Negare la Scienza va contro la libertà

ricerca scientifica

Negare la Scienza va contro la libertà (e anche contro la democrazia e l’economia)

In Italia, in agricoltura ha vinto una ideologia anti-progresso che sacralizza ciò che è tradizionale e naturale, demonizzando Ogm e biotecnologie. Il principio di precauzione deve difenderci dalle storture del mercato, ma senza bloccare il principio di innovazione, mettendo in ginocchio la ricerca scientifica.

L’Italia è leader in Europa contro il progresso in agricoltura (sì, avete letto bene: contro il progresso!) e, insieme ad altri, ha appena ottenuto un “successo” che rischia di condannare a morte ricerca e agricoltura nostrane. Il 25 luglio scorso, infatti, la Corte di giustizia europea ha adottato una decisione che estende agli organismi ottenuti mediante le più recenti biotecnologie come Crispr (una correzione del genoma) l’applicazione della direttiva europea 2001/18 sugli Ogm che autorizza gli Stati a proibire quei prodotti.

La decisione risponde a un ricorso di associazioni francesi guidate da José Bosé, oggi eurodeputato, che si erano costituite contro l’uso di sementi ottenute da mutagenesi sito-specifica, una precisa tecnologia di ultima generazione. Questi prodotti saranno quindi sottoposti alle stesse regole dei vecchi Ogm e saranno vietati in buona parte d’Europa.

Le richieste degli scienziati sono rimaste inascoltate. Non è la prima volta che i giudici prendono decisioni che hanno conseguenze pesanti sul progresso scientifico.

Molto spesso le decisioni restrittive di Parlamenti, Governi e tribunali che vengono applicate per regolamentare un evento nuovo sono assunte sulla base del cosiddetto “principio di precauzione”. Ma, se è saggio controllare l’impatto di un fenomeno nuovo sulla salute e sull’ambiente, passato un congruo lasso di tempo e in assenza di effetti negativi, va considerato un altrettanto importante “principio di innovazione”.

La scienza è ormai in grado di modificare il genoma vegetale, ottenendo prodotti più sani e più ecologici, ad esempio rendendoli più resistenti ai parassiti (e dunque riducendo il ricorso ad antiparassitari chimici) oppure meno bisognosi di acqua o altre risorse naturali. In un mondo sovrappopolato, dove la biodiversità si riduce e il riscaldamento globale inaridisce la terra, il progresso tecnologico deve essere utilizzato nel migliore dei modi. I governi italiani degli ultimi 20 anni hanno invece scelto la strategia opposta d’intesa con Coldiretti: mettere al bando gli Ogm, ridurre in ginocchio la ricerca scientifica pubblica, proibendo la sperimentazione in campo aperto di nuovi prodotti geneticamente migliorati. Interi progetti di ricerca pubblica italiana sono bloccati in attesa che si portino a buon fine altrove per poi invadere il mercato italiano. Sono molti gli esempi che hanno atteso invano per due anni l’autorizzazione del ministro Martina per la sperimentazione in campo aperto. Ora saranno vietate.

Ci si deve chiedere come sia stato possibile che la scelta di proibire il progresso scientifico in agricoltura abbiam finora avuto la meglio in Italia. Sicuramente ha influito l’ideologia anti-scientifica e anti-industriale che sacralizza ciò che è “piccolo”, “naturale”, “tradizionale” senza comprendere (né far comprendere ai cittadini) i benefici di prodotti migliorati tecnologicamente (tornereste ai cellulari di 20 anni fa o preferite gli smartphome?). Ha poi influito negativamente l’errata associazione tra un metodo di miglioramento genetico (che produce Ogm) e l’idea che questo crei monopoli, abusi di posizione dominante, coltivazioni intensive, dissesto idrogeologico, sottofinanziamento della ricerca pubblica. Questi e altri fallimenti del mercato, che meriterebbero interventi correttivi e pubblici, sono invece ritenuti – o fatti ritenere manipolando la realtà – come conseguenze dell’operato delle perfide multinazionali che vogliono imporre gli Ogm contro le coltivazioni tradizionali.

Quali che siano le cause, per invertire la rotta è necessario che gli scienziati si alleino con gli agricoltori aperti all’innovazione e si organizzino per informare i cittadini sulla realtà dei fatti – anche per questo a ottobre lanceremo Science for Democracy, una piattaforma internazionale per promuovere il dialogo tra scienza e politica sulla base delle evidenze.

Dalla parte nostra c’è il cosiddetto “diritto alla scienza” sancito dal Patto sui Diritti Economici Sociali e Culturali dell’Onu che protegge e promuove la libertà di ricerca e stabilisce il diritto di ogni essere umano a beneficiare dei risultati del progresso scientifico e tecnologico.