Possibile che l’Associazione Luca Coscioni s’interessi di agricoltura?

Negli ultimi anni l’Associazione Luca Coscioni, grazie alle sollecitazioni di suoi iscritti e simpatizzanti vecchi e nuovi, ha ampliato il proprio raggio di azione a tematiche che non facevano parte della “missione” fondativa. Questo allargamento di orizzonti resta però in linea con quanto, fin dalla sua fondazione, l’Associazione persegue: la protezione e la promozione della ricerca scientifica. Se 15 anni fa l’ambito per eccellenza delle attività anti-proibizioniste è stato quello relativo alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, con il passare del tempo è stata dedicata un’attenzione crescente a questioni non sempre note al grande pubblico – o strettamente legate ai diritti umani – ma non per questo meno importanti per la società.

Il presente dell’umanità è sempre più caratterizzato dall’incrocio tra le tecnologie dell’informazione, dal digitale ai dati, con il progresso tecno-scientifico in campo biologico. Le nuove biotecnologie verdi stanno quindi divenendo sempre più centrali per il nostro futuro ponendo problemi che interessano leggi e politiche nazionali, direttive europee fino ad arrivare agli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica degli strumenti in materia di dritti umani.

In Italia più che altrove rappresentano un tipico esempio di violazione del diritto DELLA scienza, perché proprio come sugli sugli OGM – di cui oggi non si parla quasi più – anche sulle piante geneticamente editate non è possibile far ricerca in campo aperto. Allo stesso tempo sono anche un esempio di violazione del diritto ALLA scienza perché, mancando la sperimentazione, non è possibile immettere sul mercato prodotti sicuri facendo godere alle persone il diritto a poter beneficiare delle più recenti ricerche relativamente a prodotti tipici italiani come riso, pomodori, susine e uva.

In Europa queste nuove tecnologie (CRISPR è stato definito nel 2012) sono soggette a normative adottate all’inizio del Terzo Millennio raramente state aggiornante, specie nell’Europa continentale, contravvenendo alla necessità di bilanciare il “principio di precauzione” con il cosiddetto “principio di innovazione” – una novità che finalmente troviamo menzionato anche nel Nono Programma Quadro dell’Unione europea noto anche come “Horizon Europe”.

Pure avendo spesso affrontato il “diavolo” OGM da molti anni durante i congressi – grazie in particolare a Roberto Defez e Eddo Ruggini – l’Associazione prima, e Science for Democracy poi, hanno iniziato ad affrontare in maniera strutturale questi problemi dal gennaio del 2017 con un primo incontro alla Camera dei Deputati che si è concluso con il lancio della Carta di gennaio condivisa successivamente coi ministri dell’ambiente, salute, ricerca e agricoltura del governo Renzi. Abbiamo poi continuato ad affrontare tutti gli aspetti collegati all’editing del genoma vegetale dedicando due sessioni tematiche dei nostri congressi nel 2017 2018 coinvolgendo giuristi e altri portatori di interessi nel tentativo di strutturare una serie di proposte di riforma nazionali e internazionali.

Alla quinta riunione del Congresso Mondiale per la Libertà di Ricerca Scientifica organizzata al Parlamento europeo ad aprile 2018 (con il sostegno non condizionato di EuropaBio) grazie alla presenza di esperti, ricercatori, agricoltori è stato abbiamo avuto un ampio dibattito alla presenza del Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Andriukaitis che ci aveva lasciato sperare in posizioni non ideologiche sul tema. Purtroppo, a luglio dell’anno scorso, la Corte europea di giustizia ha adottato una decisione che non ha tenuto di conto di quanto elaborato dalla comunità scientifica a proposito di alcune tecniche di mutagenesi come CRISPR.

A seguito della decisione della Corte del Lussemburgo abbiamo organizzato due merende con riso CRISPR, una davanti a Montecitorio e una davanti all’Università statale di Milano alla vigilia del nostro congresso, dove – assieme al presidente della Federazione Italiana Scienza della Vita Gennaro Ciliberto e al presidente della Società Italiana di Genetica Agraria, Mario Pezzotti e altri ricercatori – abbiamo mangiato pubblicamente il frutto di ricerche di laboratorio senza che le forze dell’ordine che avevamo pre-allertato facessero nulla. E’ andata in modo diverso il 5 marzo scorso  quando con Marco Cappato abbiamo ripetuto la merenda davanti al Parlamento europeo dove si erano dati appuntamento un centinaio di giovani biotecnologi da mezza europa per una manifestazione. Il 2 aprile prossimo siamo stati convocati dalle autorità belghe per un interrogatorio a Bruxelles.

