, e adattare, ogni chiave di lettura della collettività, dello stare insieme, così come delle politiche esclusive e di quelle comuni.

L’isolamento come arma per arrestare il contagio è un’esigenza di ognuno e di tutti, uno strumento individuale e, allo stesso tempo, collettivo, che potrà rappresentare la base di un nuovo inizio, solo se resteremo uniti.  Insieme, nel nome di una solidarietà d’emergenza. Oggi italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, noi tutti cittadini europei, siamo stati costretti a mettere in discussione il senso di “pace” e tranquillità, di cui eravamo abituati a godere da oltre settant’anni, grazie all’Unione europea e all’Alleanza Atlantica. Abbiamo sempre pensato di essere al sicuro, al riparo, anche dai conflitti in corso poco fuori i nostri confini. E invece, siamo sempre stati coinvolti, più o meno direttamente, dalle conseguenze di ciò che avveniva attorno a noi: basti pensare ai fenomeni migratori, causati dai conflitti, e all’invio di forze militari all’estero, per supportare il ripristino di un ordine politico e sociale in altri Paesi.

I fenomeni globali ci accomunano e dovrebbero farci sentire, tutti cittadini del mondo, più solidali l’uno con l’altro, consapevoli che per far fronte a sfide internazionali c’è bisogno  di scelte condivise. Pensiamo all’Europa. La crisi che stiamo vivendo ora a causa del coronavirus la mette davanti a un bivio: la fine di un’istituzione già ammalata, che sperimenterà come i partiti sovranisti possano prendere il sopravvento a causa dell’isolamento di ogni Stato lasciato a se stesso. Oppure una rinascita solidale, condivisa, che porterà a galla soluzioni di cambiamento necessarie già prima di questa guerra.

La solidarietà non è solo un obbligo morale, ma costituisce uno dei principi fondamentali nelle carte fondamentali e da essa derivano tutti i diritti ‘sociali’, come il diritto alla salute. La Costituzione afferma che la tutela della salute è un diritto fondamentale dell’individuo e un interesse della collettività ed è alla base del Sistema Sanitario Nazionale, che è forse la più importante concretizzazione del principio di solidarietà. E non bisogna andare molto lontano per ritrovare le fondamenta, non solo umane, ma anche giuridiche, del valore della solidarietà tra gli individui e tra i popoli.

Nella nostra Carta Costituzionale all’articolo 2, da un lato sono garantiti i diritti inviolabili dell’uomo e, dall’altro, si esige il rispetto dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Lo stesso principio di eguaglianza ‘sostanziale’, la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, per  consentire a tutti il pieno sviluppo della propria persona e l’accesso al lavoro, presuppone la solidarietà tra i cittadini. Anche a livello europeo, nei Trattati fondativi dell’Unione europea, il concetto di “solidarietà” tra individui e popoli trova spazio e applicazione: la solidarietà è uno dei “valori comuni agli Stati membri” su cui si fonda l’Unione, che deve promuoverlo tra gli Stati e nelle relazioni internazionali, tra i popoli (Preambolo del Trattato sull’Unione europea). Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ribadisce, inoltre, che uno degli obiettivi dell’Unione è proprio quello di promuovere la solidarietà tra gli Stati membri e accenna ad una una “clausola di solidarietà”, che impone a Unione e Stati di agire congiuntamente “in uno spirito di solidarietà”, qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall’uomo.

La stessa base normativa che in uno stato democratico legittima provvedimenti di restrizione delle libertà, come quelli che stiamo vivendo noi oggi, è rappresentata proprio dal valore della solidarietà ma deve in ogni caso riportarsi ad una gerarchia delle fonti. Tutti gli Stati membri, dunque, oggi più che mai, sono chiamati a declinare tali principi al loro interno, sapendo che non esiste un “un vaccino contro l’individualismo”, ma che questa prova a cui tutti siamo chiamati a contribuire è per il bene di tutti.  E come il virus che stiamo combattendo, non ha confini.