Un coming out psichedelico #ThankYouPlantMedicine

#ThankYouPlantMedicine

Nel cinquantesimo anniversario di Woodstock dell’anno scorso s’è fatto un gran parlare di psichedelici, addirittura di rinascimento psichedelico. Dappertutto però, nel paese del Rinascimento il movimento ancora stenta ad affermarsi. Un gruppo di attivisti olandesi ha lanciato la proposta ThankYouPlantMedicine per dedicare il 20 febbraio alla condivisione (coming out) delle esperienze terapeutiche con gli psichedelici per contrastare lo stigma che ancora colpisce quelle sostanze.

Per chiarirsi le idee, specie se si tratta di roba che magari le potenzia, altera o annienta, recuperiamo il significato originario della parola: sono psichedeliche quelle sostanze che “liberano il pensiero dalle sovrastrutture delle convenzioni sociali”. Il termine psichedelico non è ereditato direttamente, come invece molte parole del nostro vocabolario quotidiano, dagli antichi greci – che pure, in quanto a bibitoni allucinogeni, non si facevano mancare nulla – ma dall’inglese psychedelic. Si tratta di un neologismo che fonde anima, ψυχή e manifestare, δήλος

Le parole virgolettate poco sopra sono dello psichiatra inglese Humphry Osmond in una lettera spedita nel 1956 al suo connazionale Aldous Huxley, scrittore e filosofo, per indicare il cosiddetto “allargamento della coscienza” indotto da allucinogeni ed enteogeni, principalmente LSD.

L’assunzione di queste sostanze può potenziare la creatività e la consapevolezza di sé, ma può anche accompagnare esperienze terapeutiche di vario genere e per molte condizioni psico-fisiche. In entrambi i casi però la libertà di ingestione di prodotti della natura o della sintesi chimica si scontra con leggi o politiche molto restrittive se non addirittura pienamente proibizioniste portate avanti in maniera coordinata a livello planetario dagli anni Sessanta. Gli anni della Summer of Love.

Gli hippies degli anni Sessanta e Settanta, a volte chiamati figli dei fiori, erano un gruppo eclettico, c’era chi era apertamente contro il governo USA, chi era anti-capitalista, chi anti-comunista, tutti erano però contro la guerra del Vietnam. Alcuni erano interessati alla politica, altri erano più interessati all’arte (musica, pittura e poesia) o alle pratiche spirituali e meditative. Insomma c’era di tutto. 

Tra i gruppi che maggiormente son tornati a interessarsi di psichedelici oggi, e forse grazie ai quali si può iniziare a parlare di Rinascimento, ci sono decine di ricercatori e psicoterapeuti che lavorano su coscienza e conoscenza con pratiche scientifiche, spesso eterodosse, che mescolano chimica, saperi e tradizioni indigene millenarie, psicologia, etno-botanica, sciamanesimo fino alla parapsicologia. Insomma c’è di tutto. Di tutto ma all’insegna della libertà e dell’ascolto reciproco. 

Come tutti ricordiamo, specie quelli che non erano ancora nati ai tempi delle Summer of Love, Woodstock viene ricordata simbolicamente dai pezzi di apertura e di chiusura: “Freedom” di Richie Havens e l’inno USA distorto di Jimie Hendrix. La leggenda vuole che “Freedom” non fosse nella playlist del cantante e chitarrista folk-blues allora praticamente sconosciuto, anzi, pare addirittura che la canzone non esistesse proprio, ma che gli venne lì per lì quando iniziò a suonarla quel Ferragosto del 1969. Come in tutti i concerti che si rispettino il primo che suona non conta un piffero, serve a scaldare il pubblico e far arrivare i ritardatari. Siccome i big previsti non riuscivano a raggiungere il palco del festival per via di un ingorgo causato dalla fiumana di persone che, con ogni mezzo, cercava di raggiungere il pratone del concerto, Havens dovette intrattenere il pubblico per tre ore di fila. Dopo aver suonato tutto quel che conosceva, “Freedom” emerse da un vecchio spiritual ispirata, pare, dalla folla stessa. L’energia grezza di quella prima versione acustica di Freedom rimane negli annali della musica.

Da allora Woodstock, la sua musica, e l’uso diffusissimo di qualsiasi tipo di sostanze legali e non, son state collegate alla libertà. Una libertà che non causò vittime.

Dal 2011, grazie a un’idea dello psichiatra e psicoterapeuta Ben Sessa, si tiene la Breaking Convention, una Woodstock biennale delle terapie psichedeliche che assomiglia a un festival dalle mille sfaccettature che prevede simposi scientifici sulle più recenti e promettenti ricerche oltre che approfondimenti innovativi su scienze umane e sociali, diritto, politica, arte, storia e filosofia attorno agli psichedelici. Tra i sostenitori storici della Convention c’è Beckley Foundation e Maps (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), quest’ultima in fase tre di trial clinici per la cura di stress post-traumatico con psicoterapie aiutate dall’MDMA.

Sessa collabora anche con l’equipe di Robin Carhart-Harris e David Nutt che ad aprile scorso all’Imperial College di Londra ha lanciato il primo centro istituzionale al mondo per la ricerca sugli psichedelici, dopo aver portato avanti per anni studi ed esperimenti con LSD e psilocibine con problemi legali e di disponibilità di fondi.

Pur focalizzati sulle ricerche, gli organizzatori della Breaking Convention hanno sempre tenuto le porte aperte anche ad altri tipi di esperienze coinvolgendo persone che sperimentano su se stesse, ricercatori autodidatti, appassionati o esponenti di culture, colture e tradizioni indigene. Il festival londinese ha un corollario di eventi che, grazie agli psichedelici, suscitano e accompagnano viaggi mentali, innescano creatività, spiritualità e positività individuali e collettive.

Microdosing” e self-medication sono alcune delle parole chiave quando si parla di psichedelici, anche se il Dottor Nutt e i suoi collaboratori il 15 luglio 2019 hanno lamentato che “non esiste uno standard sulla quantità assunta né protocolli definiti”  per via delle scarse evidenze sull’impiego terapeutico di piccole dose di LSD, mescaline o psilocibine, però, piuttosto che archiviare certe pratiche come diletto amatoriale, aneddotico e osservazionale, i ricercatori hanno auspicato studi sistematici lanciando al contempo una ricerca di volontari per trial clinici sulla depressione.

Cerimonie, gong, visioni, piante, chimica, antropologia, etno-botanica, archeologia musica e attivismi costruiscono la multidisciplinarietà degli psichedelici nel perseguimento di quell’Unità (Onennes) psico-culturale e sempre più politica che si interroga sulle possibilità di una lotta trans-nazionale antiproibizionista.

La lotta contro la perdita di autodeterminazione – a livello individuale e dei popoli indigeni – la penalizzazione di scelte culturali e di opzioni “terapeutiche”, oltre l’attacco alla natura e alla biodiversità, sono i temi chiave di questo movimento che propone un “rinascimento psichedelico” pro-attivo.

Fare coming out sugli psichedelici concorre a rafforzare un movimento che, sebbene non (ancora) organizzato si sta coordinando sempre più.

E a casa nostra?

In Italia, l’unica conferenza interamente dedicata a queste “terapie stupefacenti” l’ha organizzata nel 2017 l’Associazione Luca Coscioni all’Università di Torino dove dal 1990 è attiva la Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza e dove a Novembre 2019 si son tenuti gli Stati generali della psichedelia in Italia. Sempre dal 2019 è in via di strutturazione una Società Psichedelica Italiana

Siamo ancora lontani dalla popolarità di cui gli psichedelici godevano negli anni ‘50 e ‘60 – quando se ne discuteva apertamente, con tanto di esperimenti, nel gotha accademico statunitense, e, anche a livello politico, in pochi notano che la Convenzione Onu del 1961 sulla carta dovrebbe favorire l’accesso per fini medico-scientifici alle piante mediche, psichedelici compresi, elencate nelle tabelle delle sostanze sotto controllo internazionale. 

Ancora meno, ma solo per la novità delle questioni affrontate, son quelli che affrontano la ricerca sugli psichedelici inquadrandola nel diritto alla scienza per come previsto dal Commento Generale sulla Scienza adottato all’inizio del 2020 dal Comitato ONU sui diritti economici, sociali e culturali che al tema dedica un intero paragrafo eccolo:

Sostanze controllate e scienza

La ricerca scientifica è impedita per alcune sostanze poiché queste rientrano nelle convenzioni internazionali sul controllo delle droghe e sono classificate come dannose per la salute e senza valore scientifico o medico. Tuttavia, vi sono prove che sostengono che ci sono usi medici per molte di queste sostanze o che queste non siano poi così dannose come si pensava quando furono sottoposte a questo regime. Questo è il caso dei derivati da oppio (per la cura del dolore e i programmi di mantenimento nella dipendenza da oppioidi), della cannabis (per l’epilessia resistente ad altre terapie) e MDMA (usata in psicoterapia per il disturbo post-traumatico da stress) nella misura in cui esistono evidenze scientifiche disponibili. 

Questo non è un “coming out” psichedelico, ma una condivisione di azioni necessarie, in parte in corso, perché in effetti un Rinascimento psichedelico inizi a esser possibile anche in Italia. Occorre rafforzare tutte le attività politiche necessarie per un salto di qualità e il 2020 potrebbe esser l’anno cruciale anche in questo campo.