Certe volte ci si chiede perché, a fronte di pubblicazioni scientifiche apparentemente promettenti e che trovano grande risalto sui mezzi di comunicazione, nuove terapie efficaci divengano disponibili per i pazienti con esasperante lentezza. Per esempio, nel campo dei tumori cerebrali di alto grado (III e IV) l’ultimo avanzamento terapeutico significativo data a più di dieci anni orsono (chemioterapico temozolomide descritto da Roger Stupp e collaboratori nel 2005).
In conseguenza, se si ha la sfortuna di essere colpiti da uno di questi tumori, si è ancora oggi pressoché certi di morirne. Ci sono varie ragioni per questa lentezza della Ricerca neuro-oncologica: i tumori cerebrali, pur essendo una catastrofe per il paziente da tutti i punti di vista (fisico, relazionale, economico) colpiscono fortunatamente poche persone (circa un decimo di quelli colpiti dai tumori del colon-retto o della mammella) e quindi la platea dei potenziali “clienti” non è di grande interesse per l’industria del farmaco.
Ma vi è un’altra ragione che riguarda direttamente il metodo di Ricerca utilizzato a livello preclinico (quello in cui nuove terapie vengono studiate preliminarmente su animali da laboratorio): molti lavori scientifici di questo tipo descrivono gli effetti della nuova cura su un solo modello sperimentale (p.es un singolo tumore prelevato da un paziente e fatto crescere nell’animale).
Inutile dire che in genere si tratta di quel modello sperimentale ove il farmaco funziona meglio e consente di pubblicare i dati più rapidamente e su riviste di maggior pregio. Altri tumori ove il farmaco funziona peggio o per nulla non vengono descritti e talvolta nemmeno citati.
Questo modo di fare Ricerca viene spesso indicato dagli autori dello studio come produzione di una “Prova di Principio” (Proof of Principle): si suggerisce cioè che il farmaco possa funzionare per quella malattia anche se i dati sono stati ottenuti su un solo modello tumorale o, al massimo su più modelli simili tra loro. I destinatari finali di quella nuova terapia però, cioè i pazienti, avranno tumori diversi e perché si possa sperare che una terapia sia veramente efficace in termini generali (sulla popolazione dei malati, non sui singoli) è necessario che la sua efficacia sia testata su molteplici modelli sperimentali, non su uno solo.
Un recente interessante commento di Munafò e Davey Smith (Nature, 553, 399, 2018) ben descrive questo concetto: per avere Scienza robusta, bisogna che le conclusioni dello studio siano confermate su più modelli sperimentali e supportate da più linee di evidenza convergenti. Una “Prova di Principio” vale per quello che vale (cioè poco) e bisognerebbe che i comitati editoriali delle riviste scientifiche dessero bassa priorità a questo tipo di studi, anche se formalmente ben progettati ed eseguiti.
Ammesso (e purtroppo non sempre concesso) che questi studi di principio siano riproducibili da parte di altri, continuerebbe a mancare loro un ingrediente importante, spesso essenziale: la estensibilità delle conclusioni. Un gigante della Scienza recentemente scomparso, il genetista di popolazioni Luigi Luca Cavalli Sforza è stato un maestro nell’utilizzo di diverse linee di evidenza in Ricerca Scientifica: egli ha disegnato l’albero evolutivo e descritto le migrazioni della specie umana (che ci sono sempre state da quando Homo Sapiens è comparso sulla Terra) utilizzando dati di genetica, paleontologia, tassonomia, archeologia, antropologia culturale, etnografia, demografia e linguistica. Assai discutibilmente, lo sviluppo di questo straordinario metodo multimetodologico e disciplinare non ha meritato il riconoscimento del premio Nobel.
Guido Frosina si è laureato in Scienze Biologiche presso l’Università e la Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1981. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Genetica presso l’Università di Ferrara nel 1987. Ha svolto ricerche in campo oncologico presso l’Institut Gustave Roussy – France, l’Imperial Cancer Research Fund – UK e dal 1987 è Dirigente Sanitario presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova. Si occupa attualmente di radioterapia dei tumori cerebrali e di qualità ed integrità della Ricerca.