Processo DJ Fabo: un anno fa il Fine Vita passava alla Consulta

Processo a Marco Cappato alla Consulta processo DJ Fabo

Fabiano Antoniani è morto il 27 febbraio 2017 in una clinica svizzera: ha scelto il suicidio assistito per porre fine alle sue sofferenze. Con lui oltre agli affetti più cari, c’era Marco Cappato che rientrato a Milano ha deciso di autodenunciarsi ai carabinieri. Secondo la legislazione italiana, infatti, chi aiuta una persona a suicidarsi è punito con la reclusione da 5 a 12 anni.

Marco Cappato, mesi prima, aveva annunciato che avrebbe aiutato chi, nelle condizioni di Fabiano, avesse scelto di porre fine alle proprie sofferenze legalmente (per un altro Paese, s’intende): un atto di disobbedienza civile. Atto che per Cappato, insieme a Mina Welby e Gustavo Fraticelli, non resta e non restarà isolato fino a quando, anche in Italia, non ci sarà una legiferazione chiara in merito all’eutanasia.

Poi, è iniziato il processo che ha visto Cappato imputato per aver rafforzato il proposito suicidiario di Fabiano e per averlo aiutato ai sensi dell’art. 580 del codice penale.

Dodici mesi fa eravamo di fronte alla Corte d’Assise del Tribunale di Milano che si pronunciava sul “caso Dj Fabo”, così è stato ribattezzato dai media.

Per la quinta volta, nel giro di pochi mesi, sedevamo nei banchi di un aula del Palazzone bianco famoso dall’epoca di Mani Pulite. Di fronte a noi la scritta “La legge è uguale per tutti”.

Con tutto il collegio legale di difesa e studio – composto oltre che da me, da Massimo Rossi, Franco Di Paola, Irene Pellizzone, Stefano Bissaro e Rocco Berardo  – avevamo chiesto la completa assoluzione di Cappato sulla parte del rafforzamento della volontà di suicidio di Fabiano – che non c’era stata assolutamente – e avevamo prospettato la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 580 del codice penale (che punisce chi aiuta un malato che decide di porre fine alla proprie sofferenze al pari di chi invece istiga una persona al suicidio e la aiuta).

Il 14 febbraio 2018 il processo si è parzialmente concluso con l’assoluzione per la parte che vedeva Cappato imputato di istigazione al suicidio. Per quanto riguarda l’aiuto al suicidio, invece, la Corte di Assise di Milano ha emesso un’ordinanza di remissione alla Consulta per il giudizio di costituzionalità dell’art. 580 del codice penale.  Alla Corte Costituzionale la decisione alla luce delle tutele costituzionali in vigore dal 1948. Quel mercoledì ha segnato un passo avanti importante lungo una strada che stiamo ancora percorrendo.

Successivamente, con una ordinanza storica – a seguito di un’udienza pubblica del 23 ottobre – la Consulta ha evidenziato un vuoto di tutela in materia di scelte, diritti che risultano compressi da un divieto del codice Rocco e si è pronunciata, il giorno seguente, sospendendo la decisione e riconvocandosi a settembre 2019, con un’ordinanza di incostituzionalità annunciata e non dichiarata. Ha dato tempo al Parlamento per legiferare, offrendo adeguate tutele legislative corrispondenti al dettato costituzionale.

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