Una legge per DJ Fabo

Fabiano Antoniani, conosciuto come "dj Fabo", con la fidanzata Valentina

La Corte costituzionale ha sospeso il giudizio sul radicale Marco Cappato, che aveva accompagnato Fabiano Antoniani in una clinica svizzera per il suicidio assistito. Qui, Filomena Gallo, attivista e avvocato, che ha seguito il caso, spiega perché una nuova norma, ora auspicata dai giudici, eviterebbe altro dolore.

Non è né colpevole né innocente. La Corte costituzionale ha deciso di sospendere il giudizio su Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che il 27 febbraio 2017 portò a morire in Svizzera DJ Fabo, alias Fabiano Antoniani, 40 anni tetraplegico e cieco dopo un incidente. Per l’articolo 580 del Codice Penale si tratta di reato di aiuto al suicidio e Cappato rischiava fino a 12 anni di carcere per un gesto che lui ha sempre difeso come un’azione di “disobbedienza civile”.

“I giudici hanno rilevato che l’articolo 580 lascia vuoti di tutela costituzionale, cioè non rispetta la libertà di chi, capace d’intendere e volere, affetto da malattia irreversibile, con gravi sofferenze, ha deciso di non morire per non prolungare un dolore senza fine” spiega a Grazia l’avvocato Filomena Gallo, che dell’Associazione Luca Coscioni è segretaria politica e coordina la difesa legale degli “istigatori al suicidio” via via incriminati e che ha discusso in Corte Costituzionale il Caso Cappato.

“Per colmare questi vuoti il Parlamento ha tempo fino al 24 settembre 2019”.

Il fatto che il giudizio sia stato sospeso significa che l’eutanasia sarà legale? In Italia che cosa è lecito fare e che cosa no se ci si trova malati, in situazioni di “non ritorno”? Il dibattito tra distinzioni, sfumature, complicazioni dell’intricato mondo della legislazione sul fine-vita si è riaperto. Un passo avanti nel cammino dell’autodeterminazione è stato fatto con la Legge 219 del 2017, entrata in vigore il 31 gennaio 2018, con cui il Parlamento ha approvato le “Dat”, le “Disposizioni anticipate di trattamento”, comunemente definite “testamento biologico” o “biotestamento”, permettendo alle persone di scrivere, quando ancora sono capaci di intendere e di volere, e di depositare negli uffici comunali le proprie volontà sulle terapie che si vorranno, in futuro, rifiutare o accettare. Ma la battaglia di malati, parenti, amici, iscritti all’Associazione Luca Coscioni oggi continua.

Con le Dat, senza il consenso del malato il medico deve osservare il divieto di ostinazione irragionevole nelle cure. Non si possono mettere in atto strategie di accanimento terapeutico, come l’alimentazione artificiale ad oltranza” spiega l’avvocato Gallo.

“Già DJ Fabo avrebbe potuto chiedere di interrompere le cure e avere una sedazione profonda, ma sarebbe morto poco a poco, impiegandoci giorni, mettendo a dura prova mamma, fidanzata amici. Lui ha invece scelto di morire in pochi minuti, cosciente, salutando tutti, decidendo fino alla fine il momento in cui assumere il farmaco letale”.

“Ma lo ha potuto fare perché Cappato lo ha trasportato in Svizzera, dove si può avere un farmaco mortale. Un altro italiano in quelle condizioni, ma senza contatti con Cappato, non avrebbe avuto una morte altrettanto dignitosa nel suo Paese. Ma non è giusto”.

Camera e Senato dovranno rimediare a questa ingiustizia: la proposta di legge d’iniziativa popolare che depenalizza il suicidio assistito c’è già, depositata in Parlamento da cinque anni, sostenuta da 130 mila firme di cittadini. Va solo discussa.

Lo scopo è superare l’odierno riferimento legale sull’eutanasia. “C’è una parte dell’articolo 580 che è sacrosanta: quella che tutela i soggetti deboli dagli abusi. E proprio focalizzandosi su ciò protestano i politici di area cattolica, ma non solo loro”, dice Gallo. “Sostengono che, se passasse una nuova legge, i deboli, condannati da malattie irreversibili, sarebbero mandati al macello. Non hanno capito che non si obbliga nessuno: chi vorrà potrà chiedere di morire, chi preferirà vivere, nonostante tutto, avrà garanzia di farlo. E lavoriamo affinché vi sia assistenza sanitaria e nessuna situazione di abbandono. Così deve essere in un Paese democratico: si ampliano le libertà dei singoli, senza che altri ne abbiano svantaggi”.