La democrazia rappresentativa e quella diretta

La nostra Costituzione disegna la democrazia rappresentativa. In essa un certo numero di cittadini (collegio elettorale) elegge un proprio rappresentante istituzionale, per esempio un deputato. Questi ha (o dovrebbe avere) una preparazione politica, studiare gli argomenti e i provvedimenti, discuterli in Commissione parlamentare, discuterli in Aula e alla fine votarli senza vincolo di mandato, cioè come direbbe un buon medico, in Scienza e Coscienza, senza necessariamente fare il soldatino del segretario di partito di turno.

Per molte storture che si sono accumulate in questo sistema dopo la promulgazione della Costituzione, esso viene ora posto in discussione e gradualmente sostituito dalla democrazia diretta: in quest’ultima, grazie alle nuove tecnologie digitali, sono i cittadini che votano direttamente e deliberano. Ma con quale informazione e, soprattutto, preparazione? Per prendere solo l’ultimo esempio, l’80 % degli iscritti alla piattaforma Rousseau del Movimento 5 Stelle hanno votato a favore della prosecuzione del mandato di capo politico a Luigi Di Maio. Ma quanto erano a conoscenza delle possibili difficoltà che Di Maio ha incontrato in quest’ultimo anno nel cumulare le cariche oltre che di capo politico del partito di maggioranza relativa, anche di ministro del Lavoro, di ministro dello Sviluppo Economico e di vicepresidente del Consiglio? Non sarebbe stato più opportuno che i deputati o comunque chi lavora tutto il giorno e tutti i giorni alla politica del Movimento 5 Stelle decidesse? Oppure, quanti dei (ben pochi) votanti online che hanno respinto l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini avevano studiato la questione? Per non parlare di argomenti ancora più tecnici come eventualmente decidere se proseguire i lavori della TAV Torino-Lione oppure no.

Altra cosa sono i referendum abrogativi (NON propositivi) che quei pignoli dei costituenti avevano previsto: lì la decisione politica (legge) è già stata elaborata, discussa e promulgata dai politici di professione. Se di particolare valenza pubblica ed impatto sociale (quindi in pochi selezionati casi, non di routine) può aprirsi un dibattito pubblico affinché tutti i cittadini possano esprimersi se mantenere in vigore quella legge oppure no. Ma è l’eccezione come è giusto che sia, non la regola. La democrazia rappresentativa ha mostrato negli ultimi anni molti limiti ma di carattere etico, non strutturale e necessita di ritorno allo spirito costituente. Non di essere sostituita dalla democrazia diretta.