Sea Watch 3, “Fateli scendere” è un grido di umanità e legalità

C’è una nave bloccata in acque territoriali italiane, a pochi metri dalla costa, da troppo tempo. A bordo ci sono uomini, donne e bambini che vengono da molto lontano. La nave è la Sea Watch.

Oggi il Garante per l’infanzia, Filomena Albano, ha deciso di intervenire. Ha chiesto, infatti, una informativa sui minori a bordo. Il Garante segnala la condizione di vulnerabilità di questi soggetti: lasciati in mare, sono privati di quei diritti basilari previsti dalla Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Parliamo del diritto all’uguaglianza, alla vita, alla sopravvivenza, allo sviluppo, alla famiglia, alla salute e all’educazione. Diritti che anche la nostra Costituzione riconosce agli articoli 2 e 31. La storia della Sea Watch 3 non è, però, solo la storia di una umanità negata.

È anche quella di una legalità non riconosciuta. Che parte dalla violazione dei diritti fondamentali della persona e finisce per calpestare, in alcuni casi, anche le leggi dello Stato. Come ricorda giustamente la Garante, c’è anche il caso dei minori non accompagnati che ricadono nella giurisdizione italiana. Per loro c’è una norma – la legge 47 del 2017 – che viene disattesa.

L’articolo 3, infatti, sottolinea che la legge italiana stabilisce il divieto di respingimento in nessun caso dei minori non accompagnati. All’articolo 5 sono illustrate le specifiche procedure di sbarco ed accoglienza da seguire: l’identificazione, l’ascolto, la nomina di un tutore, il ricongiungimento, l’affidamento familiare e l’inclusione.

“Fateli scendere” non è, quindi, solo un grido di chi chiede più umanità. Ma anche quello di chi chiede che alla sfida di un fenomeno così complesso come l’immigrazione si risponda sempre con la legalità.