Il 23 ottobre 2018 la Corte Costituzionale ha aperto un capitolo di dialogo con il legislatore. Lo ha fatto in tema di agevolazione al suicidio attraverso una tecnica nuova, un’ordinanza che lo stesso Giorgio Lattanzi, presidente della Corte, ha definito “di incostituzionalità prospettata”.
Di cosa stiamo parlando? In seguito al rinvio avvenuto nell’ambito del processo a Marco Cappato da parte della Corte D’Assise di Milano, la Corte Costituzionale è stata interrogata sulla attuale compatibilità tra il divieto di istigazione o aiuto al suicidio previsto dall’articolo 580 del codice penale e i principi della carta costituzionale, anche alla luce delle innovazioni introdotte in campo medico dal progresso scientifico.
Con l’ordinanza n. 207 del 2018, la Corte ha individuato un vulnus costituzionale prodotto dall’art. 580 c.p., nella parte in cui incrimina chi agevola il suicidio del malato irreversibile e sofferente che, liberamente e consapevolmente, rifiuta cure mediche, necessarie alla sopravvivenza, contrarie al suo senso di dignità. Al contempo, però, ha considerato che la regolamentazione delle condizioni e dei modi di esercizio del diritto a sottrarsi in modo definitivo alla terapia con l’aiuto materiale di terze persone, volto ad evitare soluzioni “fai da te” problematiche su un piano costituzionale, fuoriesce dal campo decisorio della Corte perché di pertinenza del legislatore.
La Corte ha quindi rinviato di undici mesi la trattazione della questione e ha optato per un’ordinanza che, da un lato, preserva la discrezionalità legislativa su una materia che richiede una regolamentazione e, dall’altro, offre ampia motivazione sulle ragioni per le quali i giudici hanno prospettato l’incostituzionalità della norma impugnata. Attraverso la nuova tecnica processuale, i giudici hanno evitato il rischio di compressione delle garanzie costituzionali che si sarebbe potuto verificare in caso di pronuncia di inammissibilità della questione seguita da inerzia del legislatore.
Insieme a Irene Pellizzone, associato di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano “La Statale”, abbiamo ragionato sul contenuto dell’ordinanza, sulle ragioni del riconoscimento da parte della Corte del primato delle camere nel definire la regolamentazione della fattispecie in questione e nei possibili esiti di questa nuova forma di collaborazione, anche in assenza di un intervento legislativo, rimasto sinora ad uno stadio molto arretrato.
A tal fine, è stato prezioso l’intervento dei professori: Francesca Biondi, ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano “La Statale”; Paolo Carnevale, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Roma Tre; Marcello Cecchetti, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Sassari; Omar Chessa, ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Sassari; Barbara Pezzini, ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Bergamo.
Il dibattito si è svolto nel contesto del seminario giuridico “Libertà fondamentali alla fine della vita. Riflessioni a margine dell’ordinanza 207 del 2018 della Corte Costituzionale”, mercoledì 17 luglio 2019 presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati. Gli interventi emersi hanno affrontato la questione nei suoi profili di diritto costituzionale e sono stati fonte di ragionamento sui possibili scenari che potranno delinearsi in seguito all’udienza in Corte Costituzionale prevista per il giorno 24 settembre 2019.
L’evento è stato interamente registrato da Radio Radicale, che ringraziamo, ed è disponibile qui in versione integrale.
Filomena Gallo è Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. Avvocata cassazionista è esperta in diritto di famiglia, diritto internazionale e in problematiche legislative nelle biotecnologie in campo umano. Docente a contratto presso l’Università di Teramo, ha seguito la maggior parte dei procedimenti legali che hanno portato agli interventi della Corte Costituzionale con dichiarazione di incostituzionalità della legge 40/04.