Negli ultimi anni non è emerso un solo studio che abbia dimostrato la pericolosità per la salute umana o animale o abbia dettagliato quale potessero essere i rischi per l’ambiente dall’uso dei cosiddetti OGM. Eppure, nella stragrande maggioranza degli stati membri dell’Unione europea, si fa ricerca ma non si coltivano. Ancora l’anno scorso, proprio di questi tempi, una meta-analisi prodotta dalle università di Pisa concludeva che non esistevano evidenze delle paventate pericolosità per la salute o l’ambiente e che quindi poteva esser ragionevole ipotizzare una modifica delle leggi italiane. Quella ricerca è caduta nel silenzio.

Da decine di paesi iniziano ad arrivare studi studi che confermano non solo la non pericolosità di queste nuove bio-tecnologie verdi, come CRISPR, ma che le piante così prodotte sarebbero portatrici di straordinarie potenzialità per un’agricoltura sempre più eco-sostenibile tanto nei nostri paesi ricchi quanto in quelli in via di sviluppo. Una sostenibilità che unirebbe il rispetto dei diritti umani – il diritto alla scienza di cui parlava prima Filomena – col progresso tecno-scientifico. Una sostenibilità che andrebbe anche incontro alla biodiversità che l’ONU ci dice esser sotto un grave attacco in tutto il mondo e che consentirebbe un progresso che si potrebbe definire “democratico” perché perseguibile con minori costi rispetto a tecniche e prodotti che si conoscevano solo fino a pochi anni fa.

Se la politica però non reagisce, finalmente la scienza inizia a farsi sentire.

Il fatto che la comunità scientifica europea si sia mobilitata durante l’estate scorsa in reazione alla sentenza della Corte di Giustizia europea è uno sviluppo molto significativo e rilevante dal punto di vista scientifico. Si tratta di uno scenario che come Associazione auspichiamo – e promuoviamo – con un’unione laica tra il conoscere scientifico e la ‘disobbedienza civile’. Per consolidare questa alleanza abbiamo voluto aggiungere le merende ai convegni in Parlamento, le nostre riunioni o agli incontri che pure abbiamo avuto coi Commissari europei per la ricerca e la salute e i Ministri dell’ambiente, della salute, della ricerca e dell’agricoltura.

Dall’autunno scorso oltre 100, fra enti e istituti di ricerca europei, hanno sottoscritto un documento, un position paper, in cui si critica duramente la decisione dei giudici europei del 25 luglio 2018 di equiparare agli OGM i prodotti vegetali modificati con le nuove tecniche di ingegneria genetica.

Il documento, che l’Associazione Luca Coscioni ha sottoscritto ad agosto scorso assieme a Science for Democracy afferma chiaramente che “Da un punto di vista scientifico si tratta di una decisione che non ha senso” e che
“la sentenza avrà conseguenze negative e di vasta portata per l’agricoltura, la società e l’economia” e non solo in Europa. Tra l’altro, poco dopo la pubblicazione di quel position paper anche il gruppo di scienziati consulenti della Commissione europea – lo Scientific Advisory Mechanisms – ha ritenuto immotivata dal punto di vista scientifico la decisione della Corte del Lussemburgo auspicando una revisione della normativa europea sugli organismi geneticamente modificati adottata nel 2001.

Se per migliaia di scienziati le disposizioni dei giudici della Corte di Giustizia europea “riflettono correttamente lo stato attuale delle conoscenze scientifiche” occorre che le conoscenze vengano condivise ma che, una volta note, queste vengano tenute in considerazione dalla politica. Il motivo per cui in questi anni l’Associazione Luca Coscioni dedica tempo e risorse al consolidamento delle implicazioni del “diritto umano alla scienza” è proprio questo: le decisioni legislative non possono non tener di conto dei benefici che derivano dal progresso scientifico e, se non lo fanno, siamo di fronte a violazioni di un diritto umano che, come tale, devono poter trovare un momento giurisdizionale per esser affrontate e risolte nel rispetto dello Stato di Diritto internazionale.

Il posizione paper dell’anno scorso è indirizzato alle autorità europee e, da dopo l’audizione che con Marco Cappato avremo a Bruxelles il 2 aprile prossimo a seguito della merenda CRISPR, occorrerà tornare a lavorare sulla dimensione continentale del problema; al Governo italiano va chiesto come intenda recepire la sentenza della Corte europea di giustizia del luglio scorso offrendogli elementi scientifici ed economici e se intenda concedere dei terreni affinché si possano trasferire in campo aperto le ricerche di molti laboratori italiani